Boris – Il Film
(Boris – Il Film) Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo, 2011 (Italia), 108' uscita italiana: 1 aprile 2011 voto su C.C.
«Massimo... ma te non facevi il teatro... quello serio...» «Ho fatto Ronconi. Ho fatto Sorrentino. E mo ho fatto i sordi...» Diagolo tra René Ferretti ed un attore da cinepanettoni.
“Geniale” è un aggettivo decisamente inflazionato nel nostro bizzarro paese, ma ci sono occasioni (rare) nelle quali è giusto scomodarlo. Sin dal 2007, anno del primo approdo televisivo, il serial tv Boris ha illuminato il suo fedelissimo pubblico, sempre più numeroso, grazie ad un approccio nuovo e tremendamente efficace, che coniugava meta-televisione e comicità intellettualoide. Il pretesto era raccontare la realtà che si nasconde dietro le quinte di una delle mille soap opera e fiction che infestano la tv generalista; è questo l'habitat del nostro eroe, René Ferretti (Francesco Pannofino, noto ai più come “la voce” di molte star hollywoodiane) regista ormai disilluso, la cui forma mentis è riassumibile nella massima che urla sempre ai suoi compagni d'avventura “facciamo le cose a cazzo di cane!!”. La fiction è una fabbrica di idee, generate in serie, svuotate da ogni contenuto: gli attori sono “cani e cagne”, i tecnici cercano di lavorare il meno possibile – capofila il mitico Duccio (Ninni Bruschetta), direttore della fotografia cocainomane che “apre tutto” in ogni scena, garantendo la consueta immagine sfocatissima che trasuda finzione –, produttori e direttori di rete sono artisti dell'intrallazzo che dipendono dal politicante o corruttore di turno. René è diventato un mestierante, abilissimo nel trovare compromessi, nello smussare angoli, nel risolvere i problemi più assurdi pur di portare a casa l'indispensabile girato che, ovviamente, ha successo. Piace al grande pubblico proprio perché è spazzatura, la spazzatura alla quale si sono ormai assuefatti. È questa la geniale intuizione di un trittico di menti brillanti (Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo) che mette in scena da ormai tre stagioni il teatrino della televisione sul canale satellitare FOX, raccontando delle giornaliere disavventure di René e compagni grazie ad un cast straordinario, arricchito da sporadiche comparsate di livello; ogni personaggio è una macchietta esilarante, strappa risate che spesso partono persino dal cervello (e non dalla pancia). La truppa sbarca al cinema senza incertezze nella realtà come nella finzione: c'è da proporre un film tratto dal best seller “La Casta” e all'ottimo Ferretti viene affidata la regia. Nonostante gli iniziali propositi “altissimi”, lentamente le riprese verranno fagocitate dal mondo televisivo – partecipa alla produzione il solito Lopez (Antonio Catania) “retrocesso” dalla Rete per il flop di alcune sue fiction nel lager della sezione cinema, pieno di comunisti che manco si lavano. Non c'è spazio per l'Arte, non c'è spazio per tematiche importanti: quando, ormai fallito, il “progetto Casta” si trasforma in un cinepanettone, tutti gli intellettuali della Rete ne sono entusiasti. Perché il monito che René declama ad inizio film è sempre valido: “La televisione è come la mafia. Se ne esce solo da morti”. Geniale.