Posted 7 giugno 2013 in Bosnia Erzegovina with 2 Comments
di Giorgio Fruscione
Sarajevo, ore 4:00. Il presidio dei manifestanti che hanno circondato e assediato il parlamento centrale nella giornata di ieri si è concluso, anzi è sospeso, e le proteste continueranno nei prossimi giorni.
Sarajevo e la Bosnia-Erzegovina hanno detto “basta!”. L’ondata di protesta di Istanbul sembra aver indirettamente contagiato la capitale bosniaca, per la quale è giunto il momento della mobilitazione di massa contro una classe politica ritenuta corrotta e incapace.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è il caso della piccola Belmina Ibrišević, di appena tre mesi, che necessita urgentemente di cure mediche che le strutture bosniache non possono fornirle. I genitori di Belmina, hanno quindi pensato di farla curare in Germania, e qui sono nati i problemi. La piccola non può ottenere il passaporto, e quindi lasciare il paese, se non è in possesso del JMBG (Jedinstveni Matićni Broj Građana), ovvero il codice fiscale.
Senza questo documento la piccola Belmina rischia la vita.
La manifestazione è iniziata nella giornata di ieri ed è andata via via ingrandendosi, dal momento che vi sono confluiti diversi movimenti di protesta tra cui l’associazione studentesca “Studid”, l’organizzazione “Ekoakcija” e persino i tifosi delle due squadre della città, gli “Horde Zla” (FK Sarajevo) e “The Maniacs” (Željezničar). L’obiettivo della manifestazione è la risoluzione immediata della questione del JMBG, attraverso una legge che possa garantire immediatamente le cure necessarie a bambini come Belmina.
I mezzi dei manifestanti sono molto semplici: non lasceranno uscire ed entrare nessuno dal parlamento finché non si metteranno d’accordo su una decisione definitiva e non temporanea. La situazione diventa sempre più tesa e il primo ministro, Vjekoslav Bevanda (HDZ), decide di scappare dalla finestra con l’aiuto delle guardie del corpo. È l’immagine simbolo di un paese in crisi, i cui politici non riescono ad accordarsi su nulla.
I manifestanti all’esterno portano in mano la foto di Belmina, tra loro ci sono molte madri coi figli in carrozzina (compresa la madre di Belmina); sorreggono striscioni con scritte del tipo “per voi, non siamo nemmeno un numero”; e scandiscono slogan di protesta il cui più gettonato è “lopovi!” (ladri).
Un altro striscione recita “ci fate schifo a prescindere dall’appartenenza nazionale”, a sottolineare come le divisioni dei partiti politici a livello nazionale vengano respinte dalla popolazione, unita in maniera trasversale. I cittadini di Banja Luka, Mostar e altre città hanno già dichiarato il proprio appoggio ai concittadini sarajevesi, e per oggi nel capoluogo dell’Erzegovina è previsto un sit-in in Španjolski Trg. Anche a Belgrado compare uno striscione “siamo tutti Belmina”.
Nel tentativo di calmare la folla viene convocato anche l’Alto Rappresentante Valentin Inzko. Quando arriva, intorno alle 3:00 del mattino, si interpone tra i manifestanti e il cordone di polizia in tenuta antisommossa nel tentativo di calmare gli animi sostenendo che è un diritto costituzionale dei cittadini bosniaco erzegovesi quello di manifestare in modo pacifico per i propri diritti, e un dovere dei politici bosniaci la risoluzione di questa questione. Aldilà dei buoni propositi, l’intenzione è quella di consentire l’uscita e la messa in sicurezza dei circa 350 funzionari stranieri presenti all’interno dell’edificio. Tra loro ci sono molti direttori di filiali bancarie attive nel sud-est Europa. L’obiettivo dei manifestanti sono anche loro.
A fine pomeriggio tre rappresentanti dei manifestanti erano riusciti ad entrare nell’edificio in cerca di un compromesso, ma l’unico compromesso che sono riusciti ad ottenere è una soluzione temporanea. Secondo tale soluzione, il consiglio dei ministri della BiH ha deliberato determinando i territori atti alla registrazione dei codici fiscali. Tale normativa è entrata in vigore al momento della decisione e vi rimarrà per i prossimi 180 giorni, dopo i quali il parlamento si riunirà di nuovo e adotterà la legge definitiva corrispondente. Questa soluzione aiuterà per il momento la famiglia di Belmina, ma la protesta bosniaca non si fermerà.
Nonostante nella fattispecie uno dei nodi della discordia sia stata la competenza amministrativa a livello delle due entità sull’autorità a rilasciare i codici fiscali, la protesta non porta colori politici né nazionali. I manifestanti pretendono il rispetto e la dignità che spettano agli esseri umani in quanto tali, e in questo la popolazione tutta è unita incondizionatamente contro la classe politica.
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Foto da Dnevni Avaz
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