Black Mirror
Serie inglese composta da episodi autoconclusivi, legati dal tema delle tecnologie e di come siano entrate nelle nostre vite, negli ultimi anni. Soprattutto il comportamento delle persone e delle masse, nei confronti di questi nuovi mezzi a disposizione.
Titolo: Black Mirror
Ideatore: Charlie Brooker
Genere: Drammatico, Satira, Distopico, Fantascienza
Stagioni: 2
Puntate per stagione: 3
Durata singola puntata: 60 minuti
Telefilm: In Corso
Paese: Regno Unito
Rete americana: Channel 4
Rete Italiana: Sky Cinema 1, Rai 4
Lingua Originale: Inglese
di Mirko De Gasperis
La prima volta che entrai in “contatto” con quel geniaccio di Charlie Brooker fu quando decisi di vedere Dead Set. Gli zombie che irrompono nello studio del Grande Fratello inglese. “È da pazzi”: questa fu la prima cosa a cui pensai. Seguii quella serie, spinto più dalla curiosità che altro e ne restai colpito dalla sana cattiveria con cui la trama horror riusciva a fare la satira del mondo televisivo. Insomma, un soggetto folle che si rivelava una piacevole sorpresa, su una storia molto matura. Quindi diciamo pure che seguendo Black Mirror, giunto alla seconda stagione, sapevo più o meno a che genere di prodotto mi sarei trovato di fronte. Ma nonostante tutto, il giudizio che ne viene fuori è anche più positivo di quanto avessi potuto prevedere.
In questo caso, non ci troviamo di fronte ad una serie che possiede una trama continuata, poiché ogni episodio, di circa un’ora, è autoconclusivo. I soggetti di ogni “capitolo” lasciano spiazzati soltanto ad elencarli: si va dal primo ministro inglese che viene costretto da alcuni rapitori, tramite un ricatto, ad avere un rapporto con un maiale (sì, avete letto bene) ad un futuro regolato da avatar, punti da accumulare e talent show (forse neanche tanto futuro); da una coppia in crisi per via di impianti che permettono di salvare i propri ricordi in un chip del cervello, a una ragazza che subisce un lutto e si affida ad un software per riportare in vita il proprio ragazzo, e via dicendo, per un totale di sei episodi (tre a stagione, per il momento). Così come accadeva per Dead Set, i pretesti per portare avanti le riflessioni all’interno di ogni episodio sono affidati a dei soggetti che appaiono originali e volendo assurdi, ma che, dopo i primi minuti di spiazzamento, finiscono per trascinare lo spettatore dietro il ragionamento, più lucido di quanto si possa immaginare. L’effetto che Black Mirror lascia anche dopo la sua visione è quella di un tizio che la spara grossa, dice quella che apparentemente sembra un’affermazione senza senso, esagerata, ma che poi, con dei ragionamenti lineari, finisce per dimostrare che ciò che sostiene non è poi così eccessivo come poteva sembrare. Ecco, Black Mirror è questo. E basta la visione di un episodio a caso per rendersi conto di come cambi l’approccio nello stesso spettatore dal senso di stranezza dei primi minuti al finale di ogni episodio, quando si riesce a entrare nel meccanismo e a rendersi conto della non banalità degli argomenti affrontati.
La riprova che Black Mirror abbia toccato un nervo scoperto, un tasto dolente dei nostri tempi è la polemica (sterile) che è sorta su alcuni siti internet. Secondo alcuni, infatti, l’attacco che la serie rivolge alle tecnologie e ai mass media sarebbe poco obiettiva, addirittura incoerente, specialmente se si pensa che l’ideatore, Charlie Brooker, ne fa parte, lavorando in televisione. Ma coloro che portano avanti questa convinzione forse hanno frainteso l’obiettivo della critica di Black Mirror: non è la tecnologia a essere messa sotto accusa, bensì l’uso che le persone ne fanno. Un abuso, un voler trasformare software e via dicendo a surrogati di sensazioni ed emozioni. È il rapporto malsano che si è già instaurato, e che si sta intensificando in questo decennio, fra le persone e i vari strumenti teconologici, dai computer ai social network, da internet alla “cara” vecchia televisione. E il punto di vista non riguarda soltanto la vita di individui singoli, ma anche le dinamiche di masse di persone come nel primo episodio, legato al premier britannico e l’ultimo della seconda stagione, dove un comico sbarca la politica (non vi suona nuovo, eh?), supportato dal suo personaggio-pupazzo di fantasia. Riflessioni illuminanti su argomenti ancora freschi, più attuali dell’attualità stessa, in questo periodo di grande cambiamento legato ai nuovi mass media.
Questo filo tiene legata l’intera serie che, per quanto apparentemente scollegata nelle varie parti, mantiene una grande uniformità, legata dallo stile che si protrae di episodio in episodio, nonostante l’alternanza di registi e attori (fra i quali spiccano Toby Kebbell e la sempre brava Hayley Atwell), sempre sotto il palmo dell’ideatore Charlie Brooker, che si conferma sempre più “geniaccio”. Astenersi i bonari e chi vuole ancora credere nelle favole.
Curiosità: Charlie Brooker in Italia è famoso, ancora più che per le sue serie televisive, per un intervento che fece nel suo programma 10 o’clock Live sull’emittente britannica Channel 4, ai tempi dell’esplosione del caso Ruby e per come apostrofò l’allora premier Silvio Berlusconi. Ma vi lasciamo il “privilegio” di scoprirlo da soli su Youtube, nel caso ve lo foste perso…
- Mirko De Gasperis