di Ellen Brown
Global Research
Web of Debt
Una volta la pecora nera della finanza, le banche statali riescono a rassicurare i risparmiatori sulla sicurezza dei loro risparmi e riescono ad aiutare a mantenere l’attenzione sugli investimenti produttivi in un mondo in cui un’efficace regolamentazione finanziaria resta più un’aspirazione che una realtà. Centre for Economic Policy Research, VoxEU.org (Gennaio 2010)
Il settore bancario pubblico è un concetto relativamente sconosciuto negli Stati Uniti. Solo uno stato- il Nord Dakota- possiede una propria banca. Il North Dakota è anche l’unico stato sfuggito alla crisi del credito del 2008 e, da allora, sfoggia un avanzo di bilancio ogni anno, ma gli scettici l’attribuiscono a coincidenza o altri fattori. La percezione comune è che i burocrati governativi sono uomini d’affari cattivi. Per determinare se le banche statali costituiscono attività o passività, quindi, abbiamo bisogno di guardare più lontano.
Quando rimuoviamo i nostri paraocchi miopi degli Stati Uniti, scopriamo che a livello globale, non solo le banche di proprietà pubblica sono abbastanza comuni ma che i paesi con forti settori bancari pubblici, in genere hanno forti economie stabili. Secondo un documento dell’Inter-American Development Bank, presentato nel 2005, la percentuale di proprietà statale nel settore bancario a livello mondiale dalla metà degli anni novanta, è stato di oltre il 40 per cento. I paesi BRIC-Brasile, Russia, India e Cina, contengono quasi tre dei sette miliardi di persone del mondo, o il 40% della popolazione mondiale. Tutti i BRIC fanno un uso pesante delle banche pubbliche, che costituiscono circa il 75% delle banche in India, il 69% o più in Cina, il 45% in Brasile, e il 60% in Russia .
I BRICS sono stati il luogo principale della crescita economica mondiale negli ultimi dieci anni. Il China Daily riferisce "Tra il 2000 e il 2010, il PIL dei BRIC è cresciuto di un incredibile 92,7 per cento, a fronte di una crescita del PIL globale di appena il 32 per cento, con le economie industrializzate che detengono un modestissimo 15,5 per cento".
Tutte le principali banche nella metà del globo dei paesi BRIC sono di proprietà dello Stato. In effetti le più grandi banche a livello mondiale sono di proprietà dello Stato, tra cui:
· Le due maggiori banche per capitalizzazione di mercato (ICBC e China Construction Bank)
· La più grande banca di depositi (Japan Post Bank)
· La più grande banca di capitali (Royal Bank of Scotland, ora nazionalizzata)
· La più grande banca di sviluppo del mondo (BNDES in Brasile).
Un articolo del maggio 2010 su The Economist ha osservato che le banche forti e stabili di proprietà pubblica di India, Cina e Brasile hanno aiutato questi paesi a superare la crisi bancaria che affligge la maggior parte del resto del mondo negli ultimi anni. Secondo il professor Kurt von Mettenheim della Sao Paulo Business School del Brasile:
Le Banche governative hanno fornito un credito ciclico e opzioni politiche per contrastare gli effetti della recente crisi finanziaria, realizzando anche un vantaggio competitivo rispetto a banche private ed estere. La maggiore fiducia dei clienti e i depositi ufficiali hanno rinforzato la responsabilità di base e la capacità di prestito. Le politiche creditizie delle banche statali BRIC servono a spiegare perché questi paesi hanno sperimentato recessioni economiche più brevi e più miti nel 2007-2008.
Risultati sorprendenti
In un documento di ricerca del 2010, riassunto da VoxEU.org, gli economisti Svetlana Andrianova, et al., hanno scritto che la nazionalizzazione di alcune banche di grandi dimensioni dopo il 2008, tra cui la Royal Bank of Scotland, "offre un’opportunità per ridurre il potere politico dei banchieri e di procedere alle necessarie riforme finanziarie." Ma "ci sono timori che i governi potrebbero non essere in grado di gestire le banche nazionalizzate in modo efficiente."
Non c’è da preoccuparsi, dicono gli autori:
Il seguito della ricerca che abbiamo svolto (Andrianova et al, 2009). . . dimostra che la proprietà statale delle banche è stata, semmai, fortemente associata a tassi elevati di crescita a lungo periodo.
Utilizzando i dati da un gran numero di paesi per il periodo 1995-2007, troviamo che, a parità di condizioni, i paesi con elevati livelli di proprietà pubblica delle banche sono cresciuti più rapidamente rispetto ai paesi con bassa proprietà pubblica delle banche. Abbiamo dimostrato che questo risultato resiste ad una batteria di test econometrici.
Allargando il tema nel loro documento di ricerca, gli autori scrivono:
Mentre molti paesi dell’Europa continentale, tra cui Germania e Francia, hanno avuto una buona dose di esperienza con banche di proprietà statale, il Regno Unito e Stati Uniti si sono trovati in un territorio sconosciuto. Quindi, forse non è sorprendente che ci sia un’ostilità profondamente radicata in questi paesi verso l’idea che i governi possano gestire le banche in modo efficace. . . . L’ostilità verso le banche pubbliche riflette l’ipotesi. . .che queste banche vengono costituite dai politici che le usano per consolidare il loro potere ordinando loro di fare prestiti ai sostenitori politici e alle imprese statali. In cambio, i politici ricevono voti e altri favori. Questa ipotesi postula inoltre che le banche, motivate politicamente, prendono cattive decisioni sui prestiti, che hanno come conseguenza crediti non realizzati, fragilità finanziaria e rallentamento della crescita.
Ma non è questo che i dati di questi ricercatori hanno dimostrato:
Abbiamo scoperto che. . . paesi con banche di proprietà statale, in media, sono cresciuti più velocemente rispetto ai paesi con proprietà pubblica delle banche limitata o inesistente. . . . Questo, ovviamente, è un risultato sorprendente, soprattutto alla luce della diffusa convinzione, in genere supportata da prove aneddotiche, secondo cui ‘… i burocrati sono in genere cattivi banchieri’. . . .
Cosa rappresentano i loro risultati sorprendenti? Gli autori forniscono una spiegazione originale:
Suggeriamo che i politici possono in realtà preferire che le banche non appartengano al settore pubblico. . . . Condizioni di debole corporate governance nelle banche costitusce terreno fertile per l’arricchimento rapido sia dei banchieri che dei politici – in ultima analisi, a spese del contribuente. In tali circostanze i politici sono in grado di offrire ai banchieri un sistema di regole debole in cambio di contributi ai partiti politici, posizioni nei consigli di amministrazione delle banche o redditizie consulenze. Le attività che hanno maggiore probabilità di fornire ad entrambe le parti guadagni rapidi sono quelle più speculative, soprattutto se sono sufficientemente opache da non essere ben comprese dai soci, come il complicato commercio di derivati.
Le banche statali, d’altra parte, hanno meno libertà di impegnarsi in strategie speculative che si traducono in un arricchimento rapido per gli addetti bancari e i politici. Inoltre, i politici tendono ad essere ritenuti responsabili di illeciti o cattiva gestione nel settore pubblico, ma in genere vengono accusati solo indirettamente, o affatto, per le malefatte delle banche private. Sono i soci che sono in grado di prevenire ma la mancanza di trasparenza e una governance debole in pratica impediscono loro di farlo. D’altra parte, quando si tratta di banche del settore pubblico, la responsabilità democratica dei politici molto probabilmente li scoraggia dall’impegnarsi in speculazioni. In tali banche, i top manager hanno maggiori probabilità di essere costretti a concentrarsi sul lavoro più banale di finanziamento delle aziende reali e sulla crescita economica.
I BRIC come potenza globale
La concentrazione sul finanziamento delle imprese reali e la crescita economica sembra essere il segreto dei BRIC, che sono leader a livello mondiale nello sviluppo economico di oggi. Ma il fenomeno BRIC è più di un semplice trend di crescita identificato da un economista. Ora è un’organizzazione internazionale, un’alleanza di paesi che rappresenta gli interessi comuni e gli obiettivi dei suoi membri. Il primo incontro BRIC, che si è tenuto nel 2008, è stato definito un trionfo per la politica dell’ex presidente russo Vladimir Putin di promuovere accordi multilaterali che potrebbero sfidare il concetto di un mondo unipolare degli Stati Uniti.
I paesi BRIC hanno avuto il loro primo vertice ufficiale e sono diventati un’organizzazione formale a Ekaterinburg, in Russia, nel 2009. Si sono incontrati in Brasile nel 2010 e in Cina nel 2011, e si incontreranno in India nel 2012. Nel 2010, su invito della Cina, il Sud Africa si è unito al gruppo, cosa che lo ha reso un "BRIC" aggiungendo una presenza strategica nel continente africano.
I BRICS chiedono di avere più voce all’interno delle Nazioni Unite, del FMI e della Banca Mondiale. Essi stanno anche parlando di una propria banca multiculturale per finanziare progetti all’interno della proprie Nazioni, in diretta concorrenza con l’FMI. Si oppongono al dollaro come valuta di riserva globale. Dopo il vertice di Ekaterinburg, hanno chiesto una nuova valuta di riserva globale, diversificata, stabile e prevedibile, e hanno l’influenza per farlo. Secondo Liam Halligan, che ha scritto su The Telegraph UK:
I BRIC rappresentano. . . circa tre quarti delle riserve valutarie totali. Hanno pochi problemi fiscali seri e tutti sono netti creditori esteri.
Gli interessi finanziari occidentali hanno a lungo lottato per mantenere il dollaro come valuta di riserva globale, ma stanno perdendo la battaglia, nonostante la coercizione economica e militare. Russia, Cina e India ora sono potenze nucleari. Bisognerà negoziare con I BRICS e il primo passo per instaurare un rapporto di lavoro è capire come funzionano le loro economie.
Scritto per la Public Banking in America Conference 27-28 aprile, Philadelphia.
Ellen Brown è un avvocato e presidente del Public Banking Institute, http://PublicBankingInstitute.org. In Web of Debt, il suo ultimo di undici libri, mostra come un cartello privato ha usurpato il potere di creare denaro al popolo stesso, e come il popolo può riaverlo. I suoi siti web sono http://WebofDebt.com e http://EllenBrown.com.