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Azzurri, dove tirare?

Creato il 19 giugno 2012 da Rightrugby
Azzurri, dove tirare? Se il Sei Nazioni era unanimemente considerato troppo presto per poter vedere "la mano" di Coach Jaques Brunel sulla nazionale Azzurra, si può ricavare qualche indicazione dai due test match Azzurri di giugno sinora effettuati? Dopotutto il coach ha pressocché completato lo staff ed ha approfittato del livello medio degli avversari per darsi agli esperimenti, asserendo che il primo obiettivo del tour è quello di "allargare la rosa".
Tralasceremmo in questa fase analisi delle prestazioni dei singoli. Il momento stagionale è pessimo e inoltre siamo convinti che sarà la prossima stagione Celtica e in parte anche Eccellente, quella che dovrà dire chi c'è e chi no, vecchi e nuovi, inclusa una ultima chance concessa a cavalli di ritorno su cui molto s'è investito come Bocchino e Tebaldi. Ci sembra invece effettivamente il momento di provare a cogliere qualche elemento della filosofia Bruneliana, inserendola in considerazioni generali sulla direzione dove pare spingere l'aria che tira ai livelli alti del rugby, per quel che stiamo vedendo nei Test Match.
Vista da lontano, la sconfitta con i Pumas (o erano i Jaguars? Non fossero stati ufficialmente impegnati nella Nations Cup ...) è stata chiaramente imputabile ad errori in fase di non possesso - volgarmente detta "difesa". La prima meta evitabile con un minimo di attenzione, nella seconda a un pilone 35enne in disarmo, è stato concesso di correre come fosse un centro, altre due mete nel finale coi nostri a lingua fuori. In fase di possesso - "attacco" -  gli Azzurri sono arrivati alle marcature grazie alla solita vecchia mischia: una meta di penalità, un'altra su guizzo del mediano da dietro una mischia ordinata.
Invece Brunel ha nella sua analisi posto l'accento sulle perdite di possesso degli Azzurri, sia in termini di errori di handling che di scelte tattiche: "Non si possono perdere così tanti palloni come abbiamo fatto sabato scorso. Diciannove possessi regalati e tredici scelte sbagliate nel gioco al piede hanno fatto la differenza a favore dei Pumas. Mi aspetto progressi in questo senso: gioco al piede migliorato ed una migliore conservazione della palla". Non una parola sugli errori in fase difensiva.
Saremo anche arroganti come pensa qualcuno ma non siamo presuntuosi: se il coach non l'ha detto non è perché non se ne sia accorto, del peggioramento nella solidità difensiva e nella tenuta fisica (i fatti sono collegati) rispetto ai tempi Mallettiani. Anche perché s'era già notato nel Sei Nazioni. Ci siamo fatti l'idea che Brunel stia procedendo in modo focalizzato: per la difesa c'è tempo, la si (ri-)metterà a posto più avanti, ora si tratta di rivoluzionare l'approccio classico del rugby italiano, arrivando ad imporre l'iniziativa agli avversari, banalmente tenendosi più a lungo il possesso e provando a sfruttarlo.
Idee corroborate dai commenti post vittoria col Canada, dove per Brunel la squadra ha saputo rimontare "dimostrando maggiore convinzione" e "di essere realmente scesa in campo per vincere", ma rimane che ''abbiamo commesso ancora qualche errore di troppo nella trasmissione della palla". Anche lì la meta la facciamo con una maul ...
Per gli errori di handling c'è poco da fare: si tratterebbe di provare provare provare, oltre che organizzare il gioco dietro e in generale in modo il più produttivo  e "espansivo" possibile. C'è però una scuola di pensiero, quella Vittoriana (da Vittorio Munari), la quale sostiene che le abilità con le mani e coi piedi sono basic skills, cosa affatto diversa dagli schemi tattici: non te le insegna l'allenatore di prima squadra né tantomeno il ct  della nazionale, o le hai sviluppate da giovane o non le avrai mai. Purtroppo ha ragione: funziona così in tutti gli sport, salvo rarissimi casi di teste quedre capaci di applicarsi alla morte e migliorare anche in età matura. Ci vorrà una generazione per ovviare, ammesso si parta ora e badate, da quelli di otto nove anni, altro che Accademia a sedici-diciotto! Comunque ci sono le scorciatoie: nel passato gli oriundi, ora gli equiparati.
Gli errori possono essere anche tattici, cioè il calciare via il proprio possesso in modo poco appropriato o addirittura pericoloso. Guarda caso, è proprio la superiorità nel kicking game il tema hot del rugby di altissimo livello, la vera causa profonda delle vittorie del rugby australe su quello boreale in questo paio di stagioni post Elv.
Nel rugbista italiano medio invece, appena sente parlare di piede scatta immediata l'associazione mentale con l'apertura. Quaggiù si sa, siam tutti orfani inconsolabili di Diego Dominguez, non ce ne siamo fatti ancora una ragione. Brunel tuona contro quelle "tredici scelte sbagliate nel gioco al piede" e zac, tutti anche nei giornali (IlGazzettino ad esempio) si voltano a guardar Kris Burton. Beh, forse un po' li ha calciati anche Tito Tebaldi e prima di lui Ugo Gori a San Juan. Forse più che non Kris.
Invece di associare piede ad apertura tour court, faremmo bene a scindere i problemi.
Problema uno, identificare un piazzatore degno di tale nome e dargli fiducia; c'entra nulla col gioco tattico e a rigore nemmeno con l'apertura, può essere l'estremo o anche un centro o un'ala. Dobbiamo solo metterci in testa che è figura indispensabile, altrimenti è il pack prima della linea dei trequarti ad esserne menomato: se il gioco abrasivo davanti non viene finalizzato con regolarità, si frustrano non poco le sensibilità dei primi otto, poverini.
Problema due, comprendere come il gioco moderno sia diventato così veloce che la maggior parte delle scelte tattiche, calci inclusi, le deve compiere il mediano; quando la palla arriva all'apertura è già troppo tardi, con tutte le "spie" in giro di opzioni non ce n'è più e spesso calciare è l'unica scelta.
C'è anche di più: le Australi han capito presto che, per via delle nuove interpretazioni arbitrali sul punto di incontro, oggi è un attimo beccarsi una punizione contro in fase di possesso palla, durante le percussioni dei propri avanti. Infatti è sufficiente che chi porta il sostegno al placcato scivoli un attimo avanti o perda gli appoggi, ed è fischio per sealing off. Esageriamo per spiegarci, ma non siamo tanto distanti dalla realtà dei fatti.
Ragion per cui, sin da prima del Mondiale i Neozelandesi e poi tutti gli altri han deciso che quando si è nella propria metà campo, il gioco non vale la candela e al possesso si deve preferire il tirar via di territorio, andare a giocare lontani dai propri pali. Da cui la rinascita dei calci tattici di spostamento.
Se ne stanno accorgendo anche i Boreali più svegli: sapete dov'è andata l'intera nazionale irlandese poco prima del secondo Test? A vedersi la gara due dello State of Origin, il massimo dei massimi del League: gli allenatori li han portati lì a guardar bene, tra l'altro, come si fa a dar via il possesso ogni sei fasi, nel modo non solo più indolore ma possibilmente più produttivo.
Da opzione "passiva", la rinascita del kicking game tattico s'è difatti già sviluppata in "attiva": nel SuperXV e nei Test Match il calcio si calibra (alto per i sudafricani, preciso per i neozelandesi) in modo che ovale e pressione difensiva arrivino regolarmente assieme sul malcapitato che riceve. Abbiamo visto gli All Blacks recuperare tutti i propri calci di ripresa del gioco contro l'Irlanda - la singola fase di gioco più significativa di tutta la partita: non è un caso che Israel Dagg si sia beccato un giallo proprio per portar pressione a Kearney su palla alta.
Se inquadrata in tali sviluppi, a nostro avviso la ramanzina di Brunel avrebbe senso. Ma allora sarebbe stato più corretto prendersela anche con una linea che non sale veloce o con la latitanza di "frecce" deputate a portar pressione, stile Habana e Pietersen  - morirò col sogno irrealizzato di una Italia che attui un gioco d'attacco "alla sudafricana": linea difensiva che sale composta, frecce dai lati a fiondarsi alternativamente sulla palla calciata e tutto il resto è testate; sarebbe così adatto alla nostra mentalità.
Peccato che la priorità Bruneliana paia invece esser legata al mantenimento del possesso: mentre le Grandi s'interrogano su come gestire al meglio il non-possesso (calci tattici e ripartenze), noi ancora una volta ci troveremmo un giro indietro gli altri. Fatalità, è anche la impasse in cui si dibatte il rugby francese, l'unico potenzialmente all'altezza di quello Australe in modo non episodico.
Nella realtà gli All Blacks non da ieri fanno delle ripartenze al cambio del possesso la loro vera arma vincente. E gli Springboks o meglio gli Stormers per adesso, fanno dello scrambling difensivo in caso di possesso perso, la miglior medicina per tamponare gli errori, inevitabili quando chi ti sta davanti è all'altezza di portar pressione.
Appunti tattici presi in fretta, in attesa di capirne di più in un ammasso di roccia appena appena sbozzato dal maitre pirenaico.

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