Una mia conoscente mi ha riferito di avere acquistato, in un importante negozio cittadino di giocattoli , un regalo per suo nipotino, pagando il prezzo di € 69,00. Soddisfatta per l’acquisto effettuato la mia conoscente, il giorno dopo, si è recata in un centro commerciale appena fuori città (nell’hinterland cagliaritano per capirci), e con stupore ha visto lo stesso oggetto in vendita al prezzo di € 25,00.
Sentendosi presa in giro ha telefonato ad un amico di famiglia che fa parte della Guardia di Finanza. L’amico, ovviamente, l’ha invitata a recarsi in una caserma al fine di sporgere una denuncia, non senza averle raccomandato di tenere gli occhi aperti sui prezzi, in quanto la migliore tutela del consumatore è l’attenzione al momento di acquistare. Non so poi come sia finita; se la mia conoscente si sia o meno recata a sporgere denuncia ovvero se in caserma le abbiano rifiutato la denuncia in quanto non rilevante (a volte succede, soprattutto quando le caserme, come in questo periodo, sono affollate di cittadini avvelenati, non sempre nella piena ragione dei loro diritti).
In effetti la questione è alquanto delicata. Qui non si tratta di fare causa o meno: con questi importi è già troppo se si fa una segnalazione, con raccomandata, all’Autorità Garante della Concorrenza(Piazza G. Verdi, 6/a 00198 Roma) ovvero ad una Associazione che tuteli i consumatori (meglio se una di quelle presenti nell’Elenco accreditato c/o il Ministero dell’Industria, facilmente reperibile on line su tanti siti; a titolo d’esempio :http://www.altalex.com/index.php?idnot=1882 .
Sul piano strettamente giuridico, sino a qualche anno fa, non era ipotizzabile, nel caso di specie, alcun rimedio; eccezion fatta, a voler essere pignoli, dell’azione generale di rescissione per lesione (art. 1448 c.c.), la quale, però, è prevista esclusivamente quando la sproporzione tra le prestazioni dei contraenti (denaro contro merce nel caso sottopostomi dalla mia conoscente), eccedendo la metà del valore dell’altra prestazione, è dipesa dallo stato di bisogno dell’altro contraente; come si intuisce tale azione è applicabile al caso di specie; oppure, volendo essere ancor più pignoli, la mia conoscente potrebbe eccepire un su vizio del consenso (artt. 1427 e ss. c.c.); nel senso che la sua volontà non si sarebbe espressa favolevolmente all’acquisto dell’oggetto, qualora essa avrebbe conosciuto che la sua qualità era inferiore al prezzo richiesto; (ma sarebbe una costruzione traballante da un punto di vista sistematico, almeno per come si è consolidata la giurisprudenza restrittiva sull’art. 1429 del c.c..
Senonché adesso bisogna fare i conti con il Codice del consumo.
Si tratta, per gli addetti ai lavori e non, del Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 che ha svecchiato non poco la gerontocratica disciplina codicistica italiana, adeguandola alla più duttile e moderna normativa comunitaria, tutta pretesa, come è noto, a favorire ed a tutelare i consumatori.
Ebbene, mi sento di poter dire, a prima vista e a caldo (ma ovviamente uno studio più approfondito potrebbe anche condurre a risultati differenti), che il nostro commerciante cittadino sia incorso nella violazione dell’art. 21 , 1° c., lett. d) del sopra calendato Codice di Consumo, inducendo, per dirla con le parole della legge , ” in errore il consumatore medio[ nel portarlo] ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, con riguardo al prezzo o al modo in cui questo e’ calcolato o all’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo“.
Attenzione a non criminalizzare, per partito preso e con eccesso di pregiudizio, tutta la categoria dei commercianti (e in particolare quei pochi che resistono stoicamente nei vari centri storici cittadini); nel caso di specie può essere successo che il mega-store dell’hinterland abbia praticato sconti sottocosto (in tal caso credo che abbia, a sua volta, violato la libera e leale concorrenza, ma non ne sarei poi tanto sicuro, dal momento che tutto è bene ciò che avvantaggia il consumatore; io, poi, che detesto il monopolio ne sono ancora più convinto); ma qui la sproporzione è tale da fare insorgere legittimamente il sospetto che l’importante negozio cittadino abbia operato un ricarico eccessivo sull’oggetto acquistato dalla mia conoscente.
E questo, al di là della legge, è scorretto e ingiustificato dal punto di vista dell’etica professionale.
Auguri a tutti!