Jiro Ono, protagonista di Jiro dreams of sushi di David Gelb, è entrato nel Guinnes dei primati per essere stato lo chef più anziano a ricevere le prestigiose tre stelle sulla Guida Michelin. A 85 anni, Jiro continua a gestire il suo ristorante di sushi a Tokyo, il Sukibayashi Jiro, rinomato per la qualità degli ingredienti utilizzati e per la cura che il proprietario e il suo staff impiegano nella preparazione del cibo. I prezzi sono altissimi e bisogna prenotare con un mese di anticipo per poter mangiare nel locale, ma tutti i clienti concordano nell'affermare che nessun altro è abile quanto Jiro nel preparare il sushi.
Il governo giapponese ha insignito Jiro del titolo di tesoro nazionale vivente per il suo contributo alla cucina autoctona, e la cosa non sorprende vedendo la dedizione totale che il maestro dedica al proprio lavoro. Jiro cerca la perfezione con la dedizione di un samurai, e ha cresciuto i suoi figli con la stessa disciplina che lui stesso ha rigidamente seguito per tutta la vita. Yoshizaku, il primogenito, è destinato ad ereditare il ristorante dopo la morte del padre, ma pur essendo ormai al livello del genitore fatica a veder riconosciuto il suo valore, offuscato dalla grandezza di Jiro che è ormai un'icona vivente. Il secondo, Takashi, ha invece aperto un suo locale a Roppongi, più accessibile ma comunque di qualità. Quando lasciò il Sukibayashi Jiro per dedicarsi alla propria attività, il padre gli disse che non sarebbe più potuto tornare indietro: un genitore che lascia la porta aperta a un figlio che fallisce contribuisce in prima persona a quel fallimento, non spronandolo a fare del proprio meglio. Perfetto esempio del pensiero del 頑張る (ganbaru, lett. mettercela tutta, fare del proprio meglio).
Voto: 6/7
All'estremo opposto rispetto alla perfezione formale e alla centralità dell'estetica di Jiro, nel mondo sono ormai popolarissimi i ristoranti di sushi economici e veloci, veri fast food in salsa al wasabi, ovunque differenziati in base al gusto della nazione ospitante e dello chef, che spesso non è stato preparato da cuochi giapponesi né è mai stato in Giappone.
Sushi: the global catch di Mark Hall racconta l'ascesa di un cibo inizialmente d'élite, poco apprezzato dagli stranieri, e oggi popolarissimo in tutto il mondo e tra tutte le classi sociali. Jiro certo storcerebbe il naso di fronte a interpretazioni a dir poco personali della ricetta tradizionale, ma ormai il processo di internazionalizzazione e rivisitazione del sushi è inarrestabile.
L'enorme successo di questo piatto a base di pesce e riso si porta dietro anche questioni ambientali importanti: se la pesca di tonni - soprattutto dei pregiati pinna blu - continuasse a questi ritmi, la specie rischierebbe l'estinzione. C'è chi sta lavorando per allevarli in cattività e chi apre sushi-bar ecosostenibili in cui servire soltanto pesci che si trovino in abbondanza, ma è chiaro che nessuno dei due sistemi risolverebbe il problema. L'allevamento intensivo ha già dimostrato le sue falle per quanto riguarda la produzione di carne, e anche per i tonni si sta iniziando a fare uso di mangimi contenenti derivati ittici, costringendo in pratica i piccoli pesci al cannibalismo - e i rischi di questa pratica sono già stati ampiamente dimostrati dal caso della "mucca pazza". Per quanto riguarda la scelta di utilizzare pescato di altro tipo, poi, si tratta solo di rimandare il problema: anche i pinna gialla prima o poi finiranno, nemmeno le sardine sono eterne. La questione rimane quindi irrisolta e nessuno prende in considerazione l'unica reale soluzione, quella che farebbe sì perdere profitti, ma contibuirebbe a mantenere la biodiversità anche per le generazioni future: consumare tutti meno pesce.
Voto: 6
Il governo giapponese ha insignito Jiro del titolo di tesoro nazionale vivente per il suo contributo alla cucina autoctona, e la cosa non sorprende vedendo la dedizione totale che il maestro dedica al proprio lavoro. Jiro cerca la perfezione con la dedizione di un samurai, e ha cresciuto i suoi figli con la stessa disciplina che lui stesso ha rigidamente seguito per tutta la vita. Yoshizaku, il primogenito, è destinato ad ereditare il ristorante dopo la morte del padre, ma pur essendo ormai al livello del genitore fatica a veder riconosciuto il suo valore, offuscato dalla grandezza di Jiro che è ormai un'icona vivente. Il secondo, Takashi, ha invece aperto un suo locale a Roppongi, più accessibile ma comunque di qualità. Quando lasciò il Sukibayashi Jiro per dedicarsi alla propria attività, il padre gli disse che non sarebbe più potuto tornare indietro: un genitore che lascia la porta aperta a un figlio che fallisce contribuisce in prima persona a quel fallimento, non spronandolo a fare del proprio meglio. Perfetto esempio del pensiero del 頑張る (ganbaru, lett. mettercela tutta, fare del proprio meglio).
Voto: 6/7
All'estremo opposto rispetto alla perfezione formale e alla centralità dell'estetica di Jiro, nel mondo sono ormai popolarissimi i ristoranti di sushi economici e veloci, veri fast food in salsa al wasabi, ovunque differenziati in base al gusto della nazione ospitante e dello chef, che spesso non è stato preparato da cuochi giapponesi né è mai stato in Giappone.
Sushi: the global catch di Mark Hall racconta l'ascesa di un cibo inizialmente d'élite, poco apprezzato dagli stranieri, e oggi popolarissimo in tutto il mondo e tra tutte le classi sociali. Jiro certo storcerebbe il naso di fronte a interpretazioni a dir poco personali della ricetta tradizionale, ma ormai il processo di internazionalizzazione e rivisitazione del sushi è inarrestabile.
L'enorme successo di questo piatto a base di pesce e riso si porta dietro anche questioni ambientali importanti: se la pesca di tonni - soprattutto dei pregiati pinna blu - continuasse a questi ritmi, la specie rischierebbe l'estinzione. C'è chi sta lavorando per allevarli in cattività e chi apre sushi-bar ecosostenibili in cui servire soltanto pesci che si trovino in abbondanza, ma è chiaro che nessuno dei due sistemi risolverebbe il problema. L'allevamento intensivo ha già dimostrato le sue falle per quanto riguarda la produzione di carne, e anche per i tonni si sta iniziando a fare uso di mangimi contenenti derivati ittici, costringendo in pratica i piccoli pesci al cannibalismo - e i rischi di questa pratica sono già stati ampiamente dimostrati dal caso della "mucca pazza". Per quanto riguarda la scelta di utilizzare pescato di altro tipo, poi, si tratta solo di rimandare il problema: anche i pinna gialla prima o poi finiranno, nemmeno le sardine sono eterne. La questione rimane quindi irrisolta e nessuno prende in considerazione l'unica reale soluzione, quella che farebbe sì perdere profitti, ma contibuirebbe a mantenere la biodiversità anche per le generazioni future: consumare tutti meno pesce.
Voto: 6