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“Bamboccioni” marocchini.

Creato il 04 febbraio 2011 da Paolo

“Bamboccioni” marocchini.Hanno tra i 27 e i 40 anni, a volte qualcuno in più, e vivono ancora con i loro genitori. Ci si sbaglia a pensare che sia un attitudine solo femminile, a causa di una società fortemente conservatrice, il  vivere con papà e mamma da celibatari: statistiche nazionali danno l’età del primo matrimonio attorno ai 27 anni per le donne marocchine. Per gli uomini meno di 32 anni. Quindi anche bamboccioni uomini, che non riescono a staccare il cordone ombelicale e volare con le proprie ali. Mancanza di coraggio ? Paura di vivere soli e di non trovare la soluzione per gestire la propria vita, prepararsi il mangiare e svegliarsi al mattino per andare al lavoro ? O semplicemente parliamo di uomini e donne, che per mancanza di mezzi finanziari restano incollati al nido famigliare, anzichè trovare l’anima gemella o assumersi pienamente la loro vita in tutta indipendenza? Il grande svantaggio dei giovani di oggi, a differenza delle generazioni passate, analizza il sociologo Mohamed El Aouad, professore di sociologia alla facoltà di Diritto a Salé, è dovuto al fatto che “i giovani non entrano a pieno titolo nella vita attiva dopo l’adolescenza; il periodo dei loro studi diventa lungo, la formazione non è adatta al mercato del lavoro e il risultato è la disoccupazione, aggiungiamo la mancanza di appartamenti e quindi nessun progetto matrimoniale. Tre condizioni queste per accedere realmente all’età adulta“. Sono quindi considerazioni finanziarie, in primo luogo, che bloccano l’esercizio del libero arbitrio dell’individuo. In Francia sono chiamati ”generazione kangourou“, adulti con un età compresa tra i 20 e i 30 anni, abituati ai conforts del loro letto d’infanzia e che soffrono a dormire fuori casa. La dipendenza dei giovani è dovuta non ad una illusione ottica di un letto diverso ma, seriamente, a diverse ragioni economiche. La stragrande maggioranza dei giovani/adulti marocchini che continuano a vivere con i genitori lo fanno semplicemente perchè non possono permettersi i soldi di un affitto (ne sanno qualcosa anche i giovani  “bamboccioni” italiani). Il 39% della popolazione marocchina è celibe, secondo l’ultimo censimento del 2004, uno dei tassi più alti riscontrato nel mondo arabo. Tocca agli uomini il palmares ma le donne si attestano comunque attorno al 33%. L’aspetto finanziario dunque è primario, tenendo conto un tasso di disoccupazione, in questa tranche d’età, importante, e gli affitti hanno raggiunto prezzi esorbitanti, con un  potere d’acquisto in rapporto al costo della vita molto inferiore. Nella stragrande maggioranza dei casi parliamo di una popolazione celibataria composta da diplomati-disoccupati quella che vive sotto il tetto parentale. Abdallah El Majdi, presidente dell’Associazione nazionale dei diplomati-disoccupati, deplora questa situazione e dichiara: ”I genitori hanno grandi speranze sui loro figli vedendoli compiere i loro studi superiori. Poi queste speranze vengono meno dal momento in cui li vedono a 30/40 anni cercare ancora un lavoro e  in casa“. Questi diplomati-disoccupati formano un parking di giovani che non hanno accesso al mondo adulto. Malgrado l’avanzare dell’età, contunano a rimanere giovani e quindi aiutati e sponsorizzati dai genitori. Ma questo non spiega tutto. Vivere con i genitori a 30/40 anni, senza essere sposati, non è stigmatizzato oltre misura nella società marocchina. Questo perchè c’è l’idea persistente, e che trova riscontro nella cultura marocchina, che da celibi (zoufri) non si ha diritto di vivere separati dai genitori, regola valida sia per gli uomini che per le donne.  Ragione economiche e ragioni culturali non sono le sole che spiegano il prolungamento della coabitazione di bambini/adulti con i genitori.  Tanti giovani marocchini hanno un lavoro ma restano a casa e non osano staccarsi dai genitori; questo a causa di una mancanza di fiducia ma anche a causa di genitori troppo possessivi, in primis le mamme.  E’ una attitudine psicologica che allegggia da sempre sui genitori ; molte madri, non solo marocchine ovviamente, non hanno altra ragione di vivere che per i loro figli e senza loro presenti in casa, nel quotidiano, si sentono perse. I giovani marocchini quindi come i giovani italiani, tacciati da Brunetta come bamboccioni. Qui pero’ nessun ministro si è permesso di coniare un aggettivo ironico, e discutibile, per definirli.

“Bamboccioni” marocchini.
“Bamboccioni” marocchini.


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