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Attenti ai cretini che sperano di vincere: sono più pericolosi di Monti

Creato il 10 gennaio 2013 da Nino Caliendo

Non vorrei fare il menagramo, come al solito. Ma mi sento come un aiutante di campo di un generale d’altri tempi, che guarda da un’altura la battaglia. E ascolta, senza poter interloquire, cosa si dicono i comandanti. Qualcuno la pensa come me: stiamo perdendo. Sul fianco sinistro non c’è quasi nessuno. Regna la confusione. Bisognerebbe mandare rinforzi, ma non ce n’è. I capi dei reparti sembrano tutti rimbambiti. Qualcuno dei nostri generali, laggiù è passato al nemico. Che fare? Ma c’è di peggio. Vicino al generale c’è qualche cretino – mi permetterei di dire – che pensa che stiamo vincendo. E insiste per un’offensiva. Ma come? Non vedono che, poco più oltre, il nemico dispone di riserve enormi, che entreranno tra poco in battaglia, mentre noi abbiamo soltanto qualche drappello di volonterosi sparsi, con piccole armi a disposizione?

L’unica cosa che nessuno vede – perché tutti guardano il fondo valle – è che alle nostre spalle sta avanzando un cielo nero come il carbone, anzi viola. Si annuncia una tempesta senza precedenti. Si vedono lampi saettanti, senza rumore. E il vento si è già alzato e solleva nugoli di polvere. Bisognerebbe guardarsi le spalle. Paradossalmente la tempesta che sta arrivando è la nostra unica speranza. Certo si abbatterà anche su di noi, ma noi stiamo già perdendo, e siamo più leggeri di loro, comunque. Eppure tutti guardano laggiù, dove non possiamo più vincere, e non capiscono che la tempesta cambierà tutti i metri di giudizio di questa battaglia, fermerà il loro impeto, mostrerà che non possono più avanzare, che s’illudono di vincere, così come i cretini attorno al generale, qui vicino, s’illudono di poter contrattaccare.

Avrete capito che è una metafora. Ma descrive bene il quadro. E’ la nostra battaglia di Borodinò. Napoleone è contro di noi, possente, con le vesti di Monti-Draghi-Bersani. E noi siamo i russi del generale Kutuzov. Che fu saggio e si ritirò in buon ordine, senza ascoltare i suggerimenti dei cretini – mi permetto di dire – che lo incitavano ad attaccare. Lui aveva visto meglio e aveva capito che Napoleone aveva di riserva la sua Guardia Imperiale (fuori della metafora sarebbero i Mercati). C’era il sole (stando all’iconografia) quel 7 settembre 1812. E questa è l’unica differenza rilevante. Qui, adesso, c’è la tempesta in arrivo. E non ci sarà Guardia Imperiale che tenga. Del resto anche attorno a Napoleone ci sono i cretini dell’altra parte. Cretini sesquipedali. Quelli non conoscevano la Russia. Questi non vedono il tornado che arriva. Strano: eppure ce l’hanno di fronte. Dovrebbero aver capito. Penso e ripenso e arrivo alla conclusione che sono diventati ciechi.

O, forse, sono accecati dall’ideologia, dal principio religioso che obnubila lo sguardo della loro mente. Sono consiglieri del Faraone, sono sacerdoti fanatici di una religione ottusa e feroce che si chiama economia, che loro considerano scienza mentre, con ogni evidenza, è solo credenza. In verità anche il Faraone è un sacerdote fanatico della stessa, presunta scienza. Per questo si capiscono e si congratulano, l’un l’altro, mentre avanzano in quella che, tra non molto, sarà una palude impraticabile. Questo mi fa venire in mente la danza dei professori attorno a Mario Monti, Faraone, Generale, Grande Sacerdote. Vedo Ichino, che gli scrive gli appunti per ricevere, in cambio, un posto ministeriale nella Piramide (che è anche una tomba). Vedo i professori Giavazzi e Alesina, che scrivono i loro suggerimenti al Principe sul “Corriere della Sera”.

Loro hanno fatto i loro calcoli sugli astrolabi del tempo presente, quelli che sfilano incessantemente, in basso, sugli schermi del televisore, con le cifre delle Borse. Per loro il mondo intero è rappresentato dalla necessità di tagliare la spesa corrente dello Stato. Questo è l’imperativo. Lo dicono, lo ripetono gli aruspici, come non adempiere? Anzi è lo Stato stesso che deve scomparire del tutto. Il Dio Ra (Reagan) e la Dea Osiride (Thatcher, regina dei morti, non per caso) vogliono il pareggio in bilancio, prima di chiudere i conti e lasciare tutto in balia della mano invisibile del Mercato, che tutti ci seppellirà, amen. Dunque bisogna ridurre le spese del volgo: tagliare sull’assistenza agli anziani, agli ammalati, ai più poveri. Bisogna ridurre anche l’intelligenza del volgo. E dunque tagliare le spese per la scuola, l’istruzione in generale, la ricerca scientifica (cos’è?). Trasformare la plebe in una massa di disperati senza lavoro, o con la necessità quotidiana di trovarlo, per poi perderlo dopo un attimo.

Ma poiché l’imperativo è più vasto, ed è quello di ridurre il perimetro della cosa pubblica, per estendere quello della cosa privata, cioè dei Moloch che stanno in agguato a Wall Street e nella City of London, allora i sacerdoti fanatici perdono ogni senso della cautela. Così propongono altri tagli: aboliamo la Giustizia, aboliamo la difesa dell’Ordine pubblico (“Stiamo vincendo, no? E dunque che paura dobbiamo avere?”). Rimane una sola avvertenza: non scontentare il padrone d’Oltre Oceano. Dunque la riduzione delle spese militari la si farà solo dopo avere chiesto l’autorizzazione di chi comanda.

C’è del genio in questa follia? Forse. Ma solo se Ichino, Giavazzi, Alesina e tanti altri, potranno contare sugli abitanti di Matrix. Lobotomizzati, incapaci di reagire, mandrie transumanti da un Supermercato all’altro, da un Mall all’altro, da un outlet all’altro. Solo così si potrà tornare indietro di duecento anni di storia del capitalismo, e anche di storia della democrazia. E’ vero che i cani da guardia del turbocapitalismo hanno già ricacciato indietro la mandria, anzi il gregge, fin sul bordo del precipizio. E non è nemmeno escluso che riescano a farcelo cadere dentro. Ma poi resteranno soli ad affrontare la tempesta, che non possono arrestare.

Io, che non conto niente, guardo la battaglia, che sembra finita e invece sta per cominciare. E’ una battaglia che non è mai stata combattuta nella storia dell’Uomo. Che è un essere tremendamente stupido, e dunque non può essere guidato che da stupidi. Ma che è anche capace di alzare la testa (lo ha fatto tante volte), trovando i suoi Spartachi, che non leggono nei fondi di caffè, che non si sono fatti lobotomizzare dalla televisione e dal computer e dal cellulare. Che non credono alla scienza sciocca dei Giavazzi e degl’Ichino, della Bocconi e di BlackRock, di Riina e di Al Capone, di Van Rompuy e di Draghi – mi permetto questo accostamento che potrebbe apparire improprio ed è invece molto proprio, perché, come dice Warren Buffett, «sono tutti parte della mia gang». Dobbiamo ritirarci, compagni e amici, sorelle e fratelli. Arriva la tempesta, cerchiamo un riparo. Forse verrà il momento della rivincita. Essenziale saper aspettare senza darsi per vinti. Viva Kutuzov!

Giulietto Chiesa, “Viva Kutuzov!”, intervento per “La Voce delle Voci” ripreso da “Megachip” il 2 gennaio 2013

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