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Blogstorming speciale: navigare sicuri. La storia di Marta

Da Jessi
Blogstorming speciale: navigare sicuri

Blogstorming speciale: navigare sicuri

Marta accende il computer nello studio.

Arriva alla pagina del Social e inserisce le chiavi d’accesso della mamma: ha il permesso, ma solo per chattare con le amiche che lì dentro ci sono con le loro identità, anche se l’età giusta ancora non ce l’hanno.

Suo fratello guarda la TV in salotto, la mamma è andata a fare la spesa di corsa, è già ora di cena. Il papà abita in un’altra casa, con i suoi domestici e il loro cane.

Marta ha finito i compiti e vuole stare un po’ a chiacchierare con le amiche. Appena si connette, le amiche che sanno la sua doppia identità la contattano.

“Marta sei tu?”

Parola in codice: “Il prof di ita è xxx”

“Sìììì-risponde l’amica- penso sempre sia la tua mamma! Sai figure….”

“Tranquilla Sara, it’s me!! <3”

Le due amiche iniziano a chattare: i prof, i compiti, gli amici, domani che ti metti, ma a danza ci vieni…

A Marta, intanto, si apre un’altra finestra della chat. Dice solo “Ciao”

E’ Marco.

Marco chi? Un amico della mamma?

Senza che nessuna delle due, madre o figlia, se ne renda conto, capita ad entrambe, in realtà, di confermare l’amicizia di qualcuno pensando sia un amico dell’altra. Se glielo chiedi forse dicono di no, però capita. Così come capita che il Social stesso ogni tanto proponga qualcuno. Nomi simili, facce simili. E’ facile confondersi.

Marta ricambia il saluto.

“Hai voglia di parlare un po’?”

Marta lo dice a Sara “Ma chi è???????”

“E che ne so?????”

“Guarda il profilo!!” Sara la sa molto più lunga di Marta, e la guida.

“Sedici anni, Firenze, Liceo classico!”

“Bello??”

“Bello sì, dalla foto sì…”

“Dai rispondi!!!!!!!” Sara la sa lunga, ma non troppo. Chiede nome e cognome del ragazzo a Marta, ma ne può vedere solo la foto senza accedere al profilo, perchè non sono amici. E un po’ le brucia non poter giocare con questo sconosciuto.

“Che ti ha detto?? Che ti ha detto???”

Marta riferisce, le due chat corrono asincorne, una incalza e nutre l’altra, a vicenda.

Nessuna delle due ragazzine, che frequentano la seconda media, ma che, come accade sempre, si sentono molto più grandi, si chiede perché quel tizio di sedici anni sia amico della mamma di Marta. Forse il figlio di un’amica? Un ex alunno? Insomma, le possibilità da inventare sarebbero tante anche se ci pensassero, e loro nemmeno ci pensano.

“Uffa, come stai lontana, altrimenti potrei venire a trovarti subito, odio le chat! Sei sola in casa?”

Il batticuore di Marta accelera, ma ora va ad un ritmo che non le piace più. ‘Perché mi chiede se sono sola?-pensa.

E qualcosa in lei si incrina. Riesce per un attimo a non rispondere all’amica e a stare sola con se stessa e con quel maledetto cursore pulsante che chiede di essere premuto e non si ferma un attimo.

Sara la incalza”Che fai? Che fate? Dimmi dimmi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Ma Marta ormai ha in testa troppo.

I racconti di Andrea che a scuola ha seguito un corso fatto dalla polizia postale. I discorsi della mamma, quante volte avrebbe voluto evitarseli… con quei momenti sospesi, muti, che le lasciavano intravedere vissuti dolorosi che a lei non raccontava del tutto, ma che dovevano bastarle così, velati, non detti, per capire che a lei certe cose non dovevano succedere. Ricordi troppo brutti. Indelebili. Tutte le ombre e gli errori della mamma sembravano venire proprio da quelle cose che non le diceva, ma che erano ugualmente chiare al suo cuore.

Il desiderio di spegnere tutto.

Il desiderio di chiamare mamma che però non c’è. Il papà, lui no, le direbbe che è colpa sua, come fa sempre anche quando prende un raffreddore “Perché non ti sei coperta di più!! Perché non ti sei asciutta bene dopo la piscina!!” Il senso di colpa, perché sì, un po’ pensa che sia anche colpa sua e sa che suo fratello, di là sul divano, le darebbe della cretina pettegola e vanitosa.

Solo la mamma… Marta vuole la sua mamma, che però ora non c’è.

“Senti Sara, io vado, è tornata la mia mamma e questo qui mi sta antipatico.”

“Coooooooooosa?? Nooooooo, ti pregoooooooooooooo nooooooooooo.”

L’amica la supplica e la convince: Marta le passa i dati della mamma e poi, con il cuore che sta per esplodere, perché per togliersi da un guaio sa di averne fatto un altro più grande, spegne il computer, le luci e esce di camera e non sa dove andare, chiama la mamma al cellulare, ma forse sta guidando e non le risponde. Ma che dirle poi? No, meglio aspettare che torni.

Sara intanto chatta. A casa sua sono tutti impegnati per preparare la cena. Sente la mamma al telefono con i nonni e sa che può godersi la sua avventura ancora un po’.

“E’ bellissima la tua mamma in foto, devi esserlo anche tu. Tu puoi vedermi perché io no??”

Sara è emozionata. La sua carta vincente: sa di essere bellissima! Almeno quanto ha bisogno di sentirselo dire. E per questo basta caricare una foto dove si vede solo di profilo, al mare, mentre va in altalena.

E a Marco basta questa foto per saperla debole, per sentirsi forte e capire che può chiedere di più.

I complimenti si rincorrono più rapidi del traffico cittadino. Le lusinghe sono più veloci della mamma di Marta che sale le scale. Le informazioni scambiate sono più di quante anche Sara si sia accorta di aver dato. Basta un luogo riconoscibile, un angolo del condominio, il giardino pubblico sotto casa…

Dall’altra parte, Marco è velocissimo a mettere tutte le informazioni in rete e farle incrociare per cercare di arrivare ad un quartiere, al nome di una strada, di una piazza…. e selezionare tra le poche omonime della mamma di Marta che ha trovato sull’elenco telefonico l’identità giusta, l’indirizzo giusto.

Sara chatta e, senza saperlo, senza volerlo, mette in pericolo Marta e sua madre. L’unica cosa dalla loro parte è lo scambio di identità, che confonde un po’ le carte.

La mamma di Marta entra in casa tranquilla. La figlia la bracca da lontano, non sa come fare, che dirle. Una cosa sola le viene in mente. Come da piccolina, la prende per mano “Vieni, devo farti vedere una cosa.”

La mamma non capisce subito l’ansia della figlia. Pensa ad un bel disegno, ad un tema, ma la sua mente inizia a preoccuparsi quando la vede tacere, accendere il computer.

“Marta che c’è che è successo?”

Andrea dalla sala lo chiede anche lui perché ha fame, è tardi, ma nessuna delle due ormai lo sente.

Quando aprono il Social e la chat, nemmeno Marta è pronta a leggere quello che sta leggendo. La sua paura è ancora più grande, non subito per l’amica, nemmeno per se stessa, ma perché vede la mamma sbiancare, man mano che leggono.

“Ma che hai scritto? Chi è?!”

Marta spiega, non ha fatto tutto lei… Sara…

La mamma sente cedere sotto di sé il pavimento… non solo la responsabilità per la sua bimba, cui ha dato accesso ad una cosa vietata, che ha lasciato lì davanti a quel maledetto coso da sola, ma anche quella di un’altra figlia…

E si sente sola. Sta in silenzio un attimo lunghissimo. E’ arrabbiata da impazzire con la figlia, ma ormai sa riconoscere quando questa rabbia verso gli altri in realtà è per lo più rabbia verso se stessa. Cerca di non fare altri danni, sgridandola. Si sente sola, però, terribilmente sola.

Poi guarda sua figlia, che aspetta da lei un cenno, una risposta, un aiuto. Sua figlia, che ha avuto fiducia in lei e che le ha mostrato subito il suo errore. Si sente sola e lo è spesso, ma sa anche che questa cosa la stanno affrontando insieme.

“Per prima cosa, chiameremo i genitori di Sara.”

“Noooooooooo!”

Marta è disperata all’idea. Un conto la sua mamma, che parla, che la capisce. La sgrida sì, ma con lei si può parlare. I genitori di Sara no, la metteranno in clausura!! Che vergogna quelle cose… e quelle foto…

La mamma di Marta ha un’idea. Intanto cambia la sua password. Marta la guarda agire lucida e si sente rassicurata.

“Brava mamma…”

“Ora chiama Sara, dille di non ricontattare quel tipo dal suo profilo, dille che è un maniaco, un pedofilo, non certo un sedicenne. Che non doveva fare quello che ha fatto, che nemmeno tu dovevi, e che noi ora andiamo a denunciarlo alla polizia e poi parleremo con i suoi genitori.

Siete state imprudenti e stupide, ma hai fatto bene a dirmelo. Questa è la cosa importante, dillo anche a lei. Anche i suoi capiranno. Sono stupidaggini, purtroppo ne abbiamo fatte tutti.”

Marta inizia silenziosamente a piangere. La cosa giusta, quando è così evidente, fa un male strano, liberatorio…

“OK…”

Anche Andrea deve sapere subito tutto.

Poi Alessandra prende il telefono, mentre i suoi figli in silenzio la osservano: “Pronto, polizia postale? Devo fare una denuncia.

 I nomi e alcuni particolari sono stati modificati, ma la storia è vera ed accaduta pochi mesi fa ad un’amica e a sua figlia, dodicenne. La Polizia postale le ha accolte e guidate non solo nella denuncia, ma anche nel coinvolgere e informare la famiglia di Sara. E i compagni e le compagne e i docenti delle due ragazzine. Perché, questa è stata la nostra sensazione riparlandone insieme per questa condivisione, non è mai da soli che possiamo salvare i nostri figli, serve una rete.

Migliore.

Più grande, più accogliente, più autentica, più saggia…

…e più morbida, della rete virtuale.

Questo Post partecipa al Blogstorming, nella sua edizione speciale dedicata alla sicurezza in rete. Segnalo anche una risposta d’arte, un articolo e una progetto di educazione e consapevolezza digitale.

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