A volte succede che, mentre siamo immersi in una conversazione, stimolati da una serie di eventi, suoni, immagini che ci circondano, scene minime si fissino, in modo inconsapevole, nella nostra mente, per riemergene, qualche tempo dopo, nitide e precise.
Ci accorgiamo, allora, che, al di là delle parole udite e pronunciate, delle risate e del frastuono, delle condizioni al contorno, proprio queste frammentarie sequenze abbiano contribuito in gran parte alla definizione di un’impressione immediata, di un giudizio che ci ha portati a pensare: “No, non mi piace; qualcosa non mi convince”. Oppure l’esatto contrario.
Eppure, all’apparenza, non sembravano esserci validi motivi per fidarsi di questa sensazione.
Il post di ieri non era un trabocchetto: era, come ho scritto, solo la descrizione ridotta ai minimi termini di un’azione. I commenti la vostra reazione. Ho assistito alla scena qualche tempo fa: il cliente che ha rimandato indietro due volte un frutto solo perché non era tagliato come da sua richiesta era anche il padrone del locale. Cambia qualcosa questo particolare? Il duplice rifiuto del piatto non ha alterato quanto succedeva intorno: né il ritmo della conversazione, né il cambiamento di tono, né l’umore delle persone che hanno assistito all’accaduto. Tutto è avvenuto in sottofondo.
La mia reazione esteriore all’avvenimento è stata quella di ignorarlo, visto che ero ospite. Dentro di me invece si sono intrecciati contemporanei pensieri: che spreco di energia, per una banalità; che sciocca esibizione di potere; io non sarei mai capace di fare una cosa del genere; è giusto che io non sia capace di fare una cosa del genere?; vorrei essere altrove; voglio vedere come va a finire; non sono a mio agio; continuo a fingere di essere a mio agio, è solo un gioco per me.
Il mio giudizio sulla persona di cui ho scritto non è positivo. La cosa strana è che mi rendo conto, a posteriori, che questo fatterello sciocco ha avuto il potere di annullare l’effetto di qualche ora di brillante, intelligente conversazione. La cosa strana è che molte persone – non voi che leggete, fortunatamente per me – ammirano comportamenti così.
Potere. E’ questo di cui stiamo parlando, in questo post come in altri precedenti: del potere e delle sue manifestazioni, quelle corrette, quelle inadeguate, quelle esagerate e quelle deboli. Del potere e del rapporto conflittuale che io ho con esso.
Vi propongo un’altra domanda, se vi va di continuare ad aiutarmi in questa vivisezione di micro-azioni.
Supponete che – cosa vera – in assenza del proprietario gli addetti al ristorante gestiscano il luogo con un ritmo di efficienza che non raggiunge il sei, in una scala da zero a dieci. Viceversa, in presenza dello stesso, il valore si avvicina al massimo. Il vostro commento rimane simile? Vi sembra ancora un’azione esagerata rispetto all’accaduto? La valutate come necessaria per insegnare alle persone a cui pagate uno stipendio come volete che un cliente sia trattato? Se è ammissibile, è giusto che sia compiuta dal proprietario davanti ad estranei? Questo rifiuto così banale è stato ripetuto per correggere un problema di attitudine del personale o il problema è causato dal comportamento del proprietario che sortisce esattamente l’effetto contrario?
Il potere del carisma: beato chi lo possiede. Il potere che deriva dai soldi, dalla posizione sociale, da legami di gratitudine, dalla cattiveria: semplice surrogato o altrettanto efficace arma?