“Sognare e non poter fare ciò che si sogna è terribile, e dato che la vita in fondo non è altro che questo [..] era straziante doversene accorgere così presto, quando i sogni, ancora, non sono altro che un po’ di quella carne misteriosa che ci trema sotto gli occhi e ci toglie il fiato.”
Scarpe che volano e ricadono dentro case inconsapevoli, voli intercontinentali e onirici, tartarughe immortali e vecchie pazze, corse in fiat 127 per raggiungere un amore, Parigi meravigliose, accendini risucchiati dalle macchine e poeti scrocconi: il nuovo libro di Sandro Veronesi, edito da Fandango Libri, si presenta come un gradevole e mai saccente patchwork di storie, tutte legate da similari tumulti umani che creano un forte filo conduttore tra le vite descritte e raccontate a fronte di un’apparente e superficiale distanza tra loro.
Dalla copertina pulita e semplice s’intuisce come il vero corpus, che da il senso a quest’opera, è tutto posizionato in fermo equilibrio intorno ad un’umanità fragile che consuma giorni e cuore immersa in incomprensioni e difficoltà comunicative, di amarezze familiari e solitudini alienanti.
Storie di infanzie negate e mai riscattate e maturità pesanti e indigeribili, esistenze trasparenti come plexiglas a basso costo, storie personali e spesso autobiografiche (la raccolta si apre con Profezia in cui Veronesi parla con sé stesso o forse è la sua coscienza che lo chiama a rapporto).
In certi momenti sembra risalire un tratteggio quasi Calviniano, se si vuole osare un parallelismo con Gli amori difficili del buon Italo, soprattutto nella tendenza a rappresentare dei corpi quotidiani in tutte le loro paranoie, brutture, insicurezze e incomprensioni.
In altri frame, uno su tutti il meraviglioso racconto Il ventre della macchina Veronesi sembra parafrasare in chiave moderna e assolutamente radical-pop il capolavoro scritto un secolo fa da Italo Svevo, e cioè il capitolo 3 della Coscienza di Zeno Il fumo.
In racconti come l’omonimo Baci Scagliati Altrove e Sotto il sole dei Campi Elisi, Veronesi torna a fare Veronesi e inevitabilmente ci riconduce, in termini di stile, lessico ed eccezionali descrizioni fotografiche, ai personaggi e allo spirito di Caos Calmo, il suo personale capolavoro nonché opera vincitrice del Premio Strega 2007.
Nota semi dolente è rappresentata dal fatto che non tutte le storie hanno la stessa forza evocativa e narrativa che si spera e si attende, ma è un rischio che l’autore presumibilmente corre o che è percepito maggiormente da lettori alla ricerca di nuovi rappresentanti della letteratura italiana, se è lecito ancora definirla tale negli anni 2.0, e di cui Veronesi è sicuramente un autore da collocare in un presumibile gruppo autoriale-artistico.
In appendice al libro e in modalità extra troviamo un breve racconto del compianto David Foster Wallace Amore, scrittore simbolo di un’epoca e di uno strappo generazionale che sembra ritornare spesso nella produzione di Sandro Veronesi come in quella di altri scrittori nostrani e attuali, come l’ultimo premio Strega Edoardo Nesi che di Foster Wallace esalta le doti e le lodi e che condivide con Veronesi una certa toscanità e una certa amarissima disillusione di un futuro completamente negato e impotente.
E a proposito di futuri lontanissimi e smorzati al netto di un presente insostenibile e quasi scippato alla vita concreta, tutti i personaggi di Baci Scagliati Altrove non descrivono mai una loro visione del domani, come se fossero uomini e donne tutta memoria e ricordi e niente orizzonti con cui spartire tempo e sogni. Come se i personaggi accettassero quasi cristallizzati e con poca forza accadimenti di cui è condita la loro vita scagliando il loro amore in altri luoghi, con una flebile disperazione unita a speranza.
È proprio Veronesi che regala una splendida descrizione del bipede moderno e della sua condizione:
“L’uomo buono paga fino in fondo con la sofferenza di ogni volta in cui spera di non sopravvivere all’immensa responsabilità della cosa fatta e invece sopravvive, ammutolisce e passa oltre. I dolori si dileguano, i pentimenti di confondono, i contorni del ricordo si dissolvono: e poi stordisce e appaga, questo mistero di una vita tanto più grande di tutti i suoi pezzi messi insieme.”