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Ayreon – The Human Equation (2004)

Creato il 06 novembre 2012 da The Book Of Saturday

Artista/Gruppo: Ayreon
Titolo: The Human Equation
Anno: 2004
Etichetta: InsideOut Music

Ayreon – The Human Equation (2004)

Innanzitutto una premessa: questa non è una recensione. Piuttosto un’operazione di assemblaggio di vari pezzi sparsi. Anche perché gruppi e nomi iniziano ad affastellarsi ed è bene ogni tanto mettere un po’ d’ordine. La prima volta che ascoltai The Human Equation degli Ayreon rimasi colpito fin da subito per la pulizia del suono, per la qualità di arrangiamenti e scelte musicali, ma soprattutto degli artisti che vi facevano parte. Prima di ascoltare un album spesso mi documento sui componenti, sulla loro storia, ecc. Con gli Ayreon viceversa, prima c’è stato l’ascolto, ma ancor prima della fine del disco è succeduto un piccolo approfondimento. Arjen Anthony Lucassen, e d’accordo. Ma poi James LaBrie, Mikael Åkerfeldt, Heather Findlay, l’ex Uriah Heep Ken Hensley, e due figli d’arte: Devin Townsend (figlio di Pete) e Oliver Wakeman (figlio di Rick). Nomi importanti, e musicisti più o meno affermati nel 2004, tutti riuniti spassionatamente nella campagna olandese a “recitare” la loro parte nella tragedia di “Me”. Ebbene, vi avevo segnalato già questo disco, e ammetto di non essere stato allora troppo esaustivo. Stavolta la prendo da dietro, approfondendo la sua genesi direttamente dalle parole dei loro protagonisti.

Partiamo dall’origine. Era il 23 ottobre del 2003 quando sul sito web degli Ayreon arriva il grande annuncio: «Il vocalist dei Dream Theater, James LaBrie, ha confermato la propria partecipazione al nuovo album degli Ayreon, la cui pubblicazione è prevista il prossimo anno per la Transmission Records. LaBrie conosceva la musica del mastermind Arjen Lucassen e non ha mai nascosto il suo desiderio di poter essere coinvolto, un giorno, in un progetto del polistrumentista.
Lo scorso anno James e Arjen discussero della possibilità di lavorare insieme, ed il tutto prese forma appena iniziarono i lavori sul nuovo cd degli AYREON. Arjen ideò per il vocalist un ruolo drammatico e passionale, l’ideale per mostrare tutta la versatilità della voce di James, in modo particolare i suoi toni caldi, che Arjen ama».

Tutto nacque dunque nel 2002, quando James LaBrie e i Dream Theater, erano sulla cresta dell’onda con la pubblicazione di Six Degrees of Inner Turbulence. Un anno dopo Lucassen trovò il suo protagonista: «Mandai una mail a James – rivela Lucassen nel trailer The Singers of Ayreon – dicendogli che mi piaceva il suo modo di cantare e la sua musica, e che sarebbe stato bellissimo se avesse fatto parte degli Ayreon. Lui mi rispose: “Certo! Dì una parola e io sarò lì da te”. Questo Human Equation era perfetto per lui. Ho scelto di dargli il personaggio “Me”: è il protagonista della storia. Si tratta di un ragazzo in coma. James venne qui estremamente preparato, sapeva perfettamente cosa fare, conosceva le melodie e divenne veramente l’unico ad avere una parte. Ebbe le parti più soft perché mi piace il suo modo di cantare soft, la sua voce è così calda e piena. Ma gli ho assegnato anche diversi strilli».

James LaBrie registrerà le proprie parti presso l’Electric Castle studio in Olanda soltanto un mese dopo. Altri vocalists coinvolti nel progetto furono: Devon Graves (Dead Soul Tribe, ex-Psychotic Waltz), Magnus Ekwall (The Quill), Heather Findlay (Mostly Autumn), Eric Clayton (Saviour Machine) e Mike Baker (Shadow Gallery). Insomma, un cast niente male, e anche una bella ventata di pubblicità alle rispettive band dei nostri campioni.

«Lavorare con Arjen è stato assolutamente delizioso. Lui è una persona veramente graziosa. Ma soprattutto ha un incredibile talento. Ho vissuto momenti bellissimi, è stata un’esperienza da farne tesoro anche per il futuro», spiega LaBrie in un momento successivo della carriera, quando ormai la parentesi Ayreon per lui era ormai un lontano ricordo.

Inizialmente il ruolo di Lucassen doveva essere simile a quello di un regista, o di un direttore d’orchestra. I suoi soldatini li aveva quasi collezionati tutti per tutte le parti. I problemi sorsero però nel reperire il cantante che avrebbe personificato “Best Friend”. «All’inizio – spiega ancora Lucassen – non avevo previsto di cantare in questo album, avevo un altro “Best Friend” scritturato ma sfortunatamente è finito in disgrazia e non ha potuto lavorarci. Così come è accaduto anche per un altro, e per farla breve ho fatto da me. Come ho già detto, io non sono un gran cantante…».

Lucassen veniva da due album degli Universal Migrators, pubblicati sempre sotto il nome Ayreon. Ma nella concezione di The Human Equation, un ruolo più che decisivo lo svolse un tour con uno dei suoi tanti progetti collaterali, Star One. Come spiegò in un’intervista a sea of tranquillity: «I miei album precedenti agli Ayreon dal 2000 furono con gli Universal Migrators. Poi ho fatto un album chiamato Ambeon che ho realizzato con una giovane cantante olandese di 14 anni (Astrid van der Veen). Poi l’album Star One, che era un semplice progetto metal. Ma ha avuto un tale successo che ho fatto un tour e il tour è stato filmato ed è diventato un DVD. Così, per gli ultimi tre anni sono stato molto occupato a fare tutte queste cose. Forse, beh, forse ero un po’ impaurito a iniziare con il prossimo Ayreon perché la gente si aspetta molto da Ayreon. Ma in tutti questi anni ho registrato un sacco di idee su un lettore di cassette. Così, quando ero in tour con Star One, ho iniziato ad ascoltare tutte queste piccole idee e lentamente ho iniziato a lavorare su quelle».

Parlavamo di incroci. Non credo di andare lontano dalla verità dicendo che il progetto Ayreon funzionò da incubatore, dando una spinta importante al panorama del prog-metal degli ultimi anni. Attualmente ho appena concluso un ascolto intensivo di Opeth. Mi avevano parlato in molti un gran bene di questa band che tuttavia ancora non avevo avuto modo di saggiare. Bene, cosa c’entrano gli Opeth con Ayreon? C’entrano eccome. Innanzitutto perché offrono in prestito il loro cantante e chitarrista, Mikael Åkerfeldt, che interpreta “Fear” trovandosi peraltro a lavorare braccio a braccio con un suo appassionato sostenitore. «Certo che mi piacciono gli Opeth – ebbe a rivelare James LaBrie in un’intervista rilasciata a Ultradeth – e mi piacerebbe che i Dream Theater potessero fare un tour con loro. Mikael ha una gran voce ed è il massimo della versatilità. Forse in futuro eventualmente riusciremo a partire insieme. Sarebbe fantastico». Il crogiuolo Ayreon porterà a due tour consecutivi Dream Theater-Opeth insieme ai “Progressive Nation Tour” 2008 e 2009.

Ma, come detto, The Human Equation non si esaurisce qui. Tra i volti più importanti del “cast” di Lucassen, figura anche Heather Findlay, caldissima voce dei Mostly Autumn: «Ho incontrato Arjen attraverso Damian Wilson (ex-Threshold/Star One) – spiegò la Findlay – quando sono andata a trovarlo al Castle Studios durante una session. Damian mi aveva parlato molto di Arjen e un certo numero dei nostri fans mi aveva spesso parlato degli Ayreon. È poi emerso che ci incontrammo già una volta durante una cerimonia dei CRS awards molti anni prima. E lui venne a un Blackmores Night che avevamo aperto in Germania. Com’è piccolo il mondo…»

A differenza di altri componenti del progetto, Heather Findlay non si è limitata ad interpretare un copione prestabilito. Ha anche scritto il testo del suo personaggio “Love” nel Day 13. Così diceva nel bel mezzo del lavoro: «Sento che con Arjen sta andando molto bene e penso che il nostro senso dell’umorismo sia molto ben assortito, come lo sono molti dei nostri gusti musicali. Questo aiuta nelle session più tese. Il luogo dove lavoriamo è con tanti animali che amo, gatti, cavalli, polli. Per me l’ambiente stesso, che si trova proprio nel mezzo della campagna olandese, quindi per me è meraviglioso cominciare. Il ritmo finora è stato abbastanza disciplinato ma ancora molto rilassato. Arjen sembra molto felice e ci fa decidere quando si desidera iniziare la giornata … entro limiti ragionevoli ne sono sicura, ho avuto anche il mio spazio, mi ha dato anche l’opportunità di scrivere, mi è piaciuto».

Ma anche per una cantante ormai formata come Heather Findlay, non è stata una passeggiata la selezione, anche se alla fine per lei è stata come una seconda scuola di musica, dove confrontandosi con artisti molto più grevi, ha potuto scoprire un lato della sua voce a lei ancora nascosto: «Arjen ha tenuto un quiz sulla voce e io ho continuato a cantare basso in modo da evitare di dover fare per lui qualcosa del genere. Fino a quel momento con i Mostly Autumn non avevo mai avuto l’opportunità di esplodere tutta la mia tonalità rock, ma l’album che seguì questo incontro mi ha confermato che avevo le potenzialità per farlo. Penso Arjen stava già lavorando su The Human Equation in quel periodo, ma non aveva ancora scelto i cantanti».

Al contrario, quando il 16 settembre 2003 uscì Passengers dei Mostly Autumn, Arjen Lucassen era in pieno fermento e circa un mese dopo avrebbe ottenuto il sì di James LaBrie. Successivamente, intervistato da Louis Koot di Pithfather.com, spiegò meglio come era nata l’idea di The Human Equation: «Mi trovo costantemente a fare musica. Ho sempre roba da registrare su un registratore a cassette fatto a pezzi e bocconi. Poi per Human Equation ho avuto diverse idee che sono finite in circa 30 canzoni! Mi è dispiaciuto dover rinunciare a 10 di queste. Mi resi conto che era finito con 20 brani in modo che il nuovo album sarebbe stato un doppio… Io parto sempre con la musica e poi quando c’è l’idea inizio a scrivere i testi. La canzone in realtà mi viene facile, non appena la musica è finita. Quando mi metto a scrivere il testo della canzone non ho idea di dove finirà e come la storia si svilupperà. Per The Human Equation ho scritto i testi per le 20 canzoni in 20 giorni».

Nonostante lo scompenso del doppio album, l’intento di Lucassen resta quello del concept album, quindi il secondo cd, parte dalla traccia numero 12 relativa al giorno. Di seguito vi pubblico proprio Day Twelve: Trauma . Prima traccia del secondo disco, dopo aver affrontato il dolore della scoperta dell’abbandono da parte del padre, “Me”, sempre più solo, prova il trauma più forte: la morte della madre.

Ora, dopo questa carrellata di virgolette e testimonianze, ascoltare The Human Equation risulterà senz’altro più intrigante. Provate a leggere tra le righe, distinguere i giorni di lavoro, entrare nello spirito del cantante o del musicista del singolo brano. Volerete all’interno di Me e proverete il suo stesso dolore. Insomma, vi accorgerete che, sebbene dopo più d’un ascolto l’enfasi iniziale cede il passo a una musicalità piuttosto ripetitiva e meno originale di quanto possa sembrare, questo album assolve comunque la sua parte nella variegata e costellata storia recente della musica rock. Un disco immaginato come un musical, quindi non eccellente dal punto di vista virtuosistico, ma con alcune perle al suo interno di grande poeticità.



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