Bianca come il latte, rossa come il sangue
Titolo: Bianca come il latte, rossa come il sangue
Regia: Giacomo Campiotti
Sceneggiatura: Alesandro D’Avenia, Fabio Bonifacci
Genere: Commedia
Durata: 100 minuti
Interpreti:
Filippo Scicchittano: Leo
Aurora Ruffino: Silvia
Gaia Weis: Beatrice
Romolo guerreri: Niko
Nelle sale italiane dal: 03 Aprile 2013
Voto:
Trailer
Trama: Leo è un ragazzo di sedici anni innamorato di Beatrice, malata di leucemia. Leo cercherà con ogni mezzo di inseguire una relazione terminata ancora prima di cominciare, trovando un obbiettivo per il quale migliorare se stesso, ma l’ostacolo più grande si rivelerà essere Silvia, che gli offre un amore concreto e duraturo.
Recensione
di Jacopo Giunchi
Ultimamente per le strade noto un sacco di ragazze coi capelli rossi, non quel rosso naturale tendente all’arancio, ma propio un rosso scarlatto, quello che lo stesso Dante apostrofava “il nobilissimo color sanguigno”. Ne ho dedotto che questa tinta dev’essere in gran voga in questo momento, nonostante la mia scarsa sensibilità per la moda. Così quando ho visto la locandina di questo film ho deciso di andare al cinema, se non altro per capire un po’ lo stile della nuova generazione e sentirmi un po’ meno vecchio.
Un altro film che conferma il successo riscosso dalla formula “dramedy”, peccato che il drama sia stucchevole e la comedy banale. Un film che insiste molto sulla dicotomia bianco\rosso (accidia\passione) già dal titolo, ma che purtroppo non si cura di renderla, anche graficamente, già dalla locandina. Sicuramente l’anonimato fotografico è una scelta (sempre che di scelta si tratti) che poco si confà a una sceneggiatura che insiste così tanto sui colori e le loro valenze sinestetico-metaforiche.L’intreccio di per sé è buono e originale, se ne poteva di sicuro trarre una buona pellicola, se non si fosse deciso di adagiarsi sullo stile delineato dalla poco felice tradizione italiana di filmetti sentimentalscolastici. Le delicate tematiche affrontate (malattia terminale, disagio adolescenziale, l’amore totale ma non totalizzante) sono rappresentate con superficialità e servono solo a fornire melassa da spalmare sopra alle puerili infatuazioni dei personaggi.
Presuntuosa e risibile l’analogia con Dante, che vorrebbe far assurgere gli sforzi di Leo ad un percorso di ascesi salvifica, forte dell’omonimia della donna-angelo. Nel film il protagonista appare solo come un ragazzino cocciuto e capriccioso alle prese con problemi molto più grandi di lui. Tutto il film lamenta una pesante aria di provincialità dovuta soprattutto al pessimo cast, a partire da Scicchitano, che era molto più a suo agio in “Scialla”; peggio ancora le due co-protagoniste, che si fermano a una recitazione da soap opera.Un film che fallisce sotto tutti gli aspetti, dal visivo di matrice televisiva al sonoro dei Modà, fino alla sciatteria degli attori che comunque erano costretti a interpretare personaggi affettati o palesemente costruiti (come l’amico nerd e l’insegnante-mentore). D’altra parte, non credo di ricordare nulla di buono mai uscito da questo filone che, oltretutto, salvo potenti traini editoriali, non riscuote nemmeno molto successo al botteghino, nonostante venga proposto con insistenza da alcuni registi.
- Jacopo Giunchi
Autore articolo: Jack DiSpade
Studente presso il DAMS di Bologna, scrive da qualche anno di Cinema e letteratura in svariati blog italiani.