Allora per noi c’erano i maschi che giocavan col pallone, e le femmine che stavano a guardare e, che bruti, dicevano, e scrivevan sui diari di quel rosa bambolina. Era di quell’epoca che con le ragazze ci capitano le prime cose, che capitàno, quanti gliene rifiliamo questa domenica, al campetto? Sempre uno in piú della volta scorsa. Vecchio, questo è parlare! Che piede cià quello nuovo? Speriamo solo che non ci vengono a gironzare le ragazzine, che cian sempre da starci attorno, e non si può star concentrati, vero capitano? Chi sa se vengono, se va a finir che ci sono ci costano la partita, ci costanon per portar sfiga, ragazzi, ma due o tre devono avere la cotta per me, vecchio passami la palla, sai che schifo? Se non ci stiamo attenti va a finir che ci capitano in campetto, ci capitàno, quanti gliene insacchiamo, a quelli di Santa Lucia? Eh, capitano?
Ehi, ma voi non sapete com’è stare alle scuole medie, dice Endri, e tutti fan finta che non gli importi. E a chi gli importa? Perché tu lo sai, Endri, con quella faccia che ti ritrovi, com’è stare alle scuole medie? Tutti si fecero a campanella intorno all’Endri. Giac, fa Endri, ma tu non hai mica capito, e dice se sai che mio fratello, che dalle medie c’è appena uscito, non hai mica càpito in cameretta mentre quello mi credeva di fuori a perdere tempo, e no che lo vedo che sta tutto su con una, grande della sua età, bocca e tutto, appiccicati che si cavavano il fiato dai polmoni, dico, e io gli capito in cameretta nel bel mezzo. Endri ce lo mimò tutto, ora che se ne stava appollaiato sui gradini della chiesa, grande e grosso com’era era uno spasso, e il pallone se l’era preso Fabbe per sedercisi, e tutti a guardare e a far, che schifo! Noi a immaginarci, te l’immagini? Ma voi, vecchi, non avete mica capito, le scuole medie, ricomincia Endri, che sta faccenda del pomiciamento mio fratello se l’è trovata perché la secchiona che s’è sbaciucchiato gli aveva passato storia e matematica all’esame. E cosí, le scuole medie, mio fratello col limonarsi s’è comprato la licenza. Ora però sta alle superiori, che è tutta un’altra storia. Fabbe, pezzo di cretino, a star seduto cosí il pallone ce lo sgonfi, gli fecero gli altri, e Giac, Endri se dovessimo stare a sentir te, con quella fàccia quel che gli pare tuo fratello. E tutti che fan finta che non gli importi. E a chi gli impòrta tu un pallone nuovo, Fabbe, domenica al campetto, che di questo qui ci hai fatto la polenta. Cosí gliene insacchiamo almeno… Quanti gliene insacchiamo, capitano? Uno in piú della volta scorsa. Ma sempre che non vengan le ragazze. Eh sí, fan gli altri.
Domenica, al campetto, quelli di Santa Lucia vennero che vi daremo una bella lezione! Tutti al tombino nel centro del campo, col testa o croce, le hai tu, le cinquecento lire? E Terenas, il pastore tedesco di Endri, a far l’arbtitro e a guardare che tutto si facesse secondo le regole, sgocciolando dappertutto con la lingua di fuori. Palla o campo? Fabbe col nuovo pallone.
C’era caldo per esser fine agosto, ci si godeva i ginocchi sbucciati e per lamentarsi si usava il dialetto. Di qui non passano, fa Endri agli altri davanti alla porta, finché ci son qua io non ci farànno nuovo vita nuova, l’anno prossimo, ragazzi, e forse si giocherà gli uni contro gli altri. Per le classi, dico. Scuole medie. Occhio al pallone. Le ragazze alla fine eran venute, e allo scadere del primo tempo si erano fatte strette strette sui gradini della chiesa a dir, che bruti, e a scriver sui diari. Che ciavran da scrivere? Pensa al pallone. Tutta colpa loro se siamo sotto di tre, fa Giac. Specie quelle carine, quelle carine portan piú sfiga di tutte. Non gli importa neanche niente della partita, dico, stan lí per dar fastidio, le civettuole. E tu scemo che stai lí a guardarle. Loro, vecchio pensa al pallone, e Endri, ragazzi le scuole medie, se in classe mi capita quella coi pantaloncini lí in prima fila, meglio lasciar perdere il pallone: quella porta sfiga tutta l’anno. Ti immagini?
Quando stavamo sotto solo di uno, Arini, di Santa Lucia, fece uno scarto tendendo la gamba, sull’ala destra del campo, perché c’era Endri che s’era intrufolato e saliva, saliva, saliva: sali En, che non ti prendono piú! Invece Arini lo prende in pieno e van giú tutt’e due. Terenas segnala l’irregolarità, sbuffando e abbaiando su e giú per il campo. Dico, Arini, grazie, ma mira meglio la prossima volta, cosí me ne sto a casa tutto settembre con la gamba appesa ad un laccio! Arini faceva già le scuole medie, ma non era piú alto di noi, né tantomeno dell’Endri, che era fatto con due spalle cosí. E Arini aveva il ciuffo biondo sulla fronte, che si pettinava con la mano. Endri punta il pallone per il calcio da fermo e chiama tutti su, che ci volessero due con la testa buona davanti alla porta, come il Perr e Sandro, e Giac, col piedino, in ala. Ora gliela mettiamo, dice Endri, con le ragazze che stanno a guardare, ti pareva? Endri fa su su con la mano, e tutti che fan capannella in area, sotto i gradini della chiesa, con le ragazze che comincian coi gridolini e le canottiere strette, le code di cavallo, i diari color bambolina. Endri si prende due passi e sferza, giú giú giú fan loro, piedino, Giac! Ma Arini fa uno scarto e, buttato in mezzo alla traiettoria, prende la pallonata sulla coscia, e tutt’e due, Arini e il pallone, vanno a finir sull’Endri che si prende un’acculattata. Le ragazze, dai gradini, fanno Oooh! E noi, Endri, spaccagli il muso! A rider come pazzi. Dico, Galvani, gli fa Arini delle scuole medie, coll’Endri ancora giú che lo guarda diperterra, tuo fratello dice in giro di mia sorella. Che badasse a quel che gli esce dalla bocca, se non vuol grane. E chi gliele dà le grane, io, tu, ma se mio fratello invece che studiare si sbaciucchia le racchie secchione, è solo che furbo. Ma Arini gli ha già pestato in faccia e lo prende per il bavero, tu e tuo fratello figli di’ Arini, vieni un po’ qua, l’Endri s’è rialzato. Quello gli ha mollato uno spintone, ma Endri cià il petto fumante d’un toro, e lo rivolta con una manata diritta in testà ben, facciamo noi in dialetto, e Endri l’ha preso per una manica e lo trascina ridendo per il campetto. Se l’è cercata, con l’Endri: dài vecchio, lascia stare, l’ha imparata. Gli si cavano i pantaloni! Ad Arini che striscia sull’asfalto tirato per la manica.
Dalla prima fila, la ragazza coi pantaloncini buttò a terra il diario e scese gridando e piangendo fino al tombino, dove Endri s’era portato Arini per il braccio. E tutto il crocchio di amiche le scivolò didietro, con le mani per aria e i gridolini. Lascialo, lascialo, lascialo! E quelli di Santa Lucia si aggroppano sulla schiena dell’Endri, e tienlo fermo, sta bestia che sei! Terenas, che permetteva solo le zuffe divertenti, prese a ringhiare e a sbuffare in difesa del padrone, ma Endri non lo molla. Te lo dico io, Arini, tua sorella! Endri cià tutta Santa Lucia sulla groppa, ma stringe i pugni sul bavero di Arini e stronfia come un toro. Quello carica col naso e gli sputa in faccia, e l’Endri fa fischiar le guance e gli ha mollato una scatarrata in un occhio, e stan lí finché non han piú fiato e piú saliva, allora si cacciano gli insulti, tutt’e due coi capelli impiastricciati. Finalmente veniamo anche noi e cerchiamo di separarli e di calmare l’Endri. Dico, Endri, l’ha capita! Mollalo un po’, siete ludri di sputo, vecchio, tutt’e due!
Allora dal campanile si sporse il Don che, se vien fuori cos’è sta baruffa! E a schiccherar madonne, voi, fa, lí di sotto, Giuda, la Maria, disgraziati! E venne giú capitombolando, che ora arrivo a confessarvi tutti, maledetti! E noi, Endri, a’ che scende il Don, dico, molla! E le ragazze pure a chiamarlo per nome, Endri, lascialo, esageri, che ti ha fatto? Molla, Endri, e il Don giú per il campanile, le madonne, vi confesso a uno a uno, attaccabrighe! E pure la ragazza coi pantaloncini, s’è abbracciata a Arini, e la coda le si è sciolta, dico, mollalo, bestia che sei! E l’Endri che non si lascia con Arini, ma la ragazza dai pantaloncini s’è messa in mezzo, e corpo e tutto sta su Arini per proteggerlo. Endri allora gli molla il bavero e si fa su tutto impacciato. Fabbe va a raccogliere il pallone, noi che ce la battiamo, e fa ad Arini, Arini t’ha salvato la civettuola, che sennò l’Endri ti faceva nuovo ti faceva. Dài, via Fabbe, a’ che il Don, c’è solo guai con quello. Via via via!
Dai gradini arrivò il Don sciabattando e affibbiando scappellotti senza badare chi gli venisse a tiro. Era rosso e gonfio come un diavolo, coi suoi, e si può sapere, e io che m’ero fatto prete, sempre dietro a far bordello, e poi giú con il dialetto e gli scapaccioni. E a te non t’ho mai visto, ma noi eravamo filati fuori dalla parrocchia, e tu com’è che ti chiami, e si può sapere, ma anche quelli di Santa Lucia se l’eran battuta, lasciando il Don a pestare giú col piede e a cercare di prender per aria le pagine dei diari rosa bambolina e i gridolini delle ragazze. Ma si può sapere, e giú le madonne.
Emiliano Garonzi
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