Di una cosa sono sicuro: che un imbecille non possa possa far molta carriera dentro un ambiente intelligente. E la stessa cosa vale per le qualità umane: difficile che un animo spregevole possa farsi strada in un ambito spiritualmente elevato. Ogni miseria, ogni bassezza ha bisogno dell’habitat che la incoraggi.
Quindi poche storie, non mi si venga a dire che monsignor Babbioni, al secolo Babini, per un evidente errore del detto nomen homen, sia una specie di pazzo che parla a vanvera e dice cose che repellono alla civiltà. Se così fosse , se il suo cianciare fosse del tutto al di fuori dei pensieri e dei retropensieri della Chiesa, non sarebbe diventato vescovo.
E se fosse nel frattempo impazzito lo avrebbero ricoverato o messo nelle condizioni di non esprimersi: la Chiesa ha forse perso la capacità di parlare ai cuori, ma non certo quella di farli tacere.
Così in questi giorni che precedono un 25 aprile assediato da svastiche e da un regime corrotto, vissuto non come una solenne ricorrenza, ma come un invito ad agire di nuovo per la libertà, il monsignore emerito, ex vescovo di Grosseto, ci fa sapere che gli ebrei sono deicidi, dunque imperdonabili e che in combutta con i massoni hanno creato lo scandalo pedofilia. Ribadendo quanto aveva già detto tempo fa.
Del resto l’anno scorso lo stesso illuminato vescovo ha percorso in modo ambiguo quella strada del negazionismo che oggi si traveste in molti modi, esonda dai cuori di tenebra della nostra epoca e si nasconde anche dietro sigle anarchico libertarie: tanto non è che lo spirito critico sia più di tanto acuminato e si può far bere ogni schifezza facendola passare per ambrosia. “L’olocausto fu una vergogna per la intera umanità,ma ad esso occorre guardare senza retorica e con occhi attenti. Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità é che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono la economia tedesca.” Pure cazzate caro emerito Babbioni, leggiti un po’ di storia e di economia, come anche qualcun altro dovrebbe fare.
Questo in aggiunta a tutte le altre cose che ha detto sui gay, sulle donne, sugli immigrati in pieno delirio fascio berlusconista. Robe che gli avvinazzati nei bar di Caracas hanno lo spirito critico di non dire.
Ed è in questa atmosfera da trivio intellettuale e di completo sbando morale, di cui il vescovo emerito è solo una voce sguaiata, ma non stonata rispetto alle contestualizzazioni e agli affari sottobanco, che la Chiesa si appresta a beatificare papa Wojtyla. Naturalmente con una cerimonia che ci costerà la bellezza di sette milioni di euro.
Una beatificazione che, come dice don Paolo Farinella, sembra piuttosto un’operazione di marketing. Diretta a due cose: al tentativo di risollevare una fede languente, ridotta a chiudere gli occhi di fronte ai bunga bunga e ormai monopolio di organizzazioni economiche come l’Opus dei e la Compagnia delle opere. Le scritture contabili hanno sostituito quelle sante. In secondo luogo serve a beatificare attraverso un Papa conservatore, modernissimo nel gesto, ma arcaico nel pensiero, l’attuale tendenza anticonciliare e la Chiesa stessa come organnizzazione terrena.
Insomma è un’autobeatificazione che scopre e nasconde al tempo la mancanza di un vero messaggio. Ed è in questo contesto che trovano voce i Babini, la schiera di emeriti senza ulteriori anche se necessarie determinazioni e anche i vescovi mancati come Giovanardi che non hanno preso i voti, ma vogliono i voti. In questa Chiesa del silenzio e della fede monetizzata, queste voci scomposte, volgari, presuntuose e ignoranti , riempiono un vuoto, rinfocolano umori, rimbombano come tamburi, danno l’impressione che oltretevere ci sia ancora vita e nascondono, come avrebbe detto Lutero il tintinnio della moneta che cade nel cestello.