Una bambina nata in Mississippi affetta dal virus HIV è guarita dopo un trattamento terapeutico differente dal solito. Se si riuscisse a replicare il risultato, questo potrebbe essere il passo in avanti definitivo nella cura dell’Aids.
La madre era andata a partorire in un piccolo ospedale di campagna, ignara di essere sieropositiva. La positività è stata riscontrata il giorno successivo e le due sono state trasferite in un ospedale più attrezzato. La bambina aveva contratto il virus quando era ancora nel grembo nella madre. Poiché il livello di infezione era ancora basso, le sono state subito somministrati tre differenti farmaci come trattamento e non come profilassi. La pratica differisce da quella stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che prevede che il neonato venga curato con una quantità limitata di antiretrovirali per quattro o sei settimane fino ad un test, al seguito del quale le dosi vengono aumentate.
La cura è andata avanti 18 mesi, i livelli del virus continuavano a diminuire e già dopo un solo mese erano difficilmente rilevabili. La mamma ha sospeso i test per cinque mesi dopo i quali gli esami più sofisticati hanno rilevato solo piccole tracce del virus integrate nel materiale genetico, non più in grado di replicarsi. Dieci mesi dopo la fine delle cure, nuovi test, tra cui quello degli anticorpi specifici, hanno confermato l’assenza del virus Hiv. La bimba ha ora 2 anni e mezzo ed è funzionalmente guarita.
Secondo i medici, la decisione di intervenire con il cocktail di farmaci subito entro 30 ore dopo la nascita ha impedito la formazione dei serbatoi virali, cellule dormienti responsabili della riacutizzazione dell’infezione nella maggior parte dei clienti.
Il termine funzionalmente guarito si usa quando un paziente raggiunge e mantiene una remissione a lungo termine e i test clinici standard non riescono a rilevare la replicazione virale nel sangue.
La procedura è stata portata avanti da un team di ricercatori del Johns Hopkins Children’s Center, dell’Università del Mississippi e dell’Universitya del Massacchussets guidato dalla virologa Deborah Persaud che ha presentato una relazione sul caso alla ventesima Conferenza sui Retrovirus e le infezioni opportunistiche di Atlanta. La cura è stata somministrata dalla specialisti in Hiv pediatrico Hannah Gray. La ricerca è stata finanziata dai National Institutes of Health e dall’American Foundation of Aids Research.
I ricercatori logicamente invitano alla prudenza:
Il nostro prossimo passo è quello di scoprire se questa è una risposta insolita o qualcosa che si può effettivamente replicare in altri neonati ad alto rischio.
Si tratta del secondo caso documentato di guarigione dall’Aids: nel 2007 Timothy Brown, a Berlino, aveva sconfitto il virus grazie ad un trapianto di midollo osseo.
Fonte: Repubblica, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano