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At the End of the Day (di Cosimo Alemà, 2011)
Creato il 13 dicembre 2012 da Frank_romantico @Combinazione_CAt the End of the Day è la prova che si può fare ancora cinema di genere in Italia. Che poi di italiano ci sia solo il cast tecnico, regia e produzione (uguale soldi) poco importa e che il film non sia perfetto (ma quanti lo sono?) importa ancora meno. L'unica cosa che conta, in questo caso, è che non sembra di aver di fronte un prodotto italiano, ma nemmeno un prodotto australiano, americano o inglese: cinema globale, nel senso migliore dl termine, cinema che può essere compreso da noi, da loro, da tutti. Cinema. Non è così, in fondo, che dovrebbe essere?
Laura viene invitata dalla sorella Monica a unirsi a lei e ai suoi amici per una partita di Softair. La zona scelta per giocare è un isolato appezzamento boschivo che però così isolato non è. Brutti ceffi si aggirano da quelle parti e danno il via ad un gioco malviagio che non risparmierà nessuno.
Vi ricordate quando si diceva: gli italiani lo sanno fare meglio? Ora come ora, questa affermazione non è vera in nessun caso (tranne uno, và) e ancor meno è vera nel mondo dell'arte, che si è evoluto lasciandoci a terra, sul lato della strada a far ciao ciao con la manina. Per fortuna qui da noi c'è però chi non si è mai arreso, una manciata di registi che ha continuato a fare il suo, dai più conosciuti Michele Placido ai meno conosciuti Zuccon, Bianchini, Zampaglione e, tra gli altri, Cosimo Alemà.Alemà viene dal mondo dei videoclip, ne ha girati una caterva e, nel 2011, ha deciso di passare al lato oscuro della forza: il cinema. Lo ha fatto con un opera prima che non guarda al nostro passato con rimpianto ma che ha ben studiato il passato di un genere (potrebbe essere l'horror ma potrebbe anche essere l'action), metabolizzandolo e servendolo freddo su un piatto d'argento. Per quanto riguarda me, mi sono accostato a At the End of the Day con un bagaglio di recensioni e critiche positive nella testa quindi, anche se da un lato la possibilità di essere deluso avrebbe dato il via ad un rimpianto infinito, la quasi totale sicurezza di essere di fronte ad un prodotto valido mi ha permesso una visione "felice", priva di paure. In effetti il film funziona e funziona bene.
Un gruppo di ragazzi si ritrova con pazzi scatenati alle calcagna. Stop. Le informazioni che mettiamo insieme su di loro e sui loro nemici sono poche ma ci bastano a vivere una visione senza punti interrogativi: intuiamo chi sia Laura, quale sia il suo background psicologico; intuiamo il rapporto che la lega al prossimo e soprattutto a sua sorella. Intuiamo anche il carattere degli amici di Monica, alcune loro sfumature, senza per questo cadere nella trappola spiegone. I cattivi d'altra parte, pur essendo stereotipati e misteriosi, sanno fare il loro mestiere (una carneficina) e lo fanno non da super uomini o super soldati ma da persone come tante: sciocche, arrabbiate, che prendono decisioni sbagliate e non sempre ineccepibili. Il risultato è un gioco, una sfida a costo della vita che metterà in ansia tanto i personaggi quanto lo spettatore. Un film a metà tra il survivor e l'action-horror stile Predator ma a me ha ricordato anche American Ninja.
Alemà dirige senza lasciare nulla al caso, proponendo un'utilizzo della camera a mano raro nel nostro paese e dimostra quanto abbia imparato in anni di videoclip permettendo ad una favolosa colonna sonora di fondersi con le scene e di creare un'amalgama perfetta. La fotografia graffiata al punto giusto di Marco Bassano è perfetta per imprimere negli occhi dello spettatore il senso di paura e confusione provato dai personaggi mentre il cast, interamente straniero, si rivela di qualità nonostante si tratti esclusivamente di esordienti. La protagonista (Stephanie Chapman-Baker) tra le altre cose è la copia spudorata di PJ Harvey.Se proprio si volesse trovare qualche difetto a At the End of the Day bisognerebbe cercarlo a livello di sceneggiatura, a volte poco equilibrata e non sempre coerente. Ma poca cosa in confronto ad un film spedito, ben girato e con un finale cattivo e senza speranza. E il bello è che l'ha girato un italiano, per una volta, senza farci rimpiangere produzioni ben più costose e distanti da dove siamo noi.
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