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Bossi a Pontida: “...orc...ilvio...fir..ato...cag...sott...”

Creato il 20 giugno 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Bossi a Pontida: “...orc...ilvio...fir..ato...cag...sott...” Quando butta male la via d’uscita più semplice è quella di prendersela con i giornalisti. È vero che la nostra categoria non fa nulla per non essere messa in mezzo ma sentirsi dare degli “stronzi” da Umberto Bossi un po’ brucia e un po’ fa incazzare: questione di dignità professionale. Non è il leader della Lega (che ha deciso ormai di morire con Silvio) ad aver combinato disastri, sono i giornalisti che come sempre travisano i fatti e distorcono la realtà. Ma ci può stare tutto, anche che un leader in disarmo e politicamente agonizzante, cerchi un capro espiatorio quando dovrebbe guardarsi intorno e altrove. L’incontro di Pontida di ieri è stato esattamente quello che ci aspettavamo. Dopo aver riempito Milano con manifesti dove mani leghiste avevano scritto “Berlusconi mafioso”, Bossi ha invertito la rotta travolto dall’ebbrezza del potere, ha attaccato al carro di Silvio i quattro buoi che ama definire “colonnelli” e ha iniziato a godersi i piaceri sottili e coinvolgenti della Roma “ladrona” solo perché non gli permetteva di sedersi a capotavola. Affascinato dalle scorte e dall’auto blu di ministro, il nullafacente marito di una baby pensionata (a 39 anni la signora Bossi ha mollato tutto usufruendo degli sprechi di stato), ha avvertito gli effetti del ponentino sotto la pelle che lo hanno convinto prima ad accettare la corte di Berlusconi e poi a sposarlo. Perché quello fra Silvio e il Senatur è un vero e proprio matrimonio, l’unico indissolubile nella vita del presidente del consiglio. Abusando dei luoghi comuni leghisti, ai quali ormai non crede più manco Matteo Salvini, ieri Bossi ha detto fra le righe al suo popolo che non intende divorziare da Silvio, che l’unica alleanza possibile fino al 2013 è quella con il Pdl “altrimenti vincono le sinistre” e che, per non essere costretto a fare il pendolare fra Roma e Milano, gli sarebbe grato se il suo ministero fosse spostato nella Villa Reale di Monza. Ha continuato a difendere i suoi produttori di latte evasori fiscali e violatori delle normative europee, ha attaccato Equitalia che mette le ganasce ai trattori di chi non paga le multe, ha rivendicato con orgoglio (insieme al traduttore Calderoli) il voler “mangiare padano”. Colto da improvviso raptus Bossi se l’è presa anche con le bollette dell’Enel, quelle dell’acqua, del gas e con le rate esorbitanti della tivvù al plasma acquistata su MediaShopping. Poi, come fanno i cabarettisti che notano il pubblico indifferente, ha infilato una parolaccia nel discorso per risvegliare l’attenzione del suo popolo visibilmente annoiato. “Berlusconi – ha detto il Senatur – aveva già firmato il decreto di spostamento dei ministeri a Milano ma si è cagato sotto”. Folla in delirio e applausi scroscianti. Non ha sentito però l’urlo padano quando ha ventilato l’ipotesi dell’addio all’alleanza con Silvio, ha fatto finta di nulla cavalcando l’altro urlo “secessione, secessione” che ha sottolineato con un “ci stiamo preparando” che non ha convinto neppure l’assonnato gatto Castelli, girovagante sul palco in preda a una crisi furiosa di catalessi da sveglia forzata. Bossi non ha detto nulla. È prigioniero di se stesso e delle sue scelte scellerate convinto che sarebbero durate un altro decennio. Non sa che pesci politici pigliare né a che santo votarsi, visto che anche Sant’Ambrogio ha preferito le braccia più accoglienti del cardinale Tettamanzi. La sfera di cristallo e i tarocchi tacciono, la maga Luisa è in crisi di creatività e non c’è verso che l’unica sinapsi presente nel cervello di Calderoli si attivi, ormai è andata a fuoco con le leggi inutili che il ministro ha simbolicamente arso in piazza. Bossi vivacchia alla giornata mentre alle sue spalle si muove (l’unico in giacca e cravatta) il suo successore, attuale ministro dell’Interno, Roberto Bobo Blues Maroni. Il popolo padano lo ama alla follia, lo vorrebbe premier subito come i Papa Boys Giovanni Paolo II, e lui alle lusinghe del potere ci sta, cazzo se ci sta. Ha iniziato a pavoneggiarsi e a gigioneggiare come se fosse a un passo da Palazzo Chigi, anzi, fermo sulla porta in attesa del via libera all’occupazione. Ha assunto perfino l’aria dello statista rifiutandosi di indossare la camicia verde perché vorrebbe essere il premier di tutti gli italiani. Ha rivendicato con orgoglio di essere stato l’ideatore dei respingimenti come Himmler delle camere a gas, ma ha finito il suo intervento urlando “Padania Libera” come un Trota qualsiasi. La Lega si sta liquefacendo come le nevi delle Alpi, delle quali si ritiene unica proprietaria, con l’effetto serra. È alla frutta politica del suo essere forza nazionale al 10 per cento, e se non staccherà presto la spina dalla centrale economica di Silvio rischia di tornare il partito a una cifra che abbiamo conosciuto fin dai tempi della Liga Veneta. Bossi è cotto, Calderoli è bollito, Borghezio sta ancora cercando di entrare nel gruppo Bilderberg, Maroni è in pieno delirio d’onnipotenza e Castelli...Già, Castelli. Intervistato da La7, l’insonne di Varese ha detto: “...siccome io sono celtico credo nelle divinità naturali”. Che Odino lo fulmini!

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