QUALIFICATI. L’Italia ha già avuto accesso al Mondiale che si disputerà in Brasile nel 2014 (ph. Getty Images)
INCHIESTE (Milano). Per non smentire gli scettici e i detrattori, anche questa sera l’Italia di Cesare Prandelli ha rischiato la figuraccia: l’Armenia, mai protagonista nelle grandi occasioni nelle quali l’elite del calcio si è radunata dalla genesi a oggi, ha creato non pochi grattacapi alla banda di Prandelli e i nostri Azzurri forniscono alla redazione di Calciolab un assist difficile da non cogliere, ossia quello relativo a un bilancio nelle qualificazioni mondiali tutt’altro che eccelso.
Circa un anno e mezzo fa, il primo di luglio del 2012, si giocava a Kiev una storica semifinale dell’Europeo. L’Italia, arrivata in Polonia-Ucraina con ambizioni di “metà classifica”, nonostante una spietata concorrenza di nazionali quali Germania, Inghilterra e Spagna, si classificava seconda dietro le Furie Rosse, dopo un cammino emozionante e al di sopra delle aspettative.
Prandelli, che aveva destato delle perplessità sul proprio futuro prima della competizione, decise, dopo la sconfitta per 4-0 nell’ultimo atto dell’Europeo, di continuare con la Nazionale sino a Brasile 2014. L’obiettivo Mondiale, raggiunto con discreta tranquillità e con due giornate di anticipo, ha ringalluzzito e aumentato l’autostima dell’intero ambiente Azzurro. Ma, a fronte di un bel cammino della nostra Nazionale in un girone che ci vedeva nettamente favoriti, cosa non è andato nell’anno e mezzo post Europeo?
La prima macchia che si incontra ripercorrendo il tragitto degli Azzurri da settembre scorso a oggi, riguarda quel “codice etico” tanto sbandierato dal ct Cesare Prandelli. In questo campo, che non è verde nè ben delineato, ci siamo senza dubbio classificati primi. Sono molteplici i figli e i figliastri che l’ex allenatore della Fiorentina ha coccolato o strigliato negli ultimi mesi, riscuotendo più dissensi che elogi da parte della Federazione. L’ultimo caso, riguardante Mario Balotelli e la sua estrema necessità di fare del calcio un teatrino di batti e ribatti, ha non poco messo in cattiva luce l’allenatore e il suo staff, che hanno, mai come questa volta, applicato pesi e misure differenti a seconda delle esigenze. Proprio Balotelli, dopo più di un anno, non sembra aver cambiato cambiato faccia, sintomo che la cura Prandelli non ha dato gli attesi frutti.
Per una vicenda da spogliatoio e di nicchia come quella di Osvaldo, ad esempio, furono diverse le scelte del commissario tecnico prima della Confederations Cup: dopo la lite con Andreazzoli e l’assenza durante la premiazione nella finale di Coppa Italia, l’ex giallorosso fu allontanato dalla Nazionale con una scusa che a suo tempo puzzava tanto di ipocrisia.
Tante sono state le parole fuori dal campo dopo l’Europeo, ma allo stesso modo tante sono state mancanze che la Nazionale ha evidenziato dentro il rettangolo di gioco. A partire da una Confederations Cup che non ha offerto un grande spettacolo, se non per il Brasile ospitante. L’Italia, nella competizione che anticipa di un anno i Mondiali, non ha espresso un gioco all’altezza, rischiando di rimanere fuori anche dalla fase finale. Sebbene fosse una squadra Azzurra sperimentale e non a pieno organico, le lacune nella costruzione del gioco sono sembrate evidenti.
L’impressione è che Prandelli fatichi ancora oggi a trovare un modulo adatto a una Nazionale spesso rivisitata per i numerosi infortuni e per l’incostanza di alcune sue componenti. Non solo balotellate, dunque, ma veri e propri colpi bassi (come può essere l’infortunio di El Shaarawy) che limitano il lavoro del commissario tecnico.
Un dato che l’Italia dovrà necessariamente invertire è quello relativo agli scontri con le selezioni di alto rango, test che nell’ultimo anno hanno portato solo risultati poco positivi: nelle cinque sfide giocate contro squadre di primo livello come Inghilterra, Argentina e Francia, l’Italia ha raccolto soltanto due pareggi. Rotta che si potrà cambiare grazie a innesti importanti di ritorno nell’organico, come sono quelli di Giuseppe Rossi e Thiago Motta, reduci da due brutti infortuni e pronti per ripartire in Azzurro. Il periodo che porterà a Brasile 2014, dunque, sarà indispensabile per ponderare le scelte da fare in vista di un Mondiale che l’Italia vuole giocare da protagonista, ma che riserverà numerose insidie.