#Berlusconi e quella #Italia che dovremmo avere in mente

Creato il 14 luglio 2012 da Intervistato @intervistato
Del ritorno presunto del cavaliere, di quello che noi Italiani dovremmo volere, di quello che anche la sinistra forse dovrebbe fare, del futuro che forse dovremmo cominciare a creare e non solo immaginare.
"Io credo che questa decisione noi, tutti noi, l’abbiamo assunta certo guardando ai pericoli che si venivano profilando – li avete ricordati qui questa mattina –, ma la ragione forse ci avrebbe invitato a continuare a preoccuparci del nostro particolare, della nostra famiglia, delle nostre aziende, del nostro mestiere, delle nostre professioni. Abbiamo deciso invece di dare una risposta diversa, perché abbiamo sentito che si profilava un pericolo: una nuova legge elettorale, dei politicanti incapaci di mettersi d’accordo, la possibilità che il nostro Paese fosse governato da una minoranza, da una minoranza che conosciamo bene, che ci avrebbe inflitto un futuro soffocante e illiberale. [applausi]Abbiamo sentito venire fuori dal Paese, da tutto il Paese, dal Nord, dal Sud, dalle persone di tutte le categorie, di tutte le età, una domanda, un desiderio, una voglia di cambiamento, non soltanto un cambiamento di uomini, ma anche un cambiamento del modo di fare politica. Basta con la politica delle baruffe, delle parole, delle chiacchiere, dei veti incrociati, dei vecchi rancori, delle trattative sotto il tavolo: abbiamo sentito la voglia di una politica diversa, di una politica pulita. Abbiamo sentito salire da tutte le parti la voglia di un nuovo soggetto politico, abbiamo sentito venire dal Paese la domanda di risposte concrete ai problemi concreti del Paese."
Silvio Berlusconi  Roma, Palafiera - 6 febbraio 1994
Era il 6 febbraio del 1994, quando Berlusconi pronunciava il passaggio di qui sopra, proprio all'inizio del suo primo discorso, tenuto al Palafiere di Roma. Da allora, da quel lontano 1994 non è cambiato nulla, nulla che si possa ritenere cambiato in meglio, nessuna risposta diversa è arrivata. Il paese ha subito un rapido, e costante, declino culturale. I valori, almeno quelli che dovrebbero essere comuni ai cittadini accomunati sotto una stessa bandiera, smarriti chissà dove. La disaffezione per la politica che ha toccato soglie inimmaginabili e di cui oggi tocchiamo con mano, anzi, con voto, i danni. Il buon gusto, persino il buon gusto in oltre vent'anni è andato smaterializzandosi.
Il grande progetto Berlusconiano insomma è fallito. O forse non è mai nato, non esisteva, ma questo allora nessuno poteva saperlo, non lo sapevano nemmeno loro (e nemmeno lui, probabilmente, ne era davvero cosciente). Piano piano durante gli anni della mia adolescenza fino alla maturità e via via arrivando fino ad oggi ho osservato i pezzi incoerenti di questo grosso puzzle cadere. E il motivo lo si ritrova banalmente nel titolo di quel libercolo che raccoglieva i discorsi di Berlusconi: L'Italia che ho in mente.
Il problema è qui, L'Italia che aveva in mente non era quella che andava bene per il paese che è composto da una moltitudine e non da un solo uomo. Il personalismo, di cui tutta la dottrina Berlusconiana era infarcita ha finito per lasciare profonde ferite che alla lunga hanno lacerato questo paese che ha finito per asservirsi al narcisismo di un uomo che alla "politica delle baruffe, delle parole, delle chiacchiere, dei veti incrociati, dei vecchi rancori, delle trattative sotto il tavolo" non ha detto basta, ma ne ha anzi fatto degli strumenti per mantenere il comando.
Ma dopo vent'anni basta, dopo vent'anni l'Italia che dovremmo volere, noi, Italiani, è un paese in grado di dire No al ritorno del cavaliere, è un paese che dovrebbe trovare il coraggio di chiedere a gran voce equità, una giustizia giusta e rapida che non vada a due o più velocità cadendo nella trappola dei distinguo a seconda degli imputati, un paese che faccia politica per tutti e non solo per i politici, un paese che finalmente apra gli occhi senza paure e vecchie retoriche su libertà e diritti civili, differenze etniche e culturali, un paese la cui informazione non sia dipendente dai capricci di un tycoon e ripulita di quel pressapochismo studiato nell'infallibile formula del "meno sai e meglio stai meno problemi ci dai".
L'Italia che dovremmo volere ha gli occhi aperti sul futuro, quello di noi giovani, in maniera lungimirante. E' un paese, quello che dovremmo volere, che investe sul domani e non sul tentativo di mantenere il comodo, per alcuni, immobilismo di oggi. L'Italia che dovremmo volere è un paese in cui le forze politiche di centrodestra e i propri elettori dovrebbero trovare il coraggio di dire ora basta, ora ripigliamo in mano noi le redini e in cui la sinistra torna a fare la sinistra, che non è quella retorica degli ultimi venti anni, ma è quella che ha il coraggio di osare nelle proposte e non si nasconde dietro il fantasma di un nemico che poi in fondo le ha fatto tutto sommato un gran comodo perché i litigi e le correnti e i personalismi, anche li, avrebbero comunque bloccato tutto e allora tanto valeva restare nel gioco di ruolo e non rischiare.
Insomma, vent'anni dopo quel 1994 l'Italia che dovremmo avere in mente è un paese in cui non ci dovrebbe essere più spazio per Berlusconi e per un certo modo di fare politica e di intendere il paese. L'Italia che oggi dovremmo avere in mente è un'Italia pensata dagli Italiani, con le loro teste, perché in fondo è il paese di tutti noi, non solo di alcuni.
Berlusconi avrà anche il diritto di ricandidarsi, ma solo se il paese sarà in grado di dirgli "No", a 360 gradi, allora potremo finalmente dire di aver cominciato una nuova stagione, a testa alta e con credibilità davanti agli altri paesi, e solo in quel momento potremo dire di aver compiuto il primo passo in cui per poter osservare le anomalie dell'ultimo ventennio dovremo girare la testa in dietro e non di fianco.
Matteo Castellani Tarabini


The Italy we should have in mind
"I believe that this decision, we - all of us, have made looking at the dangers that were appearing on the horizon - you have remembered them here this morning -, but reason would probably have invited us to continue worrying about our own, our families, our companies, our work, our professions. We decided to give a different answer instead, because we felt that a new danger was rising: a new electoral law, politicians incapable of finding an agreement, the possibility that our country was governed by a minority, a minority we all know well, that woul dhave imposed a suffocating and illiberal future on us. [round of applause] We heard from outside the country, from all the country, from the North, from the South, from people of all categories, of all ages, a question, a desire, a willingness to change, not only a change of people, but also a change in the way of doing politics. Enough with the politics of fights, of words, of chats, of cross vetos, of old spites, of agreements made under the table: we heard the need of a different politics, a clean politics. We heard from all around the desire for a new political subject, we heard from the 
country the need for concrete answers to concrete problems of the Country."
Silvio Berlusconi Roma, Palafiera - February 6th 1994
It was the 6th of February of 1994, when Berlusconi pronounced these words, right at the beginning of his first speech, held at the Palafiere in Rome. From that moment, from that distant 1994, nothing has changed, nothing that can be considered changed in better, no different answer has arrived. The country has suffered a fast and constant cultural decline. The values, at least those that should be common to citizens that have the same flag, have been lost who knows where. The disaffection for politics has touched inimaginable hights, and today we touch with hand, or actually with the vote, the damages. Good taste, even good taste has disappeare in these 20 years.
The great Berlusconi project has failed. Or perhaps it had never been born, it didn't exist, but nobody could know that at that time, not even then (not even him, probably, had truly aknowledged it). Little by little during the years of my adolescence until maturity and until today, I have observed the incoherent pieces of this enourmous puzzle fall. And the reason can be easily found in the title of the little book that put Berlusconi's speeches together: The Italy I have in mind.
The problem is here, the Italy he had in mind wasn't the one that was good for the country, which is composed by a mutitude of people, and not by one single man. The personalism, of which all Berlusconian doctrine is made, has ended leaving deep wounds that in time have teared the country apart. A country that has ended up as a servant to the narcisism of a man that to the "politics of fights, of words, of chats, of cross vetos, of old spites, of agreements made under the table" hasn't said "enough", but that instead has turned them into tools to mantain comand.
But after twenty years it's enough, after twenty years the Italy we should want, we Italians, is a country capable of saying "No" to the return of the Cavaliere, it's a country that should find the courage of asking equity, a rapid and just justice that doesn't go at two or more speeds, falling in the trap of distinctions based on how important the defendant is, a country that does politics for everyone and not just for politicians, a country that finally opens its eyes without fears and old retorics on freedom and civil rights, ethnic and cultural differences, a country in which information doesn't depend on the whims of a tycoon and purged of that carelessness studied in the infailible formula of "the least you know, the better you feel, the least problems you give us".
The Italy we should want has its eyes open on the future, the future of us young people, in a forward-looking manner. It is a country, the one we should want, that invests on tomorrow and not on the attempt to maintain the comfortable, at least for some, immobility of these times. The Italy we should want is a country in which the political forces of center - left wing and their voters should find the courage of saying "enough", now we're taking the reins back and in which the left wing goes back to acting as a left wing, that isn't the retorical one of the last twenty years, but the one that has the courage of daring in proposal and that doesn't hide behind the ghost of an enemy that after all has been extremely useful because the fights and the currents and personalisms, there as well, would have blocked everything and in that case it was even better to remain in the role play and not risk anything.
So twenty years after that 1994 the Italy we should have in mind is a country in which there should be no more space for Berlusconi and for a certain way of doing politics and of understanding the country. The Italy that today we should have in mind is an Italy thought by Italians, with their heads, because in the end it's the country of all of us, not only of some.
Berlusconi will have the right to recandidate, but only if the country will be able to say "No", at 360°, then we will finaly  say we've started a new season, with our heads high and with at least a bit of credibility in front of other countries, and only in that moment we will be able to say we've made the first step, in which to observe the anomalies of the last twenty years we should turn our heads behind, not sideways.
Matteo Castellani Tarabini

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