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Australian Open: Nadal KO, out anche Venus

Creato il 28 gennaio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Sono stati dei quarti di finale atipici quelli che si sono svolti in questa edizione degli Australian Open nell’ambito dei tabelloni di singolare. Poca battaglia, ancor meno equilibrio e tanti risultati (sette su otto) “in straight sets”, ossia vittorie senza concedere nemmeno un parziale allo sconfitto. Ne vengono fuori quattro semifinali molto varie: Wawrinka sembra di nuovo sui binari dello scorso anno, ma troverà ancora Nole Djokovic, Rafa Nadal saluta e lascia spazio al nono round della rivalità Berdych - Murray, Serena Williams e Maria Sharapova proseguono a velocità di crociera verso la finale più attesa, ma dovranno stare accorte all’ultimo step, quando troveranno due ostiche connazionali dalla grande motivazione.

Tra le tante partite a senso unico di questa due giorni a Melbourne Park, luccica ancora l’ultima speranza italiana, rappresentata dalla ormai consolidata coppia Bolelli/Fognini, che si qualifica per il penultimo atto di uno Slam per la terza volta, dopo i tentativi falliti tra US Open 2011 e Australian Open 2013. Gli azzurri hanno affrontato nella notte il team composto da Cuevas e Marrero, quest’ultimo vincitore del Master 2013 con il partner degli ultimi anni Verdasco, e, dopo un andamento costantemente parallelo al servizio, si sono aggiudicati con cinismo e concretezza i due tie-break, che li proiettano nuovamente in semifinale in Australia a ventiquattro mesi dalla sconfitta contro i gemelli Bryan. Questa volta gli avversari saranno i solidi e competitivi Rojer e Tecau: il primo è campione in carica del doppio misto del Roland Garros, il secondo ha raggiunto tre finali consecutive a Wimbledon con lo svedese Lindstedt (perdendole tutte), e dall’inizio della loro collaborazione hanno vinto otto tornei in un anno su dieci finali disputate. Non sarà una sfida agevole, ma la storia per Fabio e Simone è ad un passo, visto che l’unica coppia tricolore ad essersi giocata un Major al maschile è stata, o meglio fu, Pietrangeli/Sirola, sconfitta nel 1955 e campione nel 1959, in ambo i casi a Parigi, e perdente anche a Wimbledon nel ’56.

Spostiamoci allora sul singolare, dove purtroppo non c’è stata partita in nessuno dei quattro incontri in programma. Il risultato più clamoroso è senza dubbio la vittoria di Tomas Berdych nei confronti di uno spento Rafael Nadal, specialmente perché il mancino di Manacor si era aggiudicato gli ultimi diciassette precedenti contro il ceco e sembrava aver preso fiducia dopo i buoni segnali arrivati contro Sela ed Anderson. In appena un’ora di gioco il punteggio recita 6-2; 6-0 ed il terzo cappotto subito da Nadal in un parziale in uno Slam sa di resa; in realtà, all’inizio del terzo lo spagnolo torna perlomeno a combattere, regge nello scambio, ma si spegne sul più bello, nonostante riesca ad annullare tre match-point all’avversario. Recuperati i due mini-break di svantaggio nel game decisivo, infatti, Nadal avrebbe la possibilità, vincendo due punti con la battuta, di arrivare a set-point e di iniziare un’impensabile scalata: non ce la fa e Berdych lo punisce al quarto tentativo di chiudere la contesa. È un 6-2; 6-0; 7-6 che fa male a Nadal e che lo fa distanziare ancora di più dal vertice del ranking, mentre per Berdych arriva la seconda semifinale in fila agli Australian Open, oltre alla consapevolezza di aver fatto scattare un qualche interruttore grazie al quale potersi finalmente accostare ai giganti di questa età dell’oro tennistica. Il prossimo sulla sua strada sarà un altro giocatore rinvigorito dalla pausa tra il 2014 e il 2015, cioè Andy Murray. Lo scozzese raggiunge la quindicesima semifinale Slam della carriera (la quinta a Melbourne) zittendo uno stanco e spento Nick Kyrgios con il punteggio di 6-3; 7-6; 6-3. Il giovane padrone di casa ha dimostrato ancora una volta di poter essere quasi pronto per rimanere stabilmente a questi livelli, ma i passaggi a vuoto e le distrazioni, specialmente nelle prime fasi di un torneo tre set su cinque come un Major, sono ancora troppo frequenti e diminuiranno soltanto con l’esperienza ed una presenza maggiore sul circuito, che dopo questo risultato positivo saliranno senza dubbio. All’Australia rimane solo più lo show dei campioni rimasti in gara a Melbourne Park e, perché no, la nazionale di calcio in finale di Coppa d’Asia: non una magra consolazione!

L’altra semifinale maschile è ormai un grande classico degli Australian Open: toccherà un’altra volta a Djokovic Wawrinka, ogni edizione un turno più avanti. La storia parte con gli ottavi di finale del 2013, in una delle partite più spettacolari delle ultime stagioni, con la vittoria del serbo per 12-10 al quinto set, e prosegue con la grande rivincita ai quarti della scorsa edizione, con Wawrinka lanciato verso il suo primo titolo Slam dopo aver superato l’allora numero 2 ATP per 9-7, di nuovo al parziale decisivo. In tutto fanno 115 game in due sfide epiche, ad un livello di gioco altissimo, che tutti ci auguriamo si possa ripetere nella semifinale di quest’anno. Hanno infatti deluso le aspettative i rispettivi oppositori Milos Raonic e Kei Nishikori. Il primo è stato strapazzato 7-6; 6-4; 6-2 da Djokovic, senza ottenere nemmeno una palla break e conquistando la miseria di 12 punti in 14 giochi alla risposta; il canadese di origine montenegrina conferma quindi ulteriormente le supposizioni che lo credono ancora impreparato alle sfide con i suoi colleghi della Top 10 e deve rimandare ancora il grande botto che lo potrebbe far esplodere definitivamente. Nishikori, invece, di botti ne ha già vissuti alcuni, come quelli dello US Open di pochi mesi fa, ma è incappato in una strana “giornata no” contro il campione in carica, che pur facendosi annullare una striscia di cinque match-point sul 6-1 nel tie-break, si è imposto per 6-3; 6-4; 7-6, spinto da una convincente prestazione al servizio, il colpo chiave della prossima ed ennesima battaglia contro Nole. Una chicca statistica: sia il serbo che lo svizzero hanno conquistato 100 punti esatti per sbarazzarsi dei loro avversari nei quarti di finale.

Le semifinali femminili saranno, d’altra parte, due derby appassionanti e ricchi di spunti. Incominciamo da quello statunitense, che non sarà quello che molti (se non tutti) attendevano: niente Serena Venus, niente sfida in famiglia, bensì Serena opposta al nuovo fenomeno Madison Keys, 20 anni ancora da compiere ed un repentino quanto pronosticabile salto di qualità, fino a raggiungere le ultime quattro del torneo Down Under. La numero 1 della classifica mondiale WTA non si è fatta intimorire dalla Cibulkova e l’ha schiacciata senza pietà con un doppio 6-2, grazie alla bellezza di 15 ace in otto turni di battuta. La Keys ha invece eliminato la maggiore delle Williams in una partita tesa e dal saldo negativo vincenti/errori per tutte e due le protagoniste, con lo score finale di 6-3; 4-6; 6-4, impedendo così il duello tra le sorelle. Ora un ulteriore gradino corrisponderebbe ad un miracolo per la neo pupilla di Lindsay Davenport, che al suo primo Slam da coach ha già lasciato un’impronta assolutamente evidente; Serena ha infatti vinto sedici delle ultime diciassette semifinali Major a cui si è qualificata, e tutte le ultime otto, contro nomi ben più pesanti di quello di Madison Keys.

L’altro derby vedrà invece di fronte le russe Maria Sharapova ed Ekaterina Makarova, in un match che in passato ha sempre favorito la più quotata tra le due (5-0 i precedenti per Masha, di cui due dominati proprio nei quarti di finale degli Australian Open 2012 e 2013). La Makarova, tuttavia, è all’apice della carriera, cone dimostra la seconda semi in fila dopo quella persa da Serena Williams a settembre a New York, e ha appena estromesso dal torneo la romena Simona Halep, irriconoscibile nella sconfitta subìta per 6-4; 6-0 sulla Rod Laver Arena. La Sharapova, con la solita convinzione e la proverbiale tenacia su ogni punto, ha invece di nuovo inflitto una severa lezione ad Eugenie Bouchard, sconfitta 6-3; 6-2 in uno scontro ancora palesemente impari, che ha ricordato l’ultima finale di Wimbledon, in cui la canadese non è mai riuscita a reagire alle bordate provenienti dall’altra parte della rete, in quel caso da Petra Kvitova.

Tutto allora è stabilito per le fasi finali di questo Australian Open. Il nuovo scontro fra Nole e Stan the man è assolutamente di cartello, ma attenzione alla Makarova e alla sua voglia di rivalsa: per Sharapova potrebbe non essere una qualificazione così scontata.

Tags:australia,Australian Open,djokovic,match,nadal,Serena,set,Sharapova,tennis,Venus,Wawrinka,williams

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