Nel momento in cui Greg Anderson decise di sciogliere i Goatsnake per dedicarsi in maniera esclusiva ai Sunn O))) non si rendeva bene conto del casino che stava combinando. Facendo nascere il genere musicale in cui non succede un bel cazzo di niente, implicitamente legittimava legioni di giovinastri senza talento a definirsi artisti solo per aver comprato amplificatori giganteschi in cui far fischiare le chitarre senza neanche il bisogno di avere un mezzo riff decente. Nella moltitudine di cialtroni c’erano però anche cinque tipi di Newcastle, appassionati di tetracannabinoidi, che decisero di farsi chiamare Bong e il loro ultimo album (dal fantasioso titolo di Stoner Rock) è formato da due soli brani quasi esclusivamente strumentali da circa trentacinque minuti l’uno. Praticamente la summa dei luoghi comuni sulla musica da fulminati concentrata in un pezzo di vinile. Questa apparente buffonata è da un paio di mesi il mio ascolto preferito, continuo a metterlo su più di ogni altra cosa, e, nonostante i molteplici ascolti, non sono ancora in grado di esplicitare davvero cosa abbia di tanto intrigante. E’ come uno di quei film in cui non capisci bene la trama ma ti piace a prescindere, e comunque questa cosa del comprendere è in generale davvero sopravvalutata. Certo, il suono di per sé è fantastico: spessissimo, un feedback costante ed ininterrotto su cui si appoggia una qualche forma di mono riff ultra pesante. I Bong si muovono lentissimi procedendo per cambiamenti quasi impercettibili, ma alla fine da qualche parte ci vanno e tu sei costretto a seguirli. Ma forse la cosa che mi piace di più è che mentre li ascolti ti richiedono costantemente di alzare il volume, dopo qualche minuto devi aggiungere una tacca e poi un’altra ancora, finché queste non finiscono o il vicino di casa viene a citofonarti. L’impressione continua è che il volume non sia mai abbastanza alto. Stoner Rock non basta ascoltarlo, per apprezzarlo davvero ci devi essere immerso, è necessario sentire le vibrazioni addosso altrimenti si perde qualcosa. L’altro giorno mentre lo ascoltavo avevo la televisione accesa e ad un certo punto è iniziato una sorta di documentario sull’origine dell’universo con buchi neri, piogge di meteoriti e altre cose del genere, era assolutamente perfetto, i Bong sono la soundtrack ideale per guardare pianeti che si schiantano al rallentatore. Quando Roy Batty ha visto le navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione o i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser, sicuramente i Bong stavano suonando nel locale lì dietro. Sono anche assolutamente certo che i Bong siano il gruppo preferito di Galactus. Quando l’entità cosmica suo malgrado decide che per la tua civiltà millenaria è tutto finito e che nel giro di cinque minuti non ne resterà più nulla, non è mai un momento semplice; allora, per farsi coraggio, il Divoratore di Mondi si mette le cuffie, seleziona Out Of The Aeons e fa quello che deve essere fatto. E finché i Bong continueranno a fornirgli la colonna sonora il nostro mondo può essere al sicuro, un altro buon motivo per cui dobbiamo essere loro grati.