a Formamentis
Ieri, in abbinata a Il Corriere della sera (1,00 €) c'erano Sette (0,49 €) e Il Mondo (0.01 €). Stamani stavo per buttare tutto alla carta ma, di scorcio, il titolo de Il Mondo in formato pocket m'impedisce di cestinare. «Nobili affari». Apro, il corpo dei caratteri di stampa sarà si e no 6. C'è un lunghissimo articolo di Enrica Roddolo «Quei nobilissimi business» che parla della «grande rete dei manager dal sangue blu». Leggo a tratti, colpito soprattutto dai nomi dei personaggi: il principe Giuseppe Spadafora ag e dg (?) di Cassa Lombarda; il principe Ignazio Maria Boncompagni Lodovisi manager di Mediobanca; il duca Francesco Vanni d'Archirafi capo del global transaction services di Citi a N.Y.; il conte Raffaele de Courten manager del fondo Alto Parteners; il nobile Lorenzo Bini Smaghi Bellarmini economista della BCE; il conte Giampiero Auletta Armenise manager di Rothschild; il nobile Galeazzo Pecori Giraldi vicepresidente del comitato investment banking di Société Générale; il conte Eduardo Teodorani Fabbri vicepresidente di Cnh Global; il principe Fabio Borghese (!) dirigente Enel; il conte Bernardino di Campello proprietario delle Fonti del Clitunno; il nobile Flavio Piccolomini Naldi Baldini al timone di Marsh Italy (brokeraggio assicurativo); il nobile Luca Franzi de Luca (!) ad di Rasini Viganò assicurazioni; il nobile Niccolò Contucci (!) dg dell'Airc; il marchese Eugenio Litta Modignani produttore di vodka in Russia; il conte Gelasio Gaetani d'Aragona Lovatelli imprenditore; i Marchesi di Frescobaldi, viticoltori; il nobile Carlo Ripa di Meana marito di Marina; Carlo Feltrinelli marchese di Gargnano, editore; il nobile Fabrizio Crespi Morbio che s'è messo «in gioco cercando business maturi per rilanciarli nel segno dell'innovazione»: in pratica ha una struttura di “art advisory”, cioè fa il custode delle pellicce e di altri beni di pregio a Milano: «e mi sono occupato anche di Step, una vecchia tipografia che ho rilanciato facendone un partner di molte banche italiane per la supply chain» (che cazzo è la “supply chain”?); il conte Matteo Marzotto, settore moda; il conte Francesco Carducci Artemisio ex ad Cinecittà Holding attualmente consigliere regionale della Polverini; la contessina Beatrice Borromeo, giornalista; i nobili Luca Marco Daniele Cordero di Montezemolo rispettivamente presidente della Ferrari, notaio a Torino, imprenditore della moda; il marchese Carlo Barel di Sant'Albano ad e dg di Ifil; il nobile Carlo Andrea Guidi di Bagno, architetto; il conte Benedetto Camerana, architetto; il conte Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell'Upa.
Infine, come peperoncino sull'uccello (perdonatemi, a me le ciliegine sulla torta non piacciono) ecco un riquadretto a parte per i magnifici nipoti di Re Umberto II, dal raffinato titolo «Il senso dei Savoia per gli affari». Riporto pari pari:
«Molti nipoti di Umberto II, l'ultimo re d'Italia che lasciò il Paese dopo il referendum monarchia-repubblica, lavorano nella City: il principe Michael è esperto di hedge fun a Wall Street, Serge ha lavorato per Altran e si occupa di consulenza, Emanuele Filiberto (prima di sfondare [!] in tv) ha calcato la piazza finanziaria per la ginevrina Banq Syz. Ma nel Gotha c'è chi preferisce imprenditoria & diplomazia: Dimitri, figlio di Maria Pia di Savoia, ha fondato a New York un marchio di gioielleria, Gabriela d'Asburgo è una scultrice, ora anche ambasciatrice di Georgia in Germania».
Lasciando da parte i viticoltori, gli scultori e i guardiani di pellicce, ora capisco perché la finanza internazionale l'è messa così male. È giunto il momento di una nuova Rivoluzione à la française senza ghigliottina: basteranno trappole per topi.