Se questo è un uomo
“Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e i visi amici:
considerate se questo è un uomo,
che lavora nel fango,
che non conosce pace,
che lotta per mezzo pane,
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna
senza capelli e senza nome,
senza più forza di ricordare,
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore,
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca
i vostri nati torcano il viso da voi.”
Primo Levi
All’interno di Auschwitz
Durante un viaggio in Polonia da Cracovia a Varsavia, nel novembre 2014, non possiamo assolutamente mancare una visita ai campi di concentramento tristemente noti con i nomi di Auschwitz, Birkenau e Monowitz, simboli dell’Olocausto. Per interesse, per conoscere quello che accadde, perchè vedere con i propri occhi e ascoltare la storia, anche se la si conosce, fa sempre riflettere. Per non dimenticare quello che fu, per onorare e rispettare le vittime di quei luoghi, per cercare di comprendere (ma non si può) le dinamiche che possono spingere degli uomini a fare delmale in modo sadico e tremendo ad altri essere umani come lui. Per conoscere e sperare che non accada più: che qualcuno si senta superiore ad un altro, che qualcuno abbia diritto di torturare ed uccidere uomini, donne e bambini, perchè considerati inferiori, diversi, da eliminare.
Amo viaggiare da sempre, ma solo ora comprendo quanto sia importante un viaggio in questa terra, prima ancora di andare lontano per vedere altre popolazioni e modi di vivere, guardiamo intorno a noi quello che è stato e ci ha colpito da vicino. E’ uno dei luoghi turistici più visitati al mondo, più strazianti, la visita guidata dura circa tre ore e mezza attraverso i due campi: ricordatevi che è storia, tutto è realmente accaduto, anche se pochi tentano di negare o minimazzare.
Block e filo spinato ad Auschwitz
Ero già stata nel campo di concentramento di Dachau in Germania molti anni prima, e già era stato un percorso triste e faticoso a livello emotivo e psicologico, tra la cenere e la crudeltà umana. Dachau fu il primo campo di concentramento, ispirò gli altri e passò presto alla funzione di campo di sterminio. Ma Auschwitz I e II (Birkenau) sono stati, se possibile, qualcosa di ancora più grande. Organizziamo la gita di una giornata intera partendo da Cracovia, con una guida che ci spiegherà come sono andate le cose, dal tremendo cancello d’entrata con la famosa scritta ” Il lavoro rende liberi”, la prima bugia dei nazisti detta ai prigionieri, fino alle stanze, agli edifici e alle foto dei prigionieri. Si può anche visitare il sito da soli girando liberamente, ma consiglio assolutamente la visita guidata perchè completa e dotata di spiegazione. E’possibile prenotare anche visite speciali di 6 ore o di due giorni.
Arbeit macht frei: il lavoro non avrebbe reso libero nessuno, i campi erano stati pensati per annientare e massacrare le persone attraverso il lavoro, la fame, gli stenti, le malattie, le torture, gli esperimenti…veniva detto che esisteva solo l’entrata, l’uscita sarebbe stata attraverso i tubi dei camini…come a Mauthausen, altro terribile campo austriaco, i prigionieri lavoravano nelle condizioni più estreme, fino al momento in cui non si reggevano più in piedi, corpi di 30/40 kg che cadevano in avanti sfiniti (i nazisti li chiamavano musulmani, perchè cadevano come in posizione di preghiera).
Auschwitz: il lavoro rende liberi. Una frase, una presa in giro.
Auschwitz è il nome tedesco che purtroppo questo luogo ha mantenuto: nelle mappe polacche si chiama Oswiecim. Il campo di concentramento di Auschwitz fu uno dei tre campi principali, patrimonio mondiale dell’umanità Unesco; il secondo che andremo a visitare è il campo di sterminio di Birkenau ed il terzo, non visitabile, quello di Monowitz, dove fu prigioniero Primo Levi. Questi sono i luoghi simbolo dei lager nazisti, per completare la soluzione finale del problema ebraico. I prigionieri vissero qui come schiavi, con un numero tatuato sul braccio, nelle più miserabili condizioni di salute, con solo zuppa o surrogato di caffè come cibo, un pigiama e un paio di zoccoli, nonostante il rigido inverno polacco, lavorando più di 10 ore al giorno.
Morirono circa 70.000 persone ad Auschwitz, non solo per fame e malattia, ma per omicidio, torture, esperimenti illeciti sugli esseri umani utilizzati come cavie…asportati organi sani spesso senza anestesia, iniettate malattie gravissime come la malaria, amputato arti… moltissime donne vennero sterilizzate e rovinate per sempre. I prigionieri, oltre ai deperimenti fisici, venivano annientati psicologicamente da continui insulti e sofferenze e alcuni si suicidavano contro il filo spinato per porre fine all’agonia. Per i nazisti lo scopo era creare una razza ariana ed eliminare tutti quelli ritenuti inadatti ed inferiori, soprattutto gli ebrei, ma anche religiosi, avversi al partito fascista, zingari…
Pagliericci dove dormivano ammassati i prigionieri di Auschwitz
Ad Auschwitz, aperto il 14 giugno 1940, abbiamo potuto visitare le camere a gas, i forni crematori e le stanze degli edifici (chiamati Block, studiati per accogliere circa 300 persone ma alla fine arrivarono a contenerne anche mille) dove dormivano con della paglia per terra, oppure sul duro legno, ammassati uno sull’altro per scaldarsi, diffondendo ancora di più germi e batteri. I letti a castello potevano contenere una o due persone, ma dormivano in 5 o 6, erano migliori i piani superiori, in quelli inferiori si dormiva direttamente per terra nel fango ed era più facile ammalarsi. Periodicamente venivano spesso effettuati controlli medici di pochi secondi, nel quale i tedeschi decidevano della vita di una persona con un semplice gesto della mano. Nei campi non esistevano servizi igienici, molte persone morirono di malattie come tifo e diarrea, per le epidemie e per il gelo.
Auschwitz
Commoventi sono i resti degli averi dei prigionieri, dalle valigie alle scarpe, dalle pentole alle creme da barba, poichè a loro veniva detto che sarebbero stati trasferiti e partivano con quello che potevano. Le cose più belle furono mandate in Germania e vendute dai tedeschi, come i vestiti e i gioielli, mentre tutto ciò che non era di valore è visitabile in questo luogo rimasto come museo:quello che vedrete è quindi solo una minima parte ed è già impressionante. I tedeschi si arricchivano con tutti gli oggetti rubati e prelevavano anche dai cadaveri i denti d’oro…
Toccante il mucchio di occhiali, le protesi e soprattutto l’ammasso di capelli di queste povere persone, che non ho volutamente fotografato. I prigionieri arrivavano in vagoni per bestiame, senza bere, senza mangiare e molti morivano durante il viaggio, restando ammassati contro i vivi per giorni interi. Dopo questo viaggio terrificante, venivano divise le famiglie, portati via i figli alle madri, aggiunta angoscia alla disperazione.
Scarpe originali ammassate…
Le valigie dei prigionieri
Le foto dei prigionieri…
In un corridoio si possono vedere alcune foto in primo piano dei prigionieri appena arrivati e dopo poco tempo che erano all’interno del campo: sono irriconoscibili, tutti uguali senza capelli, con uno sguardo vuoto, spaventato, gli occhi incavati e tanti kg in meno. Non sono numeri, sono persone e ognuna di esse aveva una sola possibilità di vita, come tutti noi. La sopravvivenza stimata in queste condizioni era di due o tre mesi. Il Block 11 era chiamato il Blocco della Morte, abbiamo visitato le celle dei sotterranei dove gli uomini stavano nel buio più totale senza poter stare nè in piedi nè coricati, lo spazio era esiguo e claustrofobico. Non si riusciva a respirare e il mattino dopo venivano tirati fuori diversi cadaveri. Nel cortile appena fuori si trova il Muro della Morte dove venivano fucilati i detenuti.
Muro della Morte
Birkenau fu il lager operativo dall’8 ottobre 1941, nel quale persero la vita un milione e 100.000 persone. In un giorno arrivavano a bruciare 4.500 cadaveri, non solo ebrei, ma anche zingari, omosessuali, criminali, malati di mente, inabili… tutti quelli che non piacevano ai nazisti (e ce n’erano!); ad un certo punto non bastavano più i forni crematori e gli ebrei vennero bruciati in roghi aperti e seppelliti in fosse comuni… chi era inabile al lavoro veniva subito ucciso, come donne e bambini, vecchi e malati. Le donne incinta o che avevano figli venivano subito uccise, anche se in salute, poichè sapevano che non avrebbero lavorato dopo l’uccisione dei loro figli. Molto tristi le foto dove si possono vedere gli sguardi spaventati dei bambini, dopo un viaggio in treno lungo giorni, ammassati come bestie senza acqua nè cibo o quelle che ritraevano le madri convinte di poter andare a lavarsi con i figli, mentre stavano andando alle camere a gas. Un’altra sadica bugia dei nazisti erano le camere a gas: si illudeva i prigionieri di mandarli a fare una doccia e invece dell’acqua sarebbe uscito il gas Zyklon B.
Forni crematori
La triste entrata del treno di Birkenau, nota grazie a documentari e film.
Birkenau è immenso, percorrendo dall’ingresso principale i binari del treno fino al monumento alla memoria delle vittime, si percorrono circa 2 km. Lo scopo di questo campo fu solo l’eliminazione di massa, anche qui attraverso il duro lavoro, le percosse e gli esperimenti.
Spesso le lacrime mi salgono agli occhi, ma continuo a guardare e continuo ad ascoltare il racconto della guida. Lo scopo perverso di questa opera viene riportata da Simon Wiesenthal, attraverso le parole di un soldato delle SS, che disse che nessuno sarebbe rimasto vivo per raccontare quello che era successo e che quindi il mondo non avrebbe mai saputo, e anche qualcuno fosse sopravvissuto, nessuno avrebbe mai creduto alle sue parole. I nazisti hanno anche cercato di bruciare e abbattere tutto, per cercare di nascondere le prove, alla notizia dell’arrivo degli Alleati, ma non ci sono riusciti. Quello che i nazisti volevano cancellare, è arrivato a tutto il mondo forte e chiaro. I lager erano fabbriche della morte. Ci sono persone che negano in parte quello che è successo, che minimizzano i dati e il numero dei morti, che dicono sia una leggenda quella del sapone fatto con il grasso umano dei cadaveri… ma sono una minoranza. Io spero che non venga mai dimenticato, che non venga mai più negato, che non accada più.
La vastità di Birkenau
I letti a castello di legno dove dormivano ammassati i prigionieri a Birkenau
Riflessi…
Non sto a descrivere tutto il percorso, sperando che possiate tutti visitare di persona il Museo di Auschwitz-Birkenau un giorno, anche perchè più che una visita ai campi di concentramento è un percorso interiore di sentimento, che ognuno vive a modo suo. Non sto neanche a descrivere più a fondo le condizioni di vita dei prigionieri, la morte nei forni crematori o nelle camere a gas perchè è tristemente conosciuto spero da tutti. Il 27 gennaio di ogni anno ricorre la Giornata della Memoria in ricordo di tutte le vittime dell’Olocausto e della Shoah.
Oggi all’entrata di Auschwitz si trovano un bar e un ristorante…all’epoca il comandante tedesco abitava in una villa accanto ai block, in fondo al viale, visibile ancora oggi, da dove si poteva sentire l’odore dei corpi e le urla strazianti: vi abitavano la moglie e i 5 figli ed era un padre modello quanto un efferato assassino. La banalità del male. Perchè purtroppo è proprio vero che le persone più anonime, insospettabili e banali possono compiere gesti disumani e sadici nel pieno di un’epoca moderna e di un paese civilizzato.
Durante il viaggio di ritorno in aereo mi sono riletta tutto d’un fiato il libro ” Se questo è un uomo” di Primo Levi, alla luce di quello che avevo appena visto. Come siamo fortunati, nelle nostre case, con le persone care, fortunati a poter studiare, viaggiare, dormire in un letto caldo e uscire con gli amici. Come siamo fortunati.
Il sole tramonta a Birkenau…e lascia il posto alla riflessione…