"Chi cazzo credevano che fossi, uno scansafatiche?"
Che cazzo di freddo fa?!
Sono appena tornato dalla cinque giorni milanese di grandi abbuffate tra parenti e mi pare di stare dentro a un igloo. Cazzo che freddo. Ci credete se vi dico che al momento sto battendo al pc con i guanti?! Fatelo..
Tuttavia tra seppie ripiene e patate, tra piatti di cucina tipica pugliese, tra classiche litigate tra parenti, che fanno a gara a chi è più cocciuto,tra Freud, la psicologia, la psicoanalisi e chi più ne ha più ne metta ho trovato il tempo pure di leggermi un qualcosa di gonzo. Gonzo?! Gonzissimo.
Alzino la mano, quelli che conoscono, o hanno sentito/letto almeno per una volta il nome di Lester Bangs.
Non importa se non lo avete ma sentito ecc. Ci proverò io a farvi capire che razza di personaggio era costui.
Allora partiamo dal principio. Uno può fare parte del mondo rock in diversi e disparati modi. Puoi essere un musicista rock che si fotte groupie che a loro volta, che dir si voglia, nel bene o nel male fanno parte anche loro di quel “pianeta”, puoi essere uno che si limita a consumare in maniera più o meno legale rock, puoi essere uno che si butta da un ponte con la maglia dei Nirvana…ooooh non sapete quanto faccia rock quest’ultima, provateci! o puoi essere colui che stronca tutti i gruppetti , e grupponi (il soggetto di cui parlerò ne ha affossati diversi) che fanno rock. Lester Bangs apparteneva, -eva aimè, a quest’ultima categoria. Ma non solo Bangs, si limitava a sputtanare i miti del rock, già collaudati o prossimi alla ribalta. Egli non era un semplice critico musicale. Non era un giornalista. Bangs era un poeta, un affabolatore, uno scrittore che sue stesse parole “non avrebbe mai sfornato un capolavoro”.
In “Impubblicabile!” vengono riportati alcuni scritti di LB che non hanno mai visto la luce. Racconti di scopate, orgie, trip e nottate passate, fatto di anfetamina, difronte a una macchina da scrivere a battere e ribattere parole che alla fine avrebbero composto un testo folle ma mai insensato.
Racconti, nella prima parte del libro intitolata TEPPISTELLO DROGATO, sulla sua adolescenza, sulle prime seghe e sulle prime volte. Sulla sua inizziazione alla scrittura, voleva che che questa “non contenesse accenti di verità, perchè se li avesse contenuti sarebbe stata adolescenziale e quindi ottantamila volte peggio del giornalismo d’accanto”. Sulle morti di personaggi di uno certo spessore, Warhol (di cui Bangs aveva un poster nella sua cameretta “non era un granchè da vedere…per dirla tutta era davvero brutto, e dopo un po ho continuato a tenerlo appeso solo perchè volevo dei poster sul muro e quello era grande”). Sulle prime feste in cui distruggeva a suon di versi poetici intellettualoidi barbuti che gli si facevano sotto facendo tanto i saputi. Sul suo primo “amore” Gina (“l’unica che si fosse fatta avanti per mettere in discussione la mia immagine da folle”). Sui pestaggi ad opera degli Hell’s Angel ai danni di una prostituta (“T.R. si alza all’improvviso, le si avvicina incespicando, si appoggia, le afferra i capelli selvaggiamente strappandole la testa dall’inguine del messicano, alzo lo stivale e glielo sferra forte sul viso, abbastanza da causare lividi e dolore ma non da impedirle di rimettersi a succhiare uccelli..”).
Nella seconda parte, IMPUBBLICABILE, entra in scena il suo pezzo forte: la recensione.
Quella di Lost Highway Journet & Arrivals of American Musicians di Peter Guralnick, interessante non tanto la recensione fine a se stessa ma gli appunti presi da Bangs. Qui emerge il suo “odio” nei confronti dei Beatles (“tre teppistelli e un bibliotecario”) e degli anni sessanta (“…il rock in generale era davvero sopravvalutato. Tutti gli anni sessanta sono stati sopravvalutati”), e il suo amore per i Sex Pistols, che “sono riusciti cento volte meglio a dare un calcio in culo a una cultura in declino rispetto ai Beatles”, e per Elvis!! Qui ha inizio uno dei tanti trip Bangsiani. Lester si immagina di andare a frugare nelle interiora di Elvis e di ingerire le pasticche trovate al suo interno (“e così sei davvero riuscito a cibarti del Re del Rock and Roll”). Si crede Elvis. Pensa di essere la sua reincarnazione. Pensa che farà “decine di film inguardabili e lo stesso numero, più un altro paio di decine, di dischi ancora più inascoltabili!…”, poi il trip finisce e si ritrova “disorientanto, spaziato, vagamente depresso, emotivamente annientanto”.
Poi il punk. Dice che il punk è una sua invenzione, ed ecco che parte una sorta di “alla fiera dell’est” su chi abbia rubato il punk da chi. “Iggy lo ha rubato a Lou Reed. Che l’ha rubato a Marlon Brando. Che l’ha rubato a James Dean…..” e avanti così fino ad arrivare a “farneticazioni” che ti lasciano con la bava alla bocca tanto folli.
E alla fine c’è Maggie May, un racconto ispirato dal pezzo omonimo di Rod Stewart. La storia di una scopata, che da vita a una storia quasi nonsense, tra una quarantenne alcolizzata e un adolescenze che diventerà una star del rock. Nel bel mezzo descrizioni di scopate selvagge, di momenti di depressione, di luoghi squallidi della Londra anni sessanta. Incredibile anche qui, come Bangs riesca con la sua fluida scrittura, gonza, divertente, squallida e macabra a raccontare una storia che alla fine ti fa sentire una merda sia che durante la narrazione ti sia schierato dalla parte della MILF che dalla parte del fringuello arrapato.
Incredibile e folle Lester Bangs. Si è schiantato anch’egli troppo presto.Fottuto da un miscuglio di non so quali sedativi. Lester Bangs resta unico, originale, folle. Prima viene lui e poi tutti gli altri, anche H.S. Thompson direi, e non me ne vogliate. Lester Bangs ha dato uno scossone al modo di pensare e interpretare la musica, almeno per il sottoscritto è diventato una sorta di GURU. E sarei curioso, fosse ancora qui in mezzo a noi, di sentirlo sparare a zero su alcune “celebrità” dei giorni nostri.
Ma lui era troppo lercio già di suo per restare qui a sguazzare nella merda insieme a noi. Capì che lo spettacolo era finito non appena i Sex Pistols si sciolsero e facendo due conti decise che non c’era più nulla per cui valeva ancora la pena SCRIVERE.