La stagionalità oramai appartiene sempre meno al mondo della moda, con un vocabolario che si fa sempre più fitto, tra Cruise Collections, Pre-Collections e quant’altro. Il punto fermo del carrozzone è sempre stato l’appuntamento con l’Alta Moda, un po’ per noia, un po’ per snoberia. Sono ben lontani i tempi della moda da mille e una notte e la fruizione delle informazioni viaggia velocissima in internet.Donatella, comunque, ce l’ha fatta. È riuscita a dare nuovo lustro all’Haute Couture, quel mondo dell’Alta Moda che non segue la tendenza, ma regala (dicono) sogni. O almeno così dovrebbe essere, perché la principale differenza con il Prêt-à-Porter è il lusso che non tutti possono concedersi, il pezzo unico che rende speciale ogni momento.
Atelier Versace racconta una nuova storia, fatta di esplorazione tra maschile e femminile, costruzioni ardite, sensualità marcate e spinte. Un’alta moda moderna, che parla la lingua dell’attualità e volge lo sguardo alle giovani di tutto il mondo.
Se l’Alta Moda è prima di tutto alta sartoria e messa in piedi di un capo da sogno, in questa collezione Donatella dimostra di saper costruire e decostruire abiti e volumi, forme e stili.
Uno chic minimale, senza orpelli, che scopre la donna nei tagli frontali che ne solcano le fome, partendo dai fianchi sui quali si stagliano i corsetti, stretti a loro volta dalle catene in metallo. La novità sono i pantaloni dal taglio maschile, asimmetrici e alla caviglia, e l’abito da sera che diventa t-shirt impreziosita da metalli. Classiche le gonne con tanto di strascico.
Nuovi e vecchi materiali si innestano, dando vita a capi ricchi e monumentali: la romantica duchesse conquista la pelle, la seta si sporca di silicone, l’organza e la lana si coprono di vinile. Donatella mette il punto su una questione fondamentale: non basta il know-how, i materiali preziosi, l’illusione del sogno, l’incanto di lustrini e pailettes. Proprio come il Ready to Wear, anche l’Haute Couture ha bisogno di stimoli e di nuovo e più ampio respiro. E non c’è alcun dubbio che stavolta a Parigi si sia scritto un nuovo capitolo dell’Haute Couture.
Andrea Pesaola