Barili di motivi umanitari
Da anni il popolo libico è vessato da Muammar Gheddafi, eppure questo non ha impedito alle diplomazie internazionali di allacciare rapporti col rais, di commerciare con la Libia, di armarla, di favorire gli investimenti in Occidente di società riconducibili alla famiglia Gheddafi. Qualcuno è arrivato addirittura a baciargli la mano, ad ospitarlo con pompa magna a Roma con tanto di tenda e hostess da sottoporre alla predicazione del capo dei re africani. Tranne poi accorgersi che colui che era stato il nemico pubblico numero uno degli Stati Uniti non usava metodi democratici. La coscienza si è risvegliata a seguito di una rivolta popolare ancora tutta da spiegare ed ha portato alle cronache il fatto che, udite udite, Gheddafi è uno spietato dittatore. Ci sono voluti più di quattro decenni per realizzare che la Libia è guidata da un uomo senza scrupoli che rispetta i diritti umani con la stessa sensibilità degli avvoltoi coi moribondi, un po’ come i cinesi. Ma una volta realizzato che il dittatore non rispetta i diritti umani, tutti si sono sentiti autorizzati a proporre soluzioni drastiche: “Andiamo, bombardiamo, eliminiamo il mostro Gheddafi”. Stranamente la decisione è stata presa quando dalla Libia è cominciato a diminuire il flusso di petrolio e gas verso il vecchio continente. Allora sono venuti fuori milioni di barili di motivi umanitari per mettere fine alla feroce dittatura del rais, allora anche i baciatori di mani si sono ravveduti ed hanno deciso di iniziare il war-game. Naturalmente i fuochi che sembrano d’artificio sono bombe che stanno uccidendo i libici e non credo che siano così intelligenti da uccidere solo i fedelissimi del rais. Per loro natura, per quanto intelligenti possano essere, le bombe finiscono per uccidere buoni e cattivi, uomini e donne, bambini e vecchi. Diranno che sono danni collaterali inevitabili. Ma questi danni collaterali si chiamano Ahmed, Mohammed, Ali, ecc. e spesso hanno l’unico torto di essere nati in un paese governato da uno spietato dittatore e armato da democrazie occidentali. Esistevano da tempo mezzi per piegare il rais, ma per qualcuno era più comodo farci affari e magari baciargli la mano. Ora si è optato per la soluzione militare. Ancora sofferenze per un popolo che ne conosce da un secolo, ancora morte portata in nome di barili di diritti umani, ancora aerei come corvi neri, ancora dolore su dolore. Anche in Costa d’Avorio c’è un’emergenza umanitaria. Ma fortunatamente per gli ivoriani non ci sono tanti barili di motivi umani per un intervento del Regno della Democrazia.