Anna Lombroso per il Simplicissimus
Eh si avremmo voglia di sentire qualcosa di politico, invece di questo florilegio di menzogne, questo inventario di balordaggini insensate. Che non è il caso di definire bipartisan perché non è vero che non c’è più destra o sinistra, c’è solo una destra che si è ingoiata anche il moderatismo inglobato in una marmellata di autoritarismo, razzismo di ricchi per marginalizzare i poveri di ogni colore, misoneismo anche per quanto riguarda comportamenti e inclinazioni, perché la libertà di vivere le proprie attitudini spetta solo a chi detiene il potere, annientamento del sistema democratico con lezioni ridotte a un rituale che forse ci converrebbe risparmiarci prima che diventi costituzionale insieme a altre catene, anche il voto di scambio alla Lauro e con esso la definitiva legittimazione dell’illegalità.
Avrà dovuto trattenersi Berlusconi dal dichiarare che i quattrini dell’Imu li trarrà di tasca propria, come voleva fare per restituire eleganza a Napoli prima del G8, per aiutare i terremotati aquilani, in quella sua confusa attitudine alla beneficenza che accomuna vecchiette senza dentiera e olgettine, puttanelle e Tarantino, lampedusani e stallieri incompresi. Che tanto nel suo disegno di privatizzazione di governo, stato, istituzioni, televisioni, informazione, beni artistici annessi benignamente a suoi famigli collezionisti, chi capisce più cosa è suo, loro, delle banche nei partiti, dei partiti nelle banche, delle fondazioni dappertutto, mentre è facile capire che è nostro solo il debito. E magari i quattrini davvero avrà pensato di metterceli lui, insieme ad altri amici altrettanto disinvolti, che tanto è confermato che il riciclaggio, come l’evasione, come la corruzione sono problemi troppo grandi, troppo endemici, troppo onerosi per poterli affrontare in tempi brevi, una ventina d’anni ad esempio, proprio come il conflitto di interesse.
Si, sarà stato arduo controllarsi, perché nello statista chansonnier, nel leader cabarettista, nell’imprenditore intrattenitore sono talmente insiti lo spettacolo, la farsa, che è evidente che si innamora per primo della sua stessa seduzione, che si fa incantare per primo dalle sue bugie, che è il primo a cedere al canto delle sue stesse sirene. Che al tempo stesso sa di mentire, di irridere orrendamente gente disperata cui è stata negata ogni ragionevole speranza e si accontenta di frottole, ma lo affascina la potenza della sua stessa mistificazione bastarda. In quel momento il suo ego è il pubblico del suo canto, l’Io compiaciuto non si distingue da quei poveracci che si faranno annichilire dal suono delle sue promesse.
A volte c’è da pensare che più che l’esilio, più che le patrie galere, più che un provvidenziale isolamento dal consorzio civile a questi leader scesi o saliti servirebbe una buona clinica, privata come piace a loro, per curare depressione di quello che smacchia ghepardi e trinca birre solitarie, quell’altro perduto in un autismo spocchioso e tracotante fino alla scissione da quello che ha fatto il giorno prima, il narcisista erotomane compulsivo, il coprolalo sgangherato che implora il bombardamento di Roma e poi smentisce le latitudini e la geografia.
Ma resta comunque una certezza tra tanta confusione, intanto è sufficiente non votarli.