Bosnia erzegovina: il popolo contro il potere corrotto

Creato il 20 febbraio 2014 da Pasudest
Le proteste spontanee scoppiate in questi giorni - ma solo nella entità croato-bosgnacca - mettono in discussione l'assetto istituzionale e le divisioni frutto degli accordi di pace di Dayton e soprattutto una classe politica che quell'assetto e quelle divisioni hanno sfruttato per arricchirsi e costruire un sistema di potere corrotto e incapace di risolvere la crisi del Paese. 
Qui di seguito la corrispondenza di Marina Szikora per l'approfondimento per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 13 febbraio a Radio Radicale.

Sarajevo, febbraio 2014: "Vogliamo i nomi dei milardari"

L'attacco del popolo contro il potere corrotto, e' stato solo uno dei titoli dei quotidiani della Bosnia Erzegovina a seguito di quello che oramai da giorni e' la situazione interna. Quando nelle nostre trasmissioni abbiamo parlato di questo Paese, e' stato quasi sempre nel contesto dell'aggravante situazione politica, disaccordi tra i governativi ed in generale tra i politici locali la cui incapacita' e poca voglia di fare non hanno acconsentito la realizzazione delle indispensabili riforme a fin di condurre il Paese verso le integrazioni europee. Oggi la crisi politica si e' trasformata in una profonda crisi sociale, la catastrofica situazione economica ha portato decine di migliaia di gente in piazza. I manifestanti hanno incendiato palazzi istituzionali, edifici e automobili nelle principali citta' della BiH, a partire dalla capitale Sarajevo, poi Tuzla da dove le protesta sono iniziate, e poi ancora Zenica, Bihać, Mostar e diverse altre.
Il presidente del governo locale di Tuzla, Sead Čaušević in seguito agli eventi nella sua citta' ha subito presentato le dimissioni, di seguito ad oggi ancora tre premier locali si sono dimessi come anche il completo governo del cantone di Zenica e Doboj. A Sarajevo sono state oltre cento le persone ferite, incendiato anche il palazzo del governo di Sarajevo nonche' quello della presidenza tripartita della BiH. Sono state attaccate diverse truppe di giornalisti. Simili scenari si sono visti anche a Mostar, tra i diversi edifici incendiati vi e' stato anche quello in cui si trovano le matricole dei cittadini di Mostar. Distrutta inoltre la sede del governo locale di Zenica. La gente che ha deciso di scendere in piazza e partecipare alle manifestazioni sono tutte persone alle cui spalle c'e' un peso enorme dell'incertezza esistenziale, un anno intero senza stipendio e senza assicurazione sanitaria, addirittura 14 anni senza un solo giorno di contributi versati, oppure 15 anni con 25 euro al mese, queste solo alcune delle loro storie.
I tumulti sono iniziati a Tuzla dove a manifestare in prima fila ci sono stati operai di diverse aziende locali che oggi dopo sospette privatizzazioni sono sull'orlo del fallimento mentre a suo tempo, in passato si e' trattato di fabbriche prestigiose che davano lavoro a migliaia di persone. C'e' da dire che l'uomo che su Facebbock ha promosso l'iniziativa delle protesta, Aldin Širanović ha precisato che la sua intenzione non era quella di provocare disordini „bensi' un processo democratico garantito dalla Costituzione“... „Sono contrario agli incendiamenti. Mi dispiace che si e' arrivati a questo e che il potere non ha reagito in tempo“ ha detto Širanović  e ha aggiunto che quello che si chiede sono le dimissioni dell'attuale potere della Federazione e la formazione di un governo transitorio nominato dal popolo. L'attuale presidente a rotazione della Bosnia Erzegovina, Željko Komšić ha ammesso che la colpa e' del governo ma che dall'anarchia non arriva nulla di buono.
Tutto sommato, una situazione in tutta la Federazione BiH che non si e' vista sin dal dopoguerra. Il culmine delle frustrazioni e della rabbia dei manifestanti e' indirizzato contro le amministrazioni cantonali, contro le sospette privatizzazioni che hanno arricchito il potere ma messo in ginocchio i lavoratori ed il popolo, non si e' fatto nulla per risolvere i problemi esistenziali e slavare i posti di lavoro. La crisi sociale si sentiva nell'aria da tempo ed era anche annunciato che sarebbe esploso in una vera rivolta popolare in un Paese che dopo le ferite dell'atroce guerra degli anni novanta, del tutto devastato, non ha raggiunto nemmeno il livello di sviluppo che aveva prima della guerra.
Enver Kazaz, analista politico bosniaco, commentando la situazione nel Paese per il quotidiano di Sarajevo 'Dnevni avaz' ha valutato che tutti i governi cantonali dovrebbero presentare le dimissioni e che in BiH si dovrebbe indire le elezioni anticipate.
Qui non si tratta di rivoluzione sociale bensi' del fatto che dopo 20 anni nei cittadini e' esplosa una rabbia sociale accumulata ed e' moto difficile valutare in questo momento fino a dove essa puo' portare, e' dell'opinione questo analista politico. Aggiunge che lo stato e' in un caos totale, il sistema sta precipitando e c'e' da preoccuparsi che la violenza del sistema puo' causare ancora peggiori violenze. La partecipazione dei giovani in queste protesta, scondo il professore Kazaz parla anche di un altro fenomeno. Si tratta di generazioni che hanno perso completamente la speranza e il cui futuro praticamente e' stato preso dall'attuale potere.
Per il ministro della sicurezza, e presidente dell'Alleanza per un futuro migliore della Bosnia Erzegovina, Fahrudin Radončić „questo e' il risultato di 17 anni di un potere corotto, 17 anni di una privatizzazione distrutta, 17 anni di grandi imprese distrutte e divorate dagli oligarchi partitocratici e come conseguenza abbiamo un'immagine politica terribile e centinaia di migliaia di posti di lavoro persi e l'accumulazione dell'insoddisfazione popolare che prima o poi doveva succedere“. In una intervista televisiva il ministro Radočić ha precisato che qui si tratta di figli i cui genitori non hanno nemmeno per il pane, figli che per sette-otto anni attendono lavoro e che devono pagare il pizzo agli agenti statali per ottenere un posto di lavoro per se stessi e per i loro famigliari. Radončić ha rilevato che la BiH si trova al primo posto in Europa per quanto riguarda una corruzione sistematica, il 55 per cento della popolazione e' disoccupato e il 75 per cento dei figli, gente giovane ivi compresi anche quelli che sono scesi in piazza, non vedono una prospettiva di vita in BiH.
Le immagini che si sono potute vedere in questi giorni a molti hanno fatto ricordare quelle delle vicende tragiche di una guerra atroce e sanguinosa conclusasi con un accordo di pace che pero' non e' riuscito a portare il Paese sulla giusta via. E' stato istituito un sistema di potere altamente decentralizzato, dividendo la Bosnia in due entita' autonome riunite sotto un potere centrale molto debole. La Federazione di Bosnia Erzegovina, l'entita' bosgnacca e croata dove sono esplosi i disordini, e' divisa in 10 cantoni di cui ciascuno ha il suo premier e il gabinetto dei ministri. Un sistema estremamente costoso che alimenta i partiti politici di cui nessuno vuole rinunciare al potere. I bosgnacchi chiedono una maggiore centralizzazione, la linea dura dei croati insiste invece sulla formazione della terza entita', vale a dire quella croata, mentre nell'altra entita' a maggioranza serba, il lider dei serbi bosniaci, Milorad Dodik afferma che la BiH non ha nessun futuro. Da una parte quindi tutto concentrato sulla politica etnica, dall'altra parte una pessima situazione economica che ha condotto i cittadini sull'orlo dell'esistenza. In piu', il fallimento costante di formare una costituzione secondo la quale sarebbe possibile che le minoranze possano partecipare nelle alte posizioni delle istituzioni statali, quali la Presidenza, hanno bloccato il cammino della BiH verso le integrazioni europee.
Per la Croazia la Bosnia Erzegovina e' una questione europea che richiede soluzioni europee
Come segno di seria preoccupazione e per indicare quanto sia necessario dare una prospettiva europea al Paese in crisi, domenica scorsa a Mostar si e' recato il premier croato Zoran Milanović. Milanović ha sottolineato di essere venuto a dare sostegno per calmare la situazione nel paese e alzare le passioni verso un altro tema, quello del cammini europeo della BiH.“ Questo forse non sarebbe accaduto se l'Ue avesse una politica piu' chiara e consistente quando si tratta della Bosnia Erzegovina“, ha detto Milanović a Mostar, l'unica zona mista, sede di due nazionalita', quella croata e quella bosgnacca altrettanto colpita dagli incidenti e disordini. Milanović ha aggiunto che questo Paese non ha possibilita' se non inizia un processo veloce di adattamento agli standard europei e ha annunciato il suo impegno per un piu' accelerato avvicinamento del Paese all'Ue.

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