Magazine Cinema

Bianca come il latte e rossa come il sangue: la recensione

Creato il 05 aprile 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Campiotti vs Gus Van Sant: 0-3
Ora che Brizzi e Moccia hanno corretto il tiro e puntano su universitari e/o lavoratori precari, e Muccino ormai da tempo si concentra sugli amori adulti, mancava qualcuno che prendesse l’eredità di un filone, quello dei teen-movies, che in Italia è sempre fruttato non poco al botteghino. E’ arrivato Giacomo Campiotti, regista soprattutto di serie tv (ma non solo, iniziò come aiuto regista di Mario Monicelli), per trasporre sul grande schermo un bestseller nato tra i banchi di scuola, o meglio dietro una cattedra: Bianca come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D’Avenia.

Avvertenza: se chi legge ha sotto i diciotto anni è invitato a non proseguire, ed eventualmente andare al cinema per godersi una tragicommedia esistenziale dal sapore adolescenziale. Strappalacrime, farcita di frasi ad effetto e scene madri studiate per commuovere, farà la gioia di tutte le teenager pronte ad emozionarsi, fazzoletti alla mano. Per tutti gli altri, occorre forse sottolineare come Bianca come il latte, rossa come il sangue fallisca proprio lì dove, ad esempio, Gus Van Sant con L’amore che resta ha memorabilmente trionfato, raccontando con garbo, eleganza e poesia una storia d’amore con protagonisti due adolescenti, nata anch’essa sul crinale della malattia, senza tuttavia (s)cadere mai nel retorico, nel banale o, peggio, nel ricattatorio.

Non si può dire lo stesso del film di Campiotti – colpa più della sceneggiatura che della regia – che tuttavia vanta buoni interpreti: Luca Argentero è un professore di vita, prima che di letteratura (ed è un attore sempre convincente), Flavio Insinna un padre che sa capire, Cecilia Dazzi una dolcissima madre preoccupata, Filippo Scicchitano un ragazzo come tanti che cerca di comprendere se stesso, i sentimenti e il mondo che lo circonda. Bravissima anche Aurora Ruffino, nei panni della migliore amica del protagonista, irraggiungibile e algida invece Gaia Weiss a cui spetta il ruolo più difficile (e non per tutte, appunto).

Un applauso va senz’altro alla scelta della colonna sonora: i Modà raccontano e ridipingono con i loro colori musicali le scene (su tutte, Se si potesse non morire rimane impressa), per il resto siamo di fronte a un prodotto targettizzato e confezionato ad arte (ma con il cuore, e pieno di vita) per un certo tipo di pubblico e per veicolare un messaggio ben preciso. Quello sì, di nobile levatura: la speranza sopra ogni cosa.

di Claudia Catalli


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :