Il cazzarismo (di destra, di sinistra, di ovunque), si riconosce a pelle, si cerca, si trova. Non a caso il 90% di chi ha iniziato col cazzaro Di Pietro è prima o poi transitato verso Grillo, o verso le sciarpette viola (Di Pietro in maschera), o verso, o verso Renzi. E viceversa. In attesa del nuovo Messia.
Mai che i filo-cazzari sbaglino un colpo, e si orientino verso qualcuno che non vuole fare rivoluzioni, vaffanculismi, rottamazioni, asfaltature. Il cazzarismo crea dipendenza, come la nicotina e il metanolo del vino cattivo. Mai sentito un filo-cazzaro tifare per qualcuno che dica "ragazzi, lo so che vi piacerebbe pagare meno tasse, ma non abbiamo una lira, il piatto piange, e dobbiamo fare altri sacrifici, magari distribuiti meglio..."
E' tanto più gratificante, affidarsi a chi promette 1000 euro al mese per tre anni e mezzo a chiunque compia 18 anni e non abbia un lavoro... Esiti degenerativi del berlusconismo sotto altre spoglie. Il "meno tasse per tutti", le tre I, le autostrtade del mare, l'asse Palermo-Trieste-Mosca-Vladivostock, le dentiere gratis per tutti, la sconfitta definitiva del cancro, hanno lasciato il segno.
Cambiano i miracolieri di riferimento, resta l'aspettativa del Nuovo Miracolo Italiano. E nel frattempo votiamo, affinchè facciano il miracolo, per un comico bollito, o per uno incapace persino di fare il sindaco di una città media (dove, per fortuna, si vede molto poco, impegnato com'è a frequentare tutti i talk-show che iddio ci infligge, e a fare improbabiloi "tsunami-tour").
Mi chiedo se questo imbecille ci creda davvero, alle minchiate che dice... Sempre ancorate al genere horror (...asfaltare, rottamare, irrompere come uno tsunami...). Mai un quadro di riferimento da normotipo, come "adesso vi spiego il mio programma, e vi dico persino da dove prendo i soldi, cosa farò con priorità, in quanto tempo").
E a furia di sparar minchiate a reti unificate, sembra che abbia cominciato a stufare. E non lo dice Il Geniale... lo dice Europa, giornale del SUO partito... Tafanus
Risolviamo Problemi
Il calo del sindaco nei sondaggi impone un cambio di passo (Fonte: Paolo Natale, Europa Quotidiano) E’ ormai da quasi un anno che mantiene un invidiabile primato, quello di essere l’uomo politico più amato dagli italiani. Questo è pacifico. Ma ultimamente questo alto gradimento ha iniziato ad essere messo in discussione. Prima dall’avvento di Enrico Letta che, come ho scritto qualche settimana fa su Europa, è divenuto estremamente competitivo in caso di un testa-a-testa con il sindaco di Firenze. Il livello ed il tipo di consensi sembrava accomunare poi l’attuale premier con Matteo Renzi. Entrambi pescano dal medesimo elettorato: il proprio partito, innanzitutto, poi una quota rilevante di adepti del centro e del centro-destra, oltrechè di potenziali astensionisti; infine, in particolar modo Renzi, una frazione decisamente rilevante di elettori del Movimento 5 Stelle, in parziale crisi di fiducia nei confronti del proprio leader Beppe Grillo.
La competizione dunque c’è, e piuttosto importante, visto che i riflettori costantemente accesi sull’operato del presidente del consiglio tendono a rendere la sua figura più luminosa, più centrata sulle cose da fare, anziché su quelle da dire. Poter cercare di realizzare un’opera di risanamento economico così importante, come quello con cui si confronta Letta, fornisce agli elettori elementi di giudizio maggiormente solidi, rispetto ad ipotesi di cambiamento che non si sa quando né se potranno mai essere realizzate.
Da qualche giorno, da quasi un paio di settimane, la figura di Renzi comincia inoltre un po’ a sbiadire nell’immaginario degli italiani. Il suo livello di consensi fino ad un mese fa risultava ben superiore alla metà della popolazione: a seconda dei diversi istituti di ricerca, si andava da un minino del 55 ad un massimo del 65 per cento di giudizi positivi nei suoi confronti. Negli ultimi giorni dunque questo plebiscito ha iniziato a scricchiolare: la perdita di fiducia nel sindaco di Firenze ha toccato quote decisamente significative, quantificabili nel sette-otto per cento dei consensi almeno sufficienti. Ancora più evidente il calo di coloro che si dichiarano entusiasti (quelli che esprimono valutazioni uguali o superiori all’8, in una pagella ipotetica): qui raggiungiamo un arretramento vicino al 10 per cento dei consensi. Il tutto mentre Enrico Letta naviga su livelli di fiducia pressoché inalterati, rispetto alla sua marcia consueta.
Il calo di Renzi riguarda un po’ tutti gli elettorati. Tra coloro più vicini al Pd perde oltre il 10 per cento, tra i centristi quasi il 15, tra gli elettori di centro-destra il 10, tra quelli di sinistra e tra gli astenuti del 6-7 per cento. Gli unici che paiono insensibili a questa deriva sono proprio gli italiani più vicini al movimento di Grillo, le cui quote di consensi non subisce decurtazioni significative. Paiono essere gli unici a “tenere” ancora al sindaco di Firenze, in misura simile ai vecchi tempi.
Quale il motivo di questa (forse temporanea) crisi di Matteo Renzi? Le risposte maggiormente gettonate sono quelle che addebitano questo arretramento di favore a motivazioni legate alla direzione che ha preso il suo discorso negli ultimi tempi. Fino a poco tempo fa veniva giudicato una sorta di paladino di una direzione politica nuova, giovane, inedita, contro la vecchia nomenclatura, con un linguaggio franco e aperto su tematiche di forte presa sulla popolazione.
Oggi la sua narrazione sembra aver perso slancio: si accanisce quotidianamente su temi prettamente legati al “politichese”, alle regole interne, alla distinzione tra segretario del Pd e leader della coalizione, lamentandosi che un po’ tutti gli stiano mettendo i bastoni tra le ruote per impedire la sua vittoria. Questioni che gli italiani capiscono poco, sottigliezze organizzative di cui non sono particolarmente sensibili, tutte interne ad un mondo partitico non molto entusiasmante.
Gli elettori (potenziali) si aspettano altro, che continui nella sua opera di svecchiamento del discorso politico, con maggior concretezza sui temi ed i problemi che attanagliano gli italiani, con parole di solida presa sul percorso futuro del nostro paese. Quello che, in parte, sta facendo all’opposto Enrico Letta. Da qui il disamore (finora comunque contenuto) per Matteo Renzi. Invischiato dalla rete partitica, è tempo per lui di riprendere lo slancio iniziale.
Il “chi-sta-con-chi” dei segretari regionali: Cuperlo in netto vantaggio su Renzi - Perché la partita sui vertici nelle regioni resta la più difficile (Fonte: Rudy Francesco Calvo - Europa)
Perché il nodo più difficile da sciogliere in vista del prossimo congresso Pd è l’elezione dei segretari regionali? La risposta è semplice: in caso di elezioni politiche anticipate e, comunque, andando verso un’ampia tornata di amministrative e, poi, le europee, i vertici regionali del partito detengono un enorme potere di contrattazione sulla scelta dei candidati. Sono gli unici, praticamente, in grado di controbilanciare le scelte fatte a Roma. Matteo Renzi, quindi, vuole evitare l’effetto “anatra zoppa” in caso di una propria elezione a segretario del Pd, mentre dall’altra parte Cuperlo e, soprattutto, Bersani mirano proprio ad “azzoppare” il leader in pectore. E provano a farlo, almeno in questa fase, non cercando candidati vincenti, ma posticipando la data delle primarie regionali e, quindi, prorogando il mandato dei segretari uscenti.
Il perché è presto detto. Su venti di questi, otto sono già schierati apertamente con Gianni Cuperlo e altri due possono essere considerati a lui molto vicini. A sostenere Renzi, invece, sono solo in tre. Molti, ovviamente, prima di pronunciarsi ufficialmente aspettano di capire meglio le mosse dei candidati, soprattutto a livello locale, per puntare a un’eventuale riconferma delle rispettive poltrone.
Al fianco di Renzi c’è il segretario della Lombardia, Alessandro Alfieri. Ma ormai vicino al rottamatore è considerato anche Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna), mentre l’endorsement di Dario Franceschini per conto di AreaDem è stato condiviso anche dal siciliano Giuseppe Lupo. Molto corteggiato da Renzi sembra essere anche il ligure Lorenzo Basso, che però non si è ancora dichiarato, così come anche il laziale Enrico Gasbarra potrebbe alla fine convergere sul sindaco di Firenze.
Più consistente, come detto, è la pattuglia dei segretari regionali schierati con Cuperlo: Enzo Amendola (Campania), Sergio Blasi (Puglia), Lamberto Bottini (Umbria), Alfredo D’Attorre (Calabria), Ivan Ferrucci (Toscana), Silvio Lai (Sardegna), Danilo Leva (Molise), Silvio Paolucci (Abruzzo). Ma sulla stessa posizione possono essere considerati anche Vito De Filippo, che alla primarie per le elezioni regionali in Basilicata sostiene il candidato cuperliano, e Palmiro Ucchielli (Marche).
Per conoscere le scelte degli altri bisognerà attendere ancora. Per il momento, si può notare che l’unico che potrebbe tirarsi fuori dal bipolarismo Renzi-Cuperlo è il segretario della Valle d’Aosta, Raimondo Donzel, che si dimostra attento ai contenuti su cui insiste Pippo Civati.
Interventi a confronto
L'intervento di Gianni Cuperlo
L'intervento di Matteo Renzi
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Assemblea Pd, Cuperlo vince la sfida dell’applausometro
L'auditorium Conciliazione reagisce con maggior calore a Cuperlo che agli altri candidati per la segreteria, dietro di lui Renzi poi Civati e (staccato) Pittella«Qui dentro vogliamo vincere tutti». È su questo passaggio che l’assemblea del Pd ha regalato a Gianni Cuperlo l’applauso più fragoroso tra tutti quelli riservati agli interventi dei candidati, facendogli vincere la sfida dell’applausometro. Dopo tredici minuti di discorso, interrotti complessivamente 15 volte dagli applausi della sala, Cuperlo è stato salutato da un lungo applauso finale, di 40"
Seconda piazza per Matteo Renzi. Il suo è stato l’intervento più lungo (...e te pareva... E ora, e ora, potere a chi perora! NdR), oltre 17 minuti e il sindaco di Firenze è stato interrotto dagli applausi in undici occasioni. Meno numerosi di quelli tributati a Cuperlo, che l’ha preceduto, ma in media di maggiore intensità. Si segnala la presenza di un supporter particolarmente acceso che ha emesso un «bravo!» scandito ad alta voce praticamente ad ogni passaggio di Renzi, suscitando il fastidio della sala. 18 secondi di applausi hanno salutato il rottamatore.
Terzo posto per Pippo Civati. È stato l’ultimo a parlare tra i candidati e anche quello che ha parlato meno: 11 minuti interrotti da 11 applausi per l’intervento del deputato lombardo, critico con i tempi e le modalità con le quali si è arrivati alla decisione sulle regole per le primarie. 10 secondi di applausi per lui al momento di congedarsi.
Quarto classificato Gianni Pittella. Il suo intervento dai toni accessi, durato 12 minuti, ha riscosso pochi consensi in una sala che si stava progressivamente svuotando al termine degli interventi di Cuperlo e Renzi. Dopo diversi richiami della presidenza a mantenere l’ordine in platea Pittella ha potuto concludere il suo discorso ricevendo 9 (flebili) applausi dalla sala.