Fortuna e Giustizia sono cieche? Bene, allora ho voce in capitolo, e voglio ringraziare Ilaria Cucchi per gli sforzi disumani che affronta in Italia per rendere giustizia al fratello, e con lui a tanti altri, me compresa. Per tanti, tanti e tanti lunghi anni, in Italia si processano i morti o i quasi morti, che quasi sempre sono le vittime. Succede se sei onesto, se ti stuprano, se ti entrano in casa per rubare, se ti fai una canna, se ti fidi di un uomo, se ti investono con l'auto, ecc. con le storie per cui si rovinano ogni giorno milioni di italiani.Non si processa il colpevole qui da noi, si tenta invece in ogni modo di salvarlo, forse perché con questa logica, incosciamente, chi lo assolve fa la stessa azione con sé stesso? O forse, più semplicemente, assolvendo i colpevoli non si spezzano lunghe e drammatiche catene di omertà, favoritismi e via dicendo? Boh? So, e sappiamo tutti purtroppo, che quando alla parola "Giustizia" ci si abbina la parola "Italiana", scappano sempre tutti: italiani e stranieri, colpevoli e innocenti, sconosciuti e vip! Della serie: "
E' successo a me, a Stefano Cucchi e ad altri milioni di italiani che hanno avuto a che fare in qualche modo con avvocati, tribunali, giustizia da far valere. Giustizia Italiana?? Piano! Scappate uno per volta... onde evitare spargimenti di sangue non accalcarsi all'uscita!".
Personalmente non feci in tempo a scappare, rimasi anch'io incastrata in mezzo a quel temibile Mostro che sono i tribunali italiani, soprattutto a Roma: e non mi riferisco solo all'incidente che mi ha resa cieca! Prima di quest'ultimo già da anni avevo dato in quel tribunale, di vita e di soldi, di reputazione e di libertà, nonostante sia sempre stata INNOCENTE! Che l'abbiano detto e riconosciuto dopo anni di casini poco importa, perché non feci in tempo a riprendermi da quelle disgustose avventure, sia economicamente che psicologicamente, che un demente qualsiasi, uno dei tanti che girano in auto col cellulare in mano mentre guidano (cioè quasi tutti gli italiani!), si prese interamente la mia vita di allora. Lo fece a retromarcia, non poteva succedere altrimenti con un clone del genere: un po' come essere pugnalati alle spalle, anche se poi, negli anni che seguono a quell'istante in cui si sopravvive a un disastro antologico, ci si rende conto che la vera pugnalata alle spalle arriva proprio da chi non te lo aspetti: dallo Stato! Ciò che è successo a Stefano Cucchi, in altri modi e circostanze, succede a troppi italiani, non dico quasi a tutti, ma siamo arrivati al punto di aver l'impressione di sminuire se si dice il contrario, visti i fattacci che i tribunali italiani vomitano, per non dire altro, quotidianamente su una nazione infilzata ovunque dalla corruzione. ?", e questo non solo da parte dei medici legali e periti vari, ma un po' da tutti! Perché è così che si ragiona in Italia, e alla fine anche chi ti conosce è preso da quel buco nero che lo risucchierà nella banalità, nella superficialità, nell'indifferenza, nell'immaturità, nella menzogna, nel cattivo pensiero, nella supposizione a cui non seguirà mai la richiesta di conferma, perché non si comunica più, si suppone, si immagina, si pensa..., ma raramente si affronta la realtà. Per fortuna questo non è successo a Stefano Cucchi: c'è qualcuno per lui che lotta per la giustizia. Per me e tanti altri non c'è stato nessuno. Agli ex che si ripropongono, un po' come i peperoni di sera, colgo l'occasione per dire: dov'eravate durante gli anni di circo che ho subito col tribunale di Roma?
In quanti avranno detto o pensato di Stefano Cucchi: se faceva il bravo non sarebbe successo! In tanti, quanti nemmeno se ne immaginano! Anch'io se non fossi stata in moto quel giorno, ma in macchina, non starei così oggi. Io, Stefano, e milioni di altri abbiamo pagato anche questo prezzo: quello dell'ignoranza altrui.
Lui alla fine si è suicidato, io sono cieca sì, ma per un incidente di due anni prima. Quindi anch'io non ho preso un euro, nel mio caso per prescrizione dei tempi, visto che rinviavano udienze anche di due anni, forse per fare un favore alla compagnia assicurativa, come succede sempre. Si aspetta, si aspetta e poi si crolla: aspettiamo le motivazioni della sentenza che assolve tutti, che dice che Stefano Cucchi alla fine ha avuto pure troppo clamore per la vita "dissoluta" che conduceva e che si offende alle parole di una sorella distrutta, quindi vieta ogni parola sennò si tratta addirittura di "gogna".
Non ho avuto giustizia, eppure ci ho creduto fino all'ultimo, in fondo sono la discendente di un giudice qual'era il mio trisavolo, che girerà come un tornado nella sua tomba per ciò che succede oggi. Sono stata presa in giro, umiliata, dissanguata di quel poco che mi era rimasto, sia di soldi che di salute, perché tra visite ed esami si paga tutto quando si è costretti a fare ricorsi, visto che dall'altra parte c'è chi dice che sei caduto dalle scale e sei anoressico, o che ci vedi, anzi no, dopo miliardi di esami, sempre a tue spese, capiscono che non ci vedi, ma perché nel 2000 stavi in moto e sei stata investita pure quella volta! La cecità non è del 2002 secondo loro, ma di due anni prima: ebbene sì, è vero, Stefano è morto perché drogato, io invece ero già cieca, ma non volevo dirlo, perché ... volevo ancora guidare, e infatti quando ho detto "sono diventata cieca", m'hanno ritirato la patente e lo Stato m'ha rubato tutto!!
Ilaria Cucchi deve vincere per tutti noi italiani tritati dai tribunali e dalla malagiustizia, per tutte noi vittime processate al posto di un carnefice, che in Italia rimane sempre impunito, più libero e sicuro di prima: il lavoro 'sta gente non lo perderà mai, anzi!
E' da così tanto tempo che l'Italia vive questa condizione, che ormai è come una cacca perforata da vermi!
A volte entrare vivi nel tribunale di Roma è peggio che entrarci da morti, perché tanto alla fine ti fanno morire comunque, lentamente e con un'agonia straziante. Non è una mia opinione stravagante, come spesso qualcuno ha definito ciò che scrivo qui per fatti miei: in questo blog c'è un prodotto vomitato dal tribunale di Roma, sono io, e finalmente, col caso Cucchi e pochissimi altri, è sotto gli occhi di tutti questa realtà italiana, ben diversa da quella che tanti studenti stanno affrontando nelle aule universitarie (ad esempio di giurisprudenza e legge), o che si immagina il vip quando entra nello studio di un avvocato, o in un tribunale italiano.
Nel mio caso, come Cucchi sono stata processata per anni io, e non quello che m'ha investita, o che m'ha uccisa: per anni la frase "Ci vede o non ci vede? Ci sente o non ci sente
p.s.: Nell'immagine un'aula del tribunale di Roma, quelle destinate ai comuni mortali che non sono "eletti", parenti o amici di partito.
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