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Berlusconeide: the breakup

Creato il 19 luglio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Berlusconeide: the breakup La prova del nove è stata ieri. La Borsa di Milano ha chiuso a meno 3% e lo spread con i bund tedeschi è tornato sopra i 330 punti. Qualche giorno fa ci eravamo dilungati a spiegare cosa cazzo significassero tutti questi termini astrusi, per cui crediamo sia inutile riscrivere ancora una volta una legenda ad usum leghistorum. Il significato è che all’estero non si fidano più dell’Italia, che la manovra da 70 miliardi di euro messa in piedi dal candidato al Nobel per il Disfacimento Economico, Giulio Tremonti, non vale un fico secco, che la credibilità del Belpaese è pari a zero, che i nostri Buoni del Tesoro sono buoni si ma per incartarci il pesce. E mentre qualche milione di italiani che guadagnano meno di 1000 euro al mese stanno tornando a casa dei genitori con mogli e figli al seguito, lo Stato che fa? Liberalizza il gioco d’azzardo: videopoker e roulette on-line da oggi sono legali. Non essendoci più panem, avanti con i circenses il che significa che Silvio è peggio di Claudio Cesare Augusto Germano in arte Nerone, che almeno una pagnotta al popolo ogni tanto la tirava. Questi invece, le mezzeseghe non elette dal popolo ma nominate dalla casta che si autoperpetua, la pagnotta se la magnano loro e ‘ndo culo alla gente. La nostra amica casalinga di Abbiategrasso dopo che si è vista tornare a casa figlio, nuora e una vagonata di nipoti che non vedeva da un decennio, ha deciso di non guardare più il Tg1, ha mandato affanculo Emilio Fede e la domenica, invece di seguire l’Angelus di Papa Ratzinger carrozzato Bertone, preferisce rivedersi i vecchi film in bianco e nero di Rai3. Parliamoci chiaro, in quanti altri paesi del mondo un regime che perde ogni giorno pezzi come questo made in Italy sarebbe ancora in piedi? Nessuno, compreso quello di Tuiavii di Tiavea, capo dei Papalagi samoani, che scoprì la corruzione durante un viaggio in Europa. Il regime di Silvio si sta liquefacendo, sta perdendo ogni giorno sostanza organica per somigliare sempre di più a un ectoplasma. Ministri indagati per mafia, portavoce defenestrati, deputati magistrati di cui le procure chiedono l’arresto, deputati semplici a cui altre procure vorrebbero mettere le manette, e poi frequentatori di centri benessere “penale”, maggiordomi con incarichi di responsabilità durante le catastrofi affetti da dolorose cervicali, alti dirigenti a cui accadono cose a loro insaputa, manovratori occulti, vecchi pensionati nostalgici delle logge massoniche che speculano pure sulle energie rinnovabili, mafiosi che diventano eroi ed eroi che vengono additati al pubblico ludibrio dalla stampa dei liberi servi, burattini tenuti per le palle con dossier mascherati da solidissimi fili d’acciaio e poi una pletora di adulti analfabeti di ritorno di cui l’Italia detiene il record mondiale e che non ammetteranno mai di esserlo. Essendo privi di una qualsiasi forma di dignità, che sembra essere diventata più una prerogativa del regno animale che di quello umano, i “bravi” dell’Innominabile (perché comincia a portare sfiga), a tutto pensano meno che a porre fine alla loro vuota esistenza con un deciso colpo di pistola alla tempia, per ammazzarsi ci vuole un coraggio della madonna e loro, il coraggio, non sanno neppure cosa sia. La storia di Mario Cal, braccio destro del Don Verzè re indiscusso della sanità privata e fedele amico da anni di Silvio Berlusconi, ricorda per molti versi quella di alcuni “uomini” di Tangentopoli che, travolti dallo scandalo, non sopportarono l’idea di finire sulle prime pagine dei giornali e nei titoli di testa del Tg3 e di La7 perché gli altri non ne avrebbero parlato. Il responsabile delle finanze dell’impero di Don Verzè ieri mattina è andato al lavoro. Si è seduto alla sua scrivania, ha dato un’occhiata alla statua dell’Arcangelo Raffaele (2 milioni e mezzo di euro), scritto due lettere d’addio e finito la sua giornata con un colpo di Smith&Wesson calibro 38 alla tempia. Nei giorni scorsi era stato sentito dal sostituto procuratore Luigi Orsi che voleva sapere che fine avessero fatto i 440 milioni di euro che la Regione Lombardia da al San Raffaele (l’ospedale non l’arcangelo), a fronte di un fatturato complessivo di 600 milioni. Alla chiacchierata con il procuratore, è seguita la pesante situazione dell’ente che il Vaticano decide all’improvviso di commissariare inviando a Milano l’amministratore del Bambin Gesù, Giuseppe Profiti. Don Verzè viene “esautorato” e diventa presidente onorario della Fondazione Monte Tabor, mentre tutti i poteri passano Oltretevere. Mario Cal, che ha sempre detto di aver “fatto tutto” per il bene dell’ospedale, viene descritto da chi gli sta vicino “addolorato”, “prostrato”, “impaurito”. Dopo il suicidio, la magistratura vuole vederci chiaro e soprattutto vuole sapere cosa si cela dietro quel “ho fatto tutto per il bene dell’ospedale” che, allo stato delle cose, qualche perplessità la desta. Che l’impresa di Don Verzè sia sotto di 900 milioni di euro non è una novità, quello che resta da capire è "il perché" sia sotto di tanto, ed è su questo che stanno ora indagando la magistratura e la Guardia di Finanza. Resta l’impressione che se i rapporti del prete sospeso a divinis dalla Curia ambrosiana negli anni ’60 (perché “è un affarista a cui togliere il ministero sacerdotale e impedire la celebrazione della messa”) con Silvio non fossero stati così buoni, probabilmente il bubbone San Raffaele (l’ospedale non l’arcangelo), sarebbe scoppiato prima, ma tant’è, prima o poi tutto torna e la storia e il tempo alla fine sono i migliori testimoni di sempre. Mario Cal ha deciso di pagare la fedeltà al suo mentore con la vita. Non siamo mica convinti che altrettanto farebbero i servi di Silvio. No, non ne siamo affatto convinti.

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