Dopo il succeso di The Artist un altro film muto sta per fare capolino nelle nostre sale cinematografiche: si tratta di Blancanieves, film spagnolo che vanta una produzione francese. Sebbene esca dopo il film che ha fatto incetta di premi Oscar, Biancaneve ha una genesi travagliata che nasce da un progetto del lontano 2005. Trovare una casa di produzione vogliosa di investire su un progetto muto si è infatti dimostra, come al solito, molto difficile. Ma Pablo Berger, che veste i panni di regista, produttore e sceneggiatore, proprio come Michel Hazanavicius, non ha mai abbandonato il suo sogno ed infine, grazie ai fondi della francese Noodles Production, è riuscito a realizzarlo. La storia prende spunto dalla celebre fiaba dei Fratelli Grimm ambientandola nell’Andalusia degli anni 20′ mettendo al centro della vicenda la corrida.
Carmen de Triana (Imma Cuesta), ballerina e cantante di flamenco, è sposata ed aspetta un figlio dal celebre torero Antonio Villalta (Daniel Giménez Cacho). Durante un’impegnativa corrida, Antonio viene colpito duramente da un toro sotto gli occhi della moglie. Colta dal dolore Carmen ha le contrazioni e muore poco dopo in ospedale partorendo una bimba. Antonio, dall’incidente, rimane paralizzato dal collo in giù. Cogliendo l’occasione, la malvagia infermiera Encarna (Maribel Verdú), sfrutta le debolezze del torero per sposarlo e gestire le sue enormi ricchezze. A rimetterci è la piccola, cui viene dato il nome di Carmen (Sofía Oria) come la madre, che viene così cresciuta dalla nonna (Ángela Molina). Quando la nonna muore, Carmen è costretta a vivere nella casa del padre ma lontano da lui e sotto la costante attenzione della matrigna. Passano gli anni e Carmen è diventata adulta (Macarena García). Morto il Antonio, la matrigna, per avere l’intera eredità, decide di liberarsi di lei e affida al suo amante il compito di ucciderla. Questi, pensando di averla uccisa, la abbandona alla corrente di un fiume da cui verrà salvata dalla compagnia di sei nani toreri: Manolín, Juanín, Victoríno, Josefa, Jesusín e Rafita (rispettivamente Michal Lagosz,Jinson Añazco,Jimmy Muñoz,Josefa,Emilio Gavira e Sergio Dorado). Carmen, che ha perso la memoria, intraprenderà ka carriera da torero sotto il nome di Biancaneve…
Blancanieves è caratterizzato da una splendida fotografia che arricchisce e rende molto fruibile la visione del film. Il finale, intenso e indimenticabile, si avvicina più alle fiabe di Andersen che non a quelle dei Fratelli Grimm. Posso però azzardarmi a dire che non si tratta propriamente di un film muto in quanto il linguaggio comunicativo è decisamente contemporaneo così come alcuni degli argomenti trattati sono decisamente poco proponibili per un pubblico degli anni ’20. Basti pensare alla presenza fisica di attori nani, che richiama ad esempio il film Freaks di Tod Browning (per stessa ammissione del regista), che già era scioccante per un pubblico degli anni ’30 (ed erano presenti anche altri “Freaks” che qui sono presenti solo in una scena), figuriamoci per quello di un decennio precedente (specialmente se non si trattava di un film stile The Unholy Three dove il ruolo di Harry Earles non poteva certo essere definito come positivo). Visto il successo avuto, è doveroso un paragone in linee generali con The Artist. Rispetto a questo film, infatti, Blancanieves è sicuramente “più muto”, nel senso che oltre a non avere alcun intermezzo sonoro (seppur minimo), racconta una storia del tutto staccata dal periodo storico di passaggio tra muto e sonoro, che di suo poteva strizzare l’occhio anche ad un pubblico dei nostri giorni. Inoltre, come film drammatico, Blancanieves manca di elementi comici dati in particolare dal cagnolino Uggie. Certo qui c’è un animale che inizialmente svolge un ruolo simile, il gallo/gallina Pepe. L’atmosfera di per sè risulta nel complesso sempre molto cupa e drammatica pur nei momenti di felicità, che sono oscurati dallla sensazione di disastro incombente. Sebbene penso che questo film possa essere decisamente fruibile per tutti, sono convinto che sia più complesso e difficile da apprezzare rispetto a The Artist. Proprio la mancanza di leggerezza iniziale e, forse, la lentezza con cui la storia si evolve, credo possano farlo risultare a tratti pesante. Come detto da qualcuno questo non è proriamente un film muto ma un “non sonoro“, nato e concepito per avvicinare il pubblico moderno ad un genere a torto dimenticato. A favore di questa pellicola basti dire che Blancanieves ha fatto incetta di Premi Goya ed è stato candidato della Spagna come Miglior Film Straniero per gli Oscar 2013 (pur non superando le selezioni finali e non partecipando quindi alla cerimonia di premiazione).Il film, dopo essere stato presentato lo scorso anno al Torino Film Festival, ha aperto la rassegna delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone 2013, suscitando nel complesso impressioni positive. A fine Ottobre, inoltre, il film dovrebbe fare la sua comparsa nei cinema nazionali, distribuito dalla Movies Inspired, con la speranza di bissare il successo di The Artist.
Non resta che terminare con le parole di Pablo Berger: “Quando a 18 anni ho scoperto Greed, il film di Stroheim del ’24 mi sono reso conto di quanto il cinema delle origini fosse più coinvolgente del sonoro, esigendo dallo spettatore un’immersione totale. Una volta entrati nel gioco, le emozioni diventano più intense: dolore, paura, passione, tutto si decuplica. Per me il cinema degli anni 20 resta il più vivo, l’era d’oro: Gance, Dreyer, Murnau, Pabst, Bunuel… L’avvento del sonoro è stato un dietrofront, la perdita della purezza del cinema. Come se bellezza e potenza delle immagini non bastassero più e occorresse a ogni costo romanzarle per farle comunicare, invadendole di dialoghi, divenuti poi protagonisti. Ma il cinema è prima di tutto visione. Le parole mentono sempre, gli occhi mai“