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Io guido bene. O, almeno credo. Fatto sta che da subito mi sono trovata bene a guidare proprio in quel di Napoli. La città che vanta leggende metropolitane e verità inconfutabili su traffico, ingorghi e guida creativa.
Forse è vero, il napoletano al volante sembra che impugni la cloche di un aereo da combattimento. Con tanto di pulsantiera per sgancio di missili e razzi atti ad abbattere il nemico. Ma è anche vero che la guida "sportiva" partenopea ce la mette tutta ad evitare di intralciarti, se proprio ti sorpassa (da destra, da sinistra e anche da sopra!).
Ben diversa è la triste storia del beneventano al volante. La cui andatura rischia di farti venire il latte alle ginocchia. Non è raro vedere vecchietti muniti di girello sorpassare auto costose, poste esattamente al centro della carreggiata. E' il rito della passeggiata urbana di cui il beneventano è vittima. Una passeggiata senza mai scendere dall'auto, il vero status symbol di provincia. Perché tutti la possano vedere e ammirare.
Guidando quotidianamente in questi luoghi ameni, ho iniziato ad immaginare il mio percorso come una corsa ad ostacoli. O una gara con diverse prove di abilità.
La prima è quella dello stop a sorpresa. Sei su una strada principale, su un rettilineo di due chilometri. Da lontano vedi che una macchina attende allo stop il tuo passaggio. Potrebbe passare tranquillamente. E, invece, ti aspetta. Con calma. Con metodo. Fino a quando non sei così vicino da rendere l'immissione un azzardo. E' allora che vedrai la macchina sbucarti davanti con uno scatto degno di una Ferrari. Solo per posizionarsi davanti alla tua vettura e riprendere l'andatura da tartaruga. Immagino che quanto più vicina sia l'auto allo stop, maggiore sarà il punteggio accumulato.
I punti, però, si possono accumulare anche con le rotatorie. In questo caso il gioco consiste nell'immettersi nella rotonda e fermarsi a metà strada per lasciar passare un fantomatico veicolo proveniente dall'altra uscita. Per un bonus, si deve occupare il lato interno della carreggiata, così da poter uscire dalla rotonda tagliando la strada a quanti più veicoli possibili.
C'è, poi, il gioco del semaforo. In questo caso lo scatto e la frenata sono alla base del successo. Perché il beneventano spinge l'acceleratore a tavoletta quando vede che è scattato il verde. Ma solo se si trova troppo lontano per potercela davvero fare a passare. In quel caso, maggiore è l'accelerata e più stridente sarà la frenata. Chi fa più rumore si aggiudica il set.
Per i meno temerari, molti punti si possono accumulare col parcheggio in doppia e terza fila o col parcheggio selvaggio dei weekend. La regola vale solo se, due metri più avanti, sia possibile parcheggiare nelle temibili strisce blu. Bonus fantasmagorico se, invece, sono bianche.
Visto che la gara ha riscosso un certo successo, ci si è messa anche l'amministrazione beneventana ad inventare nuovi giochi. Da qualche anno a questa parte, infatti, il piano traffico cambia in base alle commissioni che l'assessore preposto deve sbrigare in mattinata. Così, se c'è da pagare la bolletta, il senso di marcia della strada X sarà invertito. Se, invece, deve andare a ritirare gli abiti in lavanderia, la strada Y diventerà a senso unico. E così via. Ma attenzione. Non è detto che la variazione resti tale per molto tempo.
In tre anni, ad esempio, le due stradine che conducono sotto casa mia hanno avuto almeno quattro cambi di notevole successo. Al punto che oggi, la strada divenuta a senso unico in ingresso è percorsa in controsenso da automobilisti inferociti e convinti di essere nel giusto. Punto bonus a quello che, incazzato, scende addirittura dall'auto per minacciarti e poi torna con la coda tra le gambe nell'abitacolo.
Siamo in attesa, con la nomina della nuova giunta, di conoscere le nuove variazioni per rendere il gioco ancora più elettrizzante.
Io, nel frattempo, ho deciso di ritirarmi per manifesta incapacità. Così, dopo il lavoro, lascio l'auto dove posso. E mi godo, a piedi, le meraviglie della mia città.Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.
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