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Dopo le crisi della Jordan, del Molfetta e del Belvedere, domenica è esplosa la bomba AZ. Le giocatrici teatine, campionesse d’Italia, sono scese in campo nel derby contro il Montesilvano, con la maglia deturpata da un vistoso scotch nero a coprire ogni scritta. Una maglia prestigiosa ed incerottata, con visibili solo nome e numero e lo scudetto tricolore sul petto, simbolo di una protesta civile ed orgogliosa. Non serve alzare la voce e non c’è molto onore in chi sbatte la porta e se ne và. Capitan Marika Mascia e compagne domenica erano in campo al Palarigopiano e con quel gesto hanno toccato le corde giuste. Il silenzio ed il rispetto riescono a fare più rumore di un uragano, in un'Italia che urla e calpesta.
Le giocatrici dell’AZ non percepiscono lo stipendio da quattro mesi, e sono ragazze che vengono dalla Spagna, dal Brasile, dalla Puglia o dalla Campania. Ragazze che giocano a calcio a 5 per professione non solo per passione. Domenica erano ognuna al proprio posto, in campo, a giocare con grande spirito di squadra e soprattutto con la professionalità che è ancora merce rara nel futsal femminile di serie A. Ragazze indipendenti che vivono fuori casa da anni e che sono senza soldi da quattro mesi. Ho davvero difficoltà a capire come riescano a farcela e fino a quando potranno resistere.
La crisi economica dell’AZ affonda le sue radici nel mancato pagamento, da parte di alcuni sponsor, di quanto pattuito inizialmente. Patron Zulli dichiara di aver sborsato anche di tasca propria ed ora non è più in grado di far fronte agli impegni presi con il gruppo. Mancano all’appello 30-40 mila euro, non un’enormità insomma, con i quali assicura di riuscire a portare fino in fondo la stagione, rispettando gli accordi con la squadra. Sono giorni frenetici in casa AZ, con la società in moto per riscuotere quanto concordato con i vecchi sponsor (cosa poco probabile), e per coinvolgere nuovi partner più affidabili e solvibili.
Chieti sembra una piazza economicamente molto depressa e non sarà facile trovare “benefattori” che sposino il progetto AZ. Ma sul piatto della bilancia c’è una squadra campione d’Italia seria e professionale con uno scudetto sulla maglia ad illuminare una speranza. Quella di trovare uno o due sponsor che consentano di tirare un respiro di sollievo alle giocatrici e di portare l'AZ al termine della stagione.
Perchè un imprenditore teatino o abruzzese dovrebbe investire/rischiare/buttare soldi in una sponsorizzazione sportiva? Sono convinta, ed i bilanci delle società sportive lo dimostrano, che lo sport, salvo poche eccezioni, sia un gioco economico a perdere, nonostante la legislazione favorevole. Le spese per le sponsorizzazioni sono integralmente deducibili come quelle di pubblicità, cita un articolo del Sole 24 Ore del 12-8-2013. Quindi l’azienda che ha degli utili potrebbe essere potenzialmente interessata ad una sponsorizzazione. La somma versata dallo sponsor alla società sportiva, in cambio di visibilità sulle maglie o cartellonistica a bordo campo per esempio, sarà un costo interamente deducibile e concorrerà quindi a ridurre l’utile, sul quale l’azienda deve pagare cospicue tasse. Ma in questo periodo di crisi, quali sono le aziende che riescono ancora ad essere in utile? Poche, meno del passato sicuramente e per la ripresa economica dobbiamo ancora aspettare. Non è ancora arrivato il tempo dei miracoli.
Allora qual è il senso di una sponsorizzazione sportiva nel futsal femminile, oltre l’aspetto fiscale? Non dimentichiamo che la Serie A non ha alcuna visibilità nazionale, che nei 42 palazzetti si arriva a qualche decina di spettatori di media a partita con ingresso libero, che l’appeal di un prodotto sportivo con risultati di 30-0 o 24-0 è giustamente nullo.Tuttavia sostenere un’associazione sportiva, magari nella propria città o nel proprio territorio, resta certamente una buona azione sociale, che sarebbe amplificata, secondo me, dalla presenza di un settore giovanile. In secondo luogo lo sponsor trasmette un’immagine di sè più positiva che potrebbe di riflesso, far aumentare la simpatia per il brand e magari anche le vendite. Ma se ci sono 40 spettatori a partita inclusi genitori, fratelli e zii, se la società non ha nessuno che scrive articoli e li distribuisce ai giornali locali o ai portali web, se ha un sito internet immobile ed una pagina facebook deserta, allora l'imprenditore sponsorizzerebbe qualcosa di invisibile. Un impegno economico totalmente inutile per la sua azienda, seppur socialmente encomiabile. E' compito delle società sportive comunicare e rendersi visibili, prima di chiedere sostegno agli imprenditori.
Il sogno proibito di ogni presidente di società sportiva sarebbe forse quello di trovare un giorno, sul proprio campo di gioco, un emiro del Qatar appassionato di futsal femminile che si innamori della sua squadra. Sarebbe allora molto più facile avere soldi, top players, spettacolo e vittorie. Ma come detto sopra, non è tempo di miracoli.
Ma di passione, di coraggio e di testa sicuramente e sempre sì!
di Letizia Costanzi
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