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Assolto dopo un’ingiusta condanna all’ergastolo: «La mia vita è stata bruciata»
Da Nottecriminale9 @NotteCriminaleFinire in carcere è un’esperienza devastante, che ti segna la vita, uno spartiacque al di là nel quale nulla sarà più come prima.
Finire in carcere da innocente a soli 18 anni è tutto questo all’ennesima potenza.
La cronaca recente ci ha riportato la storia del calabrese Giuseppe Gulotta, assolto ieri dopo aver scontato ingiustamente 21 anni di carcere. Nel 1976, appena diciottenne, Gulotta viene arrestato dai carabinieri di Alcamo (Trapani) perché sospettato di aver ucciso, insieme ad altri complici, due militari dell’Arma.
A fare il nome di Gulotta è uno dei suoi presunti complici, l’anarchico Giuseppe Vesco, che coinvolgerà nel delitto anche altre due persone e, pochi mesi dopo, si suiciderà (o, secondo alcuni, verrà ucciso) in carcere. Nel 1990 Gulotta verrà condannato in via definitiva all’ergastolo.
Caso chiuso e dimenticato, come spesso accade. Ma nel 2007 accade qualcosa: l’ex ufficiale dei carabinieri Renato Olino, che aveva fatto parte del gruppo guidato dal colonnello Giuseppe Russo (ucciso dalla mafia nel 1980), dichiara che le confessioni di Gulotta e dei suoi complici erano state “estorte” con l’ausilio di torture sia fisiche che psicologiche.
A poco era valsa, all’epoca, la ritrattazione da parte degli accusati e la loro denuncia delle violenze subite: erano loro gli assassini, punto e basta.
Ora però le parole di Olino gettano una nuova luce sulla vicenda. Viene chiesta e ottenuta la revisione del processo e così da ieri Gulotta è di nuovo, a tutti gli effetti, un uomo libero:
''Ora posso dire che giustizia è stata fatta – queste le sue parole sussurrate dopo la sentenza - La mia vita era stata bruciata. Ora è come portare indietro l'orologio di 36 anni. Chi potrà mai restituirmi quello che mi è stato tolto?''.
Gli altri due suoi complici ancora in vita sono da anni latitanti in Brasile. La Procura di Trapani ha riaperto le indagini sulla strage “contro ignoti” e ha iscritto sul registro degli indagati quattro degli investigatori che avrebbero estorto le false confessioni. Purtroppo questo è solo l’ultimo di una lunga serie di casi di malagiustizia: nel 2008 venne assolto l’allevatore sardo Merchiorre Contena dopo aver chiesto la revisione del processo per il rapimento di Marzio Ostini, per il quale aveva scontato una condanna a 30 anni di carcere. Stessa sorte per il tarantino Domenico Morrone, assolto del 2006 dopo essere rimasto in carcere più di 15 anni per l’omicidio di due studenti. Il barese Giuseppe Lastella si fece 11 anni di galera per concorso in omicidio volontario: nel 2005, dopo nove giudizi, una sentenza definitiva e un processo di revisione venne riconosciuto innocente.
Otto anni e quattro mesi, invece, il periodo trascorso in carcere da Salvatore Grasso, condannato a 26 anni per un omicidio commesso in Germania e scagionato dal vero assassino.
Ancora più eclatante il caso del contadino Salvatore Gallo, condannato nel 1965 per aver ucciso il fratello, trovato sette anni dopo vivo e vegeto. Infine, ricordiamo la vicenda del pastore Rosario Mulé, accusato di aver ucciso nel 1980 il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo (lo stesso, ironia della sorte, che aveva guidato le indagini che avevano portato alla condanna di Giuseppe Gulotta): Mulè, dopo 16 anni di carcere, tornò libero nel 1997. I responsabili del delitto erano altri, tra cui Totò Riina e Leoluca Bagarella.
Questi sono solo alcuni esempi, ma purtroppo i casi sono ancora molti, senza contare quelli che devono ancora venire allo scoperto. Troppo spesso queste storie passano in sordina, non fanno notizia, non gli vengono dedicate puntate speciali di talk show televisivi…
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