«Le donne – diceva Oscar Wilde – sono fatte per essere amate, non per essere capite». Massima stima per Wilde, ma questa volta ha preso un granchio grande come una casa. Non perché le donne non debbano essere amate, ovviamente; ma perché stabilire a priori l’impossibilità di comprenderle sa tanto di alibi, di legittimazione preventiva per condotte irriguardose. Perciò, cari maschi, correggiamo il grande aforista e riconosciamolo: le donne, per essere amate davvero, debbono essere capite.
Magari non ci riusciremo subito, magari non ci riusciremo bene, magari fino in fondo non ci riusciremo mai. Però almeno proviamoci: le donne, possiamo scommetterci, non mancheranno di apprezzare lo sforzo. Quindi oggi regaliamo pure le mimose, per carità, ma domani ricordiamoci di donare attenzioni. Oggi benissimo la galanteria, ma d’ora in poi teniamo più presente il rispetto. Oggi diamo pure una spolverata al dizionario più dolce e il resto dell’anno evitiamo, se possibile, parole amare, che possano ferire.
Venendo a voi, care donne, perdonerete se proprio non riesco a fare gli auguri a tutte. Nel senso che ritengo opportuno rivolgerli singolarmente a ciascuna di voi, vicine e lontane. Auguri perciò ad ogni donna: a quella che tiene in grembo un figlio e a quella che ha un sogno nel cassetto; a quella che è sola perché non è amata e a quella che sola si sente, perché non lo è abbastanza; a quella cui qualcuno ha rubato il sorriso e a quella che sorride sempre, alla ricerca di altri sorrisi.
Auguri ad ogni donna, quindi e un invito finale a tutte quante: cercate di essere voi stesse e non brutte copie degli uomini; né credete che gli uomini lo siano di voi. Tenetevi stretto il vostro proverbiale istinto e liberatevi della tentazione di pianificare questo e quello: diventereste forse più efficienti, ma anche robotiche; ai vostri traguardi arrivereste magari sempre vittoriose, ma in fondo non vi sentireste mai vincenti. Soprattutto – quel che è peggio – non sareste più voi. E sarebbe un vero peccato.
Auguri!
P.S. so benissimo che l’8 marzo si basa su una menzogna storica - mai c’è stato, l’8 marzo 1908, un rogo con 129 lavoratici morte a New York: l’incendio della Triangle Shirtwaist Factory, così si chiamava la fabbrica, avvenne nel marzo 1911, a “Giornata della donna” già istituita, e non l’8 bensì il 25, e a lasciarci la pelle furono anche degli uomini – ma per una volta chiudiamo un occhio e apriamo, anzi spalanchiamo il cuore.