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Da Kialaz
Troppe parole si rincorrono nella mia mente e rimangono bloccate in gola; non ho paura di usarle, devo solo trovare il modo per esternarle, il giusto tramite fra loro e il mondo. Il preconcetto che il mio interlocutore non sappia andare oltre, la mia presunzione di saper leggere il suo pensiero, mi bloccano da sempre, non c’è voce per queste mille cose da dire e ne ho bisogno ora più che mai. Vorrei riuscire ad andare oltre le mie certezze, rapportandomi col mondo senza continuare a cercare me stessa nell’altro, dandomi la possibilità di vedere che non è tutto già disegnato a mia misura e che le reazioni non sono sempre necessariamente quelle che ti aspetti. Ho rinunciato al confronto lasciando le mie parole mute e sterili, destinate a morire incastrate in una vena del cervello. Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta, le parole potrebbero scendere fino alla mano e sporcare il bianco, liberando la mia mente, andando incontro a un confronto così temuto e parimenti cercato. Non si può giudicare uno stato d’animo; dolore e gioia, apatia ed esuberanza, non si possono vedere, non hanno colore, in questo caso il bianco e il nero sono solo una leggenda, il mero tentativo di descrivere quello che rimarrà per sempre indescrivibile, semplicemente stereotipandolo. Coesistono inconsistenti dentro di me in perenne contrasto, mi fanno ridere per poi piangere, senza alcuna spiegazione apparente. Non esiste voce che ne possa parlare e soprattutto che li possa apostrofare. In balia di mille emozioni, continuo a pensare che per troppo tempo sono stata io quel foglio bianco imbrattato di parole, che è arrivato il momento di liberarle, trasportarle su carta e lasciarle lì, rendendomi finalmente pronta a voltare pagina.

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