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Auguri Roby Baggio

Creato il 18 febbraio 2013 da Mrmontag

Il titolo è banale ma per una buona causa: oggi è il compleanno di Roberto Baggio.
Tanto basta per farmi, farci, emozionare.

Questo non è un post celebrativo, non serve. La rete è zeppa e zuppa di “buon compleanno Roby” fino quasi a perdere il suo significato. Che non sono nemmeno più celebrazioni; è più un ficcarsi in mezzo alla mischia e poter dire “anch’io ho fatto gli auguri a Baggio“.

Baggio.
Robertobaggio.
Già dire “Baggio” evoca anche al tifoso distratto ed occasionale, vistose erezioni cutanee. Perchè Roberto è stato campione assoluto a modo suo.
Un modo personale, proprio e privato che lo ha reso Storia proprio per questo suo passare lieve; segnare un’Epoca dove il divismo stava nascendo.
Lui c’era prima.

La cosa bella di Baggio (dirò Baggio molte volte. Esteticamente brutto ma anche sticazzi) è che ciascuno di noi, volente o nolente, ha un’immagine diversa del giocatore. Ognuno che riconosca la parola Baggio ha un ricordo, un’emozione diversa, difficilmente negativa.

Questo è il mio Roberto Baggio

Questo è il mio Roberto Baggio

Perchè Roberto Baggio, alla fine, è di tutti.

Pensaci un attimo: se ti dico Baggio sicuramente te lo ricordi con una delle casacche che ha vestito durante la sua carriera ma principalmente ti viene in mente la maglia Azzurra della Nazionale.
Te lo ricordi? Quando la Nazionale era composta da giocatori e non da starlette? Te lo ricordi?
Anche se sei piccolo o piccola dovresti ricordartelo, su. Erano quelli che avevano pantaloncini, maglietta, calzettoni, scarpini NERI e basta (si, vabbè, Taribo West era un caso a parte…)

E quella, che era la Nazionale di tutti, era anche la Nazionale di Baggio. La tua.

Quel dieci. Quel, dieci...

Quel dieci. Quel, dieci…

Baggio è quindi una storia multiforme, diversa; ma anche tenera e umana. Fatta di errori, infortuni, rivalse e vittorie.
Il Baggio italiano della Diadora.
Il Baggio della Juvemilaninter ma anche del Bologna e del Brescia. Capace di essere Baggio al Brescia. Con Mazzone, non Mourinho.

Se ti viene da piangere puoi farlo. Non vergognarti. Io lo sto già facendo.

Se ti viene da piangere puoi farlo. Non vergognarti. Io lo sto già facendo da un po’.

Vallo a dire a Cristiano Ronaldo o Ibrahimovich o Neymar, fenomeni puri, di giocare con Tare e illuminare lo stadio (il Rigamonti, ad esempio) con una giocata. Vallo a dire a Messi (ripeto, MESSI) di togliersi dalle spalle Iniesta e Xavi e di segnare 90 gol. Anzi, prendi Messi e mettigli dietro i gemelli Filippini, Bachini e Bisoli, poi digli se gli va bene lo stesso.
Dai, vaglielo a dire, ti aspetto qui.

Leo abbassa la voce e stai calmo. Da oggi gli assist te li fornisce Emanuele Filippini. E muto.

Leo abbassa la voce e stai calmo. Da oggi gli assist te li fornisce Emanuele Filippini. E muto.

Fatto?
Bene. Parlavamo di Roberto Baggio, però.
Del codino di Baggio.

Il Divin Codino, diventato poi parlata comune ed eloquio nazionale, non si è costruito: è nato. Da che ho memoria Roberto porta i capelli lunghi, prima neri poi imbiancati; un giorno, decide di raccoglierli in un codino. Passano gli anni e cambiano le acconciature ma il codino rimane. Un piccolo vezzo discreto, come lui. Tutto qua.
Anche questo era ed è Baggio.

Perchè se mi metto a fare il paragone con i vezzi estetici dei giocatori di oggi posso anche smettere di scrivere su questo blog. E poi mi arrestano.

Baggio è di chi ama il calcio prima delle maglie, di chi sa applaudire una giocata vera fatta prima col cervello e poi con i piedi. Di chi apprezza un gol da calcio d’angolo, di chi si emoziona per un passaggio che, sulla carta, non esiste. Di chi si ricorda il rigore sbagliato o la barella che lo porta fuori dolorante. Di chi si ricorda il gol con la Cecoslovacchia quando si chiamava “Cecoslovacchia”.

Baggio non è dirigente (non più, almeno). Non è allenatore riciclato, non è commentatore da campo o telecronista reinventato; non è opinionista da salotto. Non è un tatuaggio o un’esultanza. Non è uno spot da tv o una marca di scarpini.

E’ Roberto Baggio e tanto  basta.

La Storia è anche questo, non dimentichiamocelo

La Storia è anche questo, non dimentichiamocelo

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