Sì lo so, inizio a stancare, ma devo finire il riassunto del libro, e manca ancora una puntata. In realtà il quinto capitolo lo spiegherò velocissimamente e superficilamente, perché mi ha lasciata un po’ perplessa: sostiene che “l’oligarchia mondiale” vuole “sbarazzarsi della democrazia e delle libertà pubbliche che ne costituiscono la sostanza”. Non vuole instaurare dittature, ma snaturare, “imbastardire” progressivamente la democrazia. Solo che Kempf non mi convince del tutto con gli esempi che porta, anche perché, per lo meno nel nostro paese, spesso quelle che potrebbero sembrare limitazioni delle libertà individuali sono misure per difendere la collettività da minacce serie come le mafie, e la loro abolizione non farebbe che lasciare ulteriore campo libero a mafiosi e corrotti (infatti…).
Però, l’idea che “le crisi a venire, ecologiche e sociali, sottoporranno il sistema democratico a forti tensioni”, è abbastanza evidentemente vera. Non mi sento in grado di sostenere questa tesi con adeguate argomentazioni, che non possiedo, ma solo di offrire lo spunto. Pensiamo un attimo all’Italia. Quali sono alcuni esempi delle conseguenze delle crisi ecologiche e sociali? Per esempio, l’immigrazione di massa dai paesi poveri. E come viene gestita? Checchè dicano i nostri politici, viene gestita con la repressione, la violenza fisica e verbale, la sospensione dei diritti. Pensiamo poi alla Tav in Val di Susa, ai rifiuti a Napoli. Crisi legate all’ambiente. Gestite rispettando la democrazia? Lascio a voi la risposta.
Kempf dice: “per tentare di prevenire la crisi, bisogna al contrario decidere collettivamente di fare scelte difficili, senza le quali i disordini che ci attendono troveranno una risposta dispotica.” In pratica: “una società sobria”, guidata dai valori collettivi Libertà, ecologia, fraternità. Sfidando il ricatto della crescita a tutti i costi e creando anche posti di lavoro attraverso “il trasferimento di ricchezza dall’oligarchia ai servizi pubblici, un fisco pesante innanzitutto verso chi inquina e sul capitale anziché sui lavoratori, delle politiche agricole nei paesi del sud, e la ricerca di efficaci soluzioni energetiche.”
In questa battaglia non abbiamo come alleati, al momento, nè i giornali, che dipendono dalla pubblicità e non riescono a schierarsi per una riduzione dei consumi, né la sinistra, che “ha abbandonato l’ambizione di trasformare il mondo” e “non osa più, se non con un’estrma prudenza di linguaggio, deplorare le disparità sociali.” Dice Kempf: “La sinistra rinascerà unificando le questioni della disuguaglianza e dell’ecologia”, o sparirà.
Comunque, volevo concludere il mio riassunto con una citazione di Alexis de Tocqueville ripresa dallo stesso Kempf, perché è troppo bella, e più che con i ricchi, centra con l’Italia di oggi.
“Credo, dunque, che la forma d’oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassimiglierà a quelle che l’hanno preceduta nel mondo…Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi.“
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