Bierkampf

I.tutto in una volta
Bierkampf

delirante. straripante. surreale. malinconico. dolente. furioso. giocoso. ironico. amaro. incazzato. e si potrebbe continuare all’infinito con la lista di aggettivi: il cinema di Herbert Achternbusch- spiegandomi a frasi fatte- è tutto questo e molto altro. il suo è un cinema vitale, urgente, brutto e bello com’è l’esistenza stessa, una telecamera a mano che registra movimenti, terrorizzato dalla stasi- la staticità (secondo il motto ‘chi si ferma è perduto’?). il suo genio anarchico ha camminato lungo i bordi di qualsiasi cinema: da quello mainstream a quello indipendente: la sua opera era la più anti-convenzionale, irrideva tutto e tutti e non si rifaceva a nessuno. o meglio: a pochi, pochissimi, come Chaplin, Buster Keaton o Woody Allen, mattatori-borderline della parola e dal sorriso amaro
II.l’idiota
il film in questione- tradotto alla carlona- è: ‘la battaglia della birra’: si tratta in sostanza di uno sketch lunghissimo e protratto; quello giocato sull’altalena del dubbio: quest’uomo che si comporta come un buffone, questo allegro demente, è o non è un poliziotto (è il regista ovviamente a interpretarlo)? d’altronde si lascia andare a sboccate prese in giro, burle partorite direttamente da un approccio surreale e irridente nei confronti della vita, delle persone, dei rapporti, delle autorità. indossando quella divisa, non fa che mettere in ridicolo la figura del poliziotto, quel fragile scampolo di ordine all’interno del grande caos organizzato che è l’Oktoberfest (su cui il film è incentrato). nel suo girovagare, il nostro, colleziona una serie di storie, aneddoti, piccole battute; imbastisce discorsi sui massimi sistemi, tenta di approcciare assiduamente una dama con prole, beve dai boccali dei passanti, improvvisa risse e simula fughe, si fa rimbrottare e prendere in giro. però l’occhio della telecamera rimane distante: qual è il vero oggetto che si mette alla berlina? noi, poveri ipocriti, incapaci di distinguere più il vero dal falso, narcotizzati dall’uso e abuso di luoghi comuni, fascisti in nuce che non sanno di esserlo: siamo noi che guardiamo coi paraocchi?