A dieci anni dalla legalizzazione dell’eutanasia in Belgio, diversi medici e scienziati hanno tenuto a ribadire che non si tratta affatto di una ricorrenza felice. Il quotidiano “Le Libre Belgique” ha infatti ospitato una lettera di diversi operatori sanitari molto scettici sull’opportunità di proseguire sulla strada della morte a richiesta. Tra i firmatari troviamo vari prestigiosi medici con responsabilità elevate nella sanità belga.
Come avvenuto di recente in un articolo sul prestigioso “British Medical Journal”, si è fatto notare che «adeguate cure mediche, consulenza e una presenza amorevole accanto al malato spesso rimuovono la richiesta di eutanasia». Certo, occorre scongiurare l’accanimento terapeutico ma anche intensificare la terapia delle cure palliative, sono esse che «promuovono una morte vera e propria con dignità, evitando deliberatamente di abbreviare la vita. Numerosi operatori sanitari e volontari accompagnano la fine della vita con una perseveranza ammirevole. Giorno dopo giorno, evitando qualsiasi tipo di trattamento aggressivo, mobilitano le risorse mediche più efficace per alleviare il dolore fisico. Il loro ascolto, la loro professionalità e generosità di cuore, calma il paziente e lo supporta fino al suo ultimo respiro». Questo è il vero compito del medico, ricordano i firmatari, tanto che in molti «hanno scoperto che invece di uccidere, è più bello e gratificante dare la qualità alla vita fino alla fine».
La richiesta di eutanasia deve essere accolta dalla società? «Tale richiesta», si rispondono i medici, «è spesso un grido di aiuto. In questo appello, dobbiamo ribadirlo con forza, l’unica risposta adeguata è quella di sostenere il desiderio di vivere che si manifesta in ogni espressione di una domanda per la morte». Si vuole far passare l’eutanasia come una richiesta individuale (secondo il ricatto che recita: “se tu non vuoi morire così non chiedere l’eutanasia, ma io devo essere libero di farlo”), ma non è affatto così: l’eutanasia legale, continua l’appello, «influenza il tessuto sociale e la nostra concezione di medicina sociale. Viola un divieto fondatore, colpendo anche le fondamenta della nostra democrazia, individuando una classe di cittadini che può causare la morte con l’approvazione della società. Dal momento che si tratta di una innegabile dimensione socio-politica, l’eutanasia può essere legittimamente contestata in nome degli interessi pubblici: per salvaguardare i fondamenti della democrazia e della tutela della specificità della medicina». Inoltre, secondo l’esperienza di questi specialisti, «l’eutanasia degrada la fiducia nelle famiglie e tra le generazioni, instilla la sfiducia dei medici e indebolisce le persone più vulnerabili, come risultato di varie pressioni, consce o inconsce».
«Per depenalizzare l’eutanasia, il Belgio ha aperto un vaso di Pandora», hanno riconosciuto i medici, consapevoli dell’inarrestabile piano inclinato come più volte sottolineato. «Come previsto, una volta tolto il divieto, si cammina rapidamente verso una banalizzazione dell’eutanasia» e della morte. I medici hanno quindi concluso: «Dieci anni dopo la depenalizzazione dell’eutanasia in Belgio, l’esperienza dimostra che una società che sostiene l’eutanasia rompe i legami di solidarietà, fiducia e sincera compassione che sono alla base del “vivere insieme”, arrivando ad auto-distruggersi».