Sembra destino che la storia di Rosalia Quartararo, definita da molti media il “mostro di Lodi”, e la storia di Vincolo di Sangue di Gianluca Arrighi ( ediz. Baldini Castoldi Dalai) si intreccino continuamente.
E’ di ieri infatti la notizia che, dopo 19 anni, Rosalia ha incontrato la figlia Vincenza nel carcere di Bollate, a pochi giorni dalla presentazione del libro del noto penalista romano.
Per chi ha già letto il libro di Arrighi, che si sta dimostrando in termini di vendite e di consensi un vero successo, la notizia è di quelle particolari.
Rosalia Quartararo è infatti una delle pochissime donne che, a fianco al suo nome nel casellario giudiziario, ha una frase che mette i brividi: fine pena mai. Una frase che include tutta la pesantezza di una condanna e tutti i motivi che han portato ad infliggerla.
Oltre alla condanna interiore.
Infatti Rosalia Quartararo non è una criminale normale, abituale, seriale. Ha ucciso la figlia, non uno sconosciuto, non un nemico ma la figlia , la sorella di quella donna che dopo 19 anni ieri ha incontrato.
Ha ucciso Maria Concetta, di 18 anni, occultandone successivamente il cadavere. Un fatto che la mise, nei giornali, in tv, tra il pensiero comune come una tra le donne più spietate di sempre.
Un fatto che le tolse lo status di madre, donna, essere umano e che la gettò nel mondo dei paria e successivamente dei dimenticati.
E’ una storia di tutti i giorni, quella che vede vite stravolte, rovesciate, annullate scorrere nei titoli sempre più di rado fino al dimenticatoio. Pronte ad essere sostituite da “carne fresca”, dall’ultimo dramma di moda.
Per Rosalia Quartararo, non è stato così. Non tutti si sono dimenticati che dietro a una condanna giusta e pesante c’è anche un essere umano che vive. Che vive nella sua tragedia personale , nei suoi rimorsi, nel suo giusto dolore. Ma vive.
E’ stato il suo ultimo legale: Gianluca Arrighi, che l’ha accompagnata nella fase esecutiva della condanna all’ergastolo. Che studiando le carte processuali ha scritto Vincolo di Sangue e ha riportato a una verità reale ciò che al tempo fu mistificata dai media, sull’onda dello orrore e dello stupore.
Non fu un raptus di gelosia, non fu omicidio passionale per difendere l’improbabile amore per il fidanzato della figlia.
La verità è nelle pagine del libro del suo avvocato. Che ridanno una parte di dignità ad una donna che non aveva più neanche la voglia e il coraggio di pretendere una verità.
Oggi , dopo 19 anni Rosalia si riprende una briciola ancora di tutto quello che è. Si riprende lo sguardo e le parole della figlia. Una figlia che l’aveva disconosciuta, cancellata e che adesso ritrova nel bianco dei suoi capelli.
Non sempre i colori della verità sono così nitidi, a volte le ombreggiature nascondono danni che si trascinano per anni.
Ieri a Bollate il colore era vivo, giusto, umano.
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