"You keep on talking 'bout the dangerous blues.
If I had a pistol I'd be dangerous too.
Say, you may be a bully, say but I don't know.
But I fix you so you won't give me no trouble in the world I know.
She won't cook no breakfast, she won't wash no clothes.
Say, that woman don't do nothin' but walk the road.
My knee bone hurt me, and my ankle swell.
Says, I may get better but I won't get well.
Say, Mattie had a baby, and she got blues eyes.
Say, must be the captain, he keep on hanging around.
He keep on hanging around, keep on hanging around."
Era il 1939, quando l'antropologo Helbert Halpert visitò una prigione nel profondo sud degli Stati Uniti; non importa il nome, per ora. Intendeva conoscere alcuni aspetti del folclore locale. Vi si fermò per due giorni. Durante quel periodo conobbe una detenuta con cui ebbe una breve conversazione:
"- Nome.
- Mattie May Thomas.
- E come si chiama la canzone?
- Dangerous Blues."
Helbert non le domandò quale fosse stato il suo reato. Sapeva solamente che Mattie May Thomas stava scontando la sua terza condanna. Senza alcun accompagnamento, solo la sua voce, cantò nella Sala del Cucito del carcere il suo Blues Pericoloso. Risuonava come un eco solitario, profondo ed inquietante, la canzone che veniva registrata sul rudimentale impianto di registrazione. Le parole, come lacrime, risalivano direttamente dai recessi più ruvidi dell'anima. Schiette ed immediate, veementi, fino a far rabbrividire anche chi è abituato alla rudezza delle storie che il blues ha saputo raccontare.
Cantò un altro paio di canzoni, "Workhouse Blues" e "No mo' Freedom". Non erano spiritual, e nemmeno canzoni tradizionali, non erano affatto elaborate, ed anche le doti vocali non erano particolari. Tuttavia, nella sua inflessione, come nei suoi giri vocali, c'era molto di più che le semplici note caratteristiche del blues. Veniva fuori un lamento che raccontava una storia - si sentiva la rassegnazione avvolta dentro la delusione - quasi una confessione perversa, la confessione di chi ha commesso un omicidio, forse due, o anche tre, chi lo sa. Il blues era la sua dichiarazione, la prova del suo delitto e anche la sua redenzione. Cantava, e la canzone era come scavare per tirare fuori un tesoro tutto ricoperto di terra, la terra delle voci dei tanti testimoni muti, le voci di chi ha subito centinaia di anni di schiavitù e sottomissione. Veniva fuori, alla luce, quando meno te lo aspetti, dove meno te lo aspetti, il blues. Per questo è pericoloso.
"Continui a parlare del blues pericoloso
Se avessi una pistola anch'io sarei pericolosa.
Potresti essere uno tosto, ma io questo non lo so
Perciò ti sistemo così non mi darai problemi nel mondo che conosco.
Lei non vuole cucinare e non vuole lavare i panni.
Dici che quella donna non fa nient'altro che andarsene in giro
Mi fanno male le ginocchia, ed ho le caviglie gonfie
Dice, potrei stare meglio ma non voglio farlo.
Tu dici, Mattie ha avuto una bambina con gli occhi azzurri
Tu dici, potrebbe essere del capitano, lui gira qui attorno
Lui gira qui attorno, gira qui attorno."
"... Sei mesi non sono una condanna. Tesoro, nove anni non sono niente. Ho una collega che è entrata in prigione a 14 anni e c'è rimasta fino ai 29. Il carcere è stato il mio inizio; il penitenziario si avvicina ad essere la mia fine. La sedia elettrica sembra sia troppo, per me. E voglio dirtelo, tesoro: se non ti piaccio, ci sono cose tue che nemmeno a me piacciono"
Mattie May Thomas non registrò mai più niente. Nessun produttore pensò di dover scommettere sulla carriera discografica di una detenuta. E così sparì, letteralmente, nel nulla. Nel sud, in tutti i sud del mondo, le cose funzionavano, e funzionano, in modo diverso ...
Ah, dimenticavo, la prigione era quella di Parchman, Mississippi, tutt'ora attiva.