Magazine Racconti
Respiro e penso a quel seme venuto da chissà dove mentre i vetri si appannano un po’ e io con loro.
Eccolo. Sta parlando con qualcuno, un collega si direbbe. Gesticola molto, si vede che è abituato a spiegare davanti ad un pubblico, ad insegnare. Sposta la borsa di pelle da una mano all’altra continuamente. Ogni gesto è plateale, viene caricato di significato. Anche da questa distanza riesco a capire tutto. Ogni gesto é una frase. Qualcuno ha fatto un errore, ha sbagliato di grosso ed adesso sono fatti suoi, meglio, sono cazzi suoi, non è possibile sbagliare cosi, lo ha fatto intenzionalmente, ma se crede di fregarmi… la pagherà di sicuro. Io me ne lavo le mani, fate voi.La testa dell'altro oscilla in un altalena di si e di no, ma il piccoletto evita di incrociare lo sguardo di Mortara. Lo disprezza, ma non può palesarlo. Mortara è potente e pericoloso. Adesso si salutano sorridendo e sono sicuro che si staranno augurando a vicenda una morte dolorosa. Sarà meglio muoversi prima che incontri qualcun’altro. Gli corro dietro zigzagando tra gli studenti che affollano il portico e che sembrano andare tutti nella direzione opposta alla mia.“Professor Mortara... Professor Mortara, mi scusi...mi scusi...Professore...”Lui si volta rigido, infastidito, mi dà un occhiata dall’alto in basso e visto il taglio della mia giacca e la borsa fatta a mano nella mia mano sinistra pensa che sono forse degno di parlargli, forse appartengo al suo clan. “Professore mi scusi se la disturbo, sono Mattia Torre”. Gli porgo la mano e lui di riflesso allunga la sua, tentando di ricordarsi dove mi abbia visto o abbia sentito il mio nome. Sorrido per tranquillizzarlo. Mi stringe la mano rapidamente e senza forza. “Guardi, sono stato incaricato di consegnarle ...scusi un attimo...” Apro la mia borsa e frugo all’interno rapidamente. Gli allungo una cartellina azzurra “...questa pratica da visionare”. Mortara apre la cartellina con sguardo interrogativo, legge le prime righe ed impallidisce. Amo questi momenti, tutto è stato predisposto ad arte ed ora il mio compito è facilissimo. Le pupille di Mortara sono dilatate nella penombra dei portici. La luce le attraversa e sulla sua retina ci sono io con una mano ancora nella borsa ed il mio sorriso per bene. Non sa cosa fare e non lo saprà mai. Estraggo la mia Beretta ben oliata e lucida e sparo due colpi al cuore da mezzo metro. Tra la quarta e la quinta costa sinistra si formano due macchie scure che si fondono in una sola. Il professor Mortara si inginocchia e per poco non mi cade addosso. Mi scanso di lato, qualcuno grida, qualche ragazza fugge, tutti guardano verso di me. Raccolgo immediatamente la cartellina azzurra ed estraggo il mio distintivo dalla borsa. Me lo aggancio ad un’asola della giacca ed aspetto. I ragazzi intorno hanno visto tutto, si sono fermati pietrificati intorno a me, ma adesso il mio distintivo e la pozza di sangue che si allarga li scacciano via. Solo un paio di loro sembrano più resistenti. Mi fissano. Io li fisso di rimando. Vinco io, loro abbassano lo sguardo e vanno via. Un tempo mi sarebbe stato più difficile, ma l’esperienza serve pur a qualcosa. Arrivano finalmente due carabinieri di corsa. Un minuto scarso, non male. Hanno entrambi le mani sulla pistola nella fondina aperta, poi vedono il distintivo e si rilassano. Il più giovane è più lento a capire, ma guardando l’altro allontana la mano dall’arma..“Buongiorno”“Buongiorno, favorisca i documenti prego...” Gli allungo il distintivo e la patente.“Signor ...Dottor Torre... e va bene che lei è un ispettore giudiziario, ma per la miseria, ci sono i silenziatori...lei mi mette in subbuglio tutta la zona a quest'ora poi...mi scusi sa...”“Si ha ragione, mi scusi ma il silenziatore mi si è rotto proprio stamattina...e non potevo rimandare... lei capisce…“Bugiardo. Questa è l’unica libertà che mi prendo nel mio lavoro, diciamo il mio tocco da artista, la mia firma. Mi piace il suono dello sparo che è assordante da vicino e a volte sembra quasi di poterlo vedere mentre si propaga nell’aria e raggiunge il soggetto contattato, il soggetto da rettificare, e poi gli altri intorno. In quel momento tutto si ferma ed esiste solo lo sparo, la punizione, la giustizia. Quasi una teofania. Inutile spiegarlo al carabiniere. Lo vedo benissimo che non mi crede. L’angolo destro della sua bocca si piega leggermente mentre non mi guarda e mi allunga il distintivo.” Senta ...io devo farle comunque una multa per spari non autorizzati in luogo pubblico...lei capisce ...domani il mio superiore potrebbe contestarmi il fatto, con tanta gente...è pericoloso...” ed estrae un taccuino dalla tasca. Non contesto, la pagherò di tasca mia, non importa. Il più giovane si occupa del morto, gli ha preso il portafogli . “Collega, questo si chiamava Sergio Ersilio Mortara, che cazzo di nome ...e guarda quanti soldi aveva...”. Io ed il collega allunghiamo il collo. Nel portafogli ci sono almeno un migliaio di euro in biglietti di grosso taglio, forse più. Il mio sguardo incontra quello del carabiniere più anziano “Strano...gente di quel tipo non gira mai con i contanti, usano solo carte di credito”. Ci fissiamo un attimo, poi il carabiniere annuisce con un rapido movimento della testa verso il compagno e i soldi arrivano nelle tasche del giovane quasi istantaneamente. Si chiama comunicazione non verbale. “Senta dottore, per questa volta niente multa...però la prossima...” Le parole vengono coperte dalla sirena della autoambulanza. La gente intorno guarda un attimo e poi riprende la sua strada. Solo due vecchiette si sono fermate a pochi passi da noi. “Ma te pensa , proprio lui, una persona per bene...” “Hai ragione, hai ragione Elvira, che roba...da non credere...che roba...” Faccio firmare i soliti moduli per la rettificazione ai due carabinieri in qualità di testimoni, rimetto il tutto nella cartella e stringo loro la mano. Il carabiniere anziano mi indica con la testa la barella coperta dal lenzuolo “Senta dottore, per curiosità...ma che aveva fatto il professore là?”. Ormai siamo in confidenza, glielo posso anche dire “Era riuscito a non farsi condannare per commercio illecito di prostitute e bambini, il giudice era un suo amico...stesso ambiente, una partita a golf, una gita in Sardegna, qualche donnina allegra...e poi noi li abbiamo beccati, il giudice ha confessato ed il suo amico è stato condannato, solita storia”. Loro mi salutano militarmente e il più giovane mi regala un sorriso grato e conclude l’episodio con l’indice oscillante. ”Non si scappa eh...la legge è uguale per tutti!”“Già, non si scappa”. E’ tutto finito, è ora di tornare a casa. Le vecchiette sono ancora lì, ma hanno riaperto gli ombrelli infastidite da una pioggerella leggera leggera, impalpabile. A noi due piaceva passeggiare sotto la pioggia. Bologna non è abbastanza grande per annacquare i ricordi. Arrivo all’auto e prima di aprirla aspetto un attimo. Spero che tu esca da quel cancello. Finirà prima o poi, finirà. Mi infilo in auto e torno a casa. Magari sarai lì ad aspettarmi dietro i vetri. Un sms mi vibra in tasca. Mi è appena arrivata una contestazione per spari senza silenziatore in luogo pubblico.
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