Un imponente serpente di cemento alto otto metri che si snoda per 730 chilometri separa nettamente ciò che è Israele da ciò che è Palestina. Per alcuni è il “muro di sicurezza”, per altri è il “muro della vergogna”. Tutti soffrono di questa misura di prevenzione, chi più chi meno.
Ph. Valeria Scuto
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Betlemme è una cittadina abitata da meno di 30mila persone che vivono essenzialmente di turismo e di agricoltura. Luogo della natività di Cristo, Betlemme, è il cuore della cristianità e meta di continui pellegrinaggi di fedeli. Ha vissuto la dominazione araba, le Crociate e gli scontri della seconda Intifada.
Ph. Valeria Scuto
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Nella città dove tutto è cominciato oggi i cristiani rappresentano solo il 12% degli abitanti, nel 1960 erano il 49%. I cristiani hanno più facilità di emigrare e chi ha potuto se ne è andato. Oggi la Chiesa della Natività e la Moschea di Omar si guardano da un lato all’altro della piazza principale della città, coesistendo in maniera relativamente pacifica. Gli israeliani cominciarono a costruire il muro nel 2002, stringendo la città in una morsa di cemento, quando Israele venne sconvolto da un ondata di uomini kamikaze che venivano dai Territori Occupati.
Ph. Valeria Scuto
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Con la costruzione del muro molti contadini sono stati separati dai loro campi, intere famiglie sono state divise e tanti hanno perso il loro lavoro. Adesso passeggiando per le strade della città si vedono alberghi vuoti, parcheggi multipiano deserti e negozi di souvenir con qualche raro cliente.
Ph. Valeria Scuto
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Nonostante gli instancabili appelli lanciati da Giovanni Paolo II, prima, Papa Francesco, dopo, assieme a molti esponenti della comunità internazionale, nulla è cambiato. Le grandi speranze per un forte rilancio economico sono sfumate in un futuro ancora troppo incerto, ma gli animi delle persone rimaste sono ancora vivi e forti. I visitatori e gli abitanti di Betlemme hanno fatto del muro la loro forza, la loro voce nel mondo.
Ph. Valeria Scuto
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