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"Bisogna purificare l'aria"

Creato il 27 settembre 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog

Foto tratta da Wikipedia

Ora è ufficiale: l'Italia è davvero un Paese di merda. Lo aveva sussurrato Berlusconi qualche tempo fa, in una delle tante chiacchierate al telefono coi suoi compagni di cazzeggio. Ma finalmente pare che se ne siano accorti pure i custodi della morale corrente per antonomasia, quella con la "M" maiuscola di cui fin da bambini siamo stati imbevuti in una ipocrita consuetudine familista, fra i banchi di scuola e al rito della messa domenicale.
Le massime gerarchie ecclesiastiche, infatti,  dopo un lunghissimo e misericordioso silenzio hanno rotto gli indugi, spingendosi là dove molti devoti erano già da un pezzo giunti motu proprio. E lo hanno fatto per bocca del capo dei porporati italiani, quel cardinal Bagnasco che con intermittente imbarazzo tenta di tranquillizzare la propria disorientata comunità, stretta fra l'oggettivo disgusto per l'ignominia degli affari mondani e l'altrettanto oggettivo dovere all'indulgenza cristianamente suggerito dai "superiori bisogni" di santa romana chiesa.
Ma ormai il botto è esploso, e hanno voglia le truppe cammellate del premier a dire che quelle sagge parole erano indirizzate a tutti i fedeli e non, come appare di contro evidente, alla più smarrita fra le pecorelle del gregge. Perchè "la questione morale non è un'invenzione mediatica, nella dimensione politica come in ciascun altro ambito privato o pubblico è un'evenienza grave ed urgente". E  "non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto e non riguarda semplicemente i singoli ma gruppi, strutture, ordinamenti, a proposito dei quali è necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di competenza e di azione, anche nell'esercizio del reciproco controllo". Insomma, al di là dei giri di parole, l'invito esplicito della Cei è a "purificare l'aria".
Ma purificarla da cosa? O da chi? "Nessuno può negare - ha chiarito Bagnasco - la generosa dedizione e la limpida rettitudine di molti che operano nella gestione della cosa pubblica, come pure dell'economia, della finanza e dell'impresa: a costoro vanno rinnovati stima e convinto incoraggiamento. Si noti tuttavia - ha però aggiunto il cardinale - che la questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un'esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita. Ecco perché - è la logica conclusione - si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente". C'è appunto da purificare l'aria, "affinché le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate".
Il timore, ahinoi, suffragato da tutto quanto di orrendo e intollerabile avviene con cadenza quotidiana in politica, nella finanza, nei media, è che "i comportamenti licenziosi e le relazioni improprie, che sono di per sé negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà", hanno purtroppo già ammorbato il clima sociale e diseducato la collettività in modo pesante e quasi esiziale.

Il soggettivismo esasperato, il relativismo morale, lo sfacelo culturale entro i quali sono cresciuti milioni di giovani sono il frutto marcio di una lunga e opprimente epoca definita a torto "di transizione", che parte negli anni '80 e ancora tarda ad esaurirsi. E che, anzi, resiste come può alla crescente indignazione popolare e ai segni di stanchezza sociale sempre più diffusi, additati con disprezzo alla stregua di un'intollerante foga moralistica dalle schiere di pseudoliberali d'accatto.

Foto tratta da Wikipedia

Eppure Bagnasco, nella parte della sua prolusione dedicata allo scenario più generale del Paese, pur  osservando che "colpiscono l'esibizione dei fatti moralmente riprovevoli, la dovizia delle cronache a ciò dedicate, l'ingente mole di strumenti di indagine messa in campo su questi versanti", ha affermato che "nessun equivoco tuttavia può annidarsi: la responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sola, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pure non mancano". Altro che moralismo o voyeurismo! E' il fatto in sè che va rimosso, specie laddove infamante per chi lo compie e contrario alle leggi, prima ancora che la trasparente e doverosa narrazione che se ne fa da parte dei mezzi di informazione.
L'assoluta mancanza di una condotta pubblica ispirata al "bene comune", sta producendo per l'Italia un pericoloso danno di immagine nel mondo intero. Altra circostanza, secondo Bagnasco, per cui "la collettività guarda a ragione con sgomento gli attori della scena politica". Incentivando un senso di frustrazione che, nell'attuale fase di grave congiuntura, andrebbe invece curato e rimosso. Altrimenti, conclude il presidente della Cei, alla fine "non ci saranno né vincitori né vinti".
Sarà la storia, dunque, a dare atto ai protagonisti delle vicende pubbliche nazionali dei loro comportamenti. E solo quelli "coraggiosi ed esemplari, commisurati alla durezza della situazione e compatibili col decoro delle istituzioni, hanno titolo per convincere a desistere dal pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati". Sembra quasi un invito, cordiale e morbido come è nello stile della Chiesa, affinchè il più discusso dei nostri rappresentanti istituzionali anteponga finalmente l'interesse generale ai suoi tanti capricci ad personam e si faccia da parte.
In fondo, ricorda il cardinale, non è proprio ciò che sancisce la mortificata Costituzione italiana? Chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole "della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che essa comporta". Se chi governa la res publica non mente, non evade il fisco, non froda, non corrompe, non delegittima le istituzioni, non trasgredisce leggi e regole, più difficilmente riuscirà a incoraggiare quanti nella società - e non sono pochi! - provano ogni giorno a vivere a spese dei cittadini onesti ricorrendo a ogni sorta di scorciatoia.
Bagnasco, pertanto, arrivando a parlare dell'elusione fiscale come di un "cancro sociale", a stigmatizzare le non incisive politiche messe in campo per estirparlo e le pratiche indegne che "soffocano l'economia e prosciugano l'affidabilità civile delle classi più abbienti", a condannare "il grottesco sistema delle società di comodo che consentono l'abbattimento artificioso dei redditi", non fa altro che impartire l'estrema unzione civile e morale a un sistema che da quasi vent'anni si identifica col Cavaliere.
Dalle parti di Arcore e dintorni, ça va sans dire, rispondono picche. E già si intravedono le prime tracce di fango sui giornali di famiglia e si sente l'eco di una stizzita "Radio Londra": "Si faccia eleggere dal popolo questo Bagnasco, se vuole stabilire come gli altri debbono vivere!". Nel frattempo, il coordinamento delle 28 associazioni cattoliche attive nel campo della comunicazione, raccogliendo l'invito della Cei, fa sapere che "intende partecipare a quel processo di nuova soggettualità culturale e sociale dei cattolici, capace di interlocuzione con la politica, senza nostalgie né ingenue illusioni". Qualcosa inizia a muoversi, allora.
Nella speranza che la reprimenda di Bagnasco non debba presto essere rubricata come l'ennesimo tentativo di condizionare (leggasi "ricattare") un premier sempre più debole ed isolato, evidentemente esposto alle insidie della magistratura e richiamato dal cinismo della storia, come mai era avvenuto prima, alle proprie responsabilità davanti al Paese. Già, nonostante il vecchio vizio delle ingerenze, nonostante l'attaccamento a certi "profani" privilegi, vogliamo credere che la Chiesa cattolica non oserà ridursi al ruolo di un Bossi, di uno Scilipoti, di una Minetti, di un Lavitola qualunque. Amen.


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