ieri, tornando a casa, ho visto la bandiera italiana arrotolata sul divano.
era stata messa il 25 aprile, accanto a quella della pace.
sto già pensando se posso mettere qualcosa per il primo maggio.
è da quando sono bambina che vado matta per le bandiere.
detesto andare a una manifestazione qualsiasi e non avere nulla da sventolare.
come ogni bambino cresciuto in toscana anche io ho la mia bella foto con una bandiera del palio di siena, a due o a tre anni, in piazza del campo, non ne ricordo i colori, ricordo però la gioia infinita della seta che sventolava quell’ala gigante di farfalla.
vidi anche gli sbandieratori quel giorno, e sognai, da grande, di diventare uno di loro.
solo dovevo vincere la paura dei tamburi.
era sempre un casino, venire attratti dalla bellezza delle bandiere e terrorizzati dai tamburini.
i tamburi mi scuotevano le costole, mi agitavano, mi impaurivano, mi precipitavano in un campo di guerra, di scoppi di cannoni e di fucili.
erano un prezzo decisamente alto per vedere le bandiere, lo si poteva sopportare solo per mano a qualcuno di grande, tipo un babbo o una mamma o, meglio di tutti, una nonna.
adesso mi è passata la paura dei tamburi, sarà per il fratello batterista, che mi ha fatto una cura drastica, sarà che sono diventata grande, sarà che prima o poi passa tutto, ma adesso posso godermi le bandiere in santa pace.
soltanto certe sere, quando i tamburini fanno le prove in qualche casermetta lontana delle mura di lucca, oppure percorrono le strade della città non previsti e non attesi, allora il loro rullare lontano mi infila dentro una tristezza infinita, una sensazione di tragedia imminente, una lugubre sensazione di morte.